mercoledì 10 agosto 2022

Il Colpevole (2018) #Recensione

Il Colpevole (Nella versione originale in danese : Den Skyldige. Nella versione inglese : The Guilty), è un film del 2018, che a parte il titolo poco sofisticato, poco avvincente, ed alla cui ricerca è stato dato evidentemente poco peso, è decisamente ben riuscito.

 
Si tratta delle vicende di un agente di polizia, che a causa di un processo a suo carico, è stato tolto dallo svolgere operazioni sul campo e parcheggiato al centralino del commissariato. Si troverà dunque di fronte a dover decifrare e gestire situazioni criminose da remoto, con tutte le problematiche ed incomprensioni che questo possa comportare.

                                   

Detta cosi la storia potrebbe non sembrare niente di entusiasmante, ma è invece proprio il contrario. L'assenza di azioni ecclatanti come inseguimenti, sparatore, esplosioni, porta lo spettatore ad usare la propria immaginazione, in stile lettura di un libro, mettendosi quindi in pratica nei panni del protagonista, che non può vedere ciò che sta accadendo ed è costretto ad improvvisare conversazioni ed interventi, basandosi soltanto sui pochi elementi audio che riceve, e sul proprio istinto. Paradossalmente come detto è un film che si avvicina più ad una lettura che al classico abbandonarsi alle immagini che invece caratterizza la cinematografia, è quasi un audiolibro con i dialoghi letti in prima persona.

La durata è di soltanto 80 minuti, ma è chiaro fin dai primi 20 se sia qualcosa che arreca piacere a chi la stia visionando, dopo i primi momenti iniziali infatti si capisce quale sarà il taglio dell'intero film, e se si è stati rapiti dalla suspence e dallo stile delle scene, lo si sarà fino alla fine, senza mai aver un momento di respiro e senza rimanerne delusi.

E' dunque nel suo piccolo un capolavoro, girato con un evidente budget limitato, che riesce attraverso situazioni complesse di vita reale, attraverso dialoghi e grazie a luci, tagli ed inquadrature ben fatte, a tenere lo spettatore incollato allo schermo, desideroso di sapere come vada a finire e senza falle nella narrazione o momenti di noia, ne tanto meno elementi romanzati che lo rendano scadente o troppo spettacolarizzato.

lunedì 8 agosto 2022

Flee (2021) #Recensione

 Flee (Il titolo della versione originale è rimasto invariato in quella italiana, la parola tradotta dall'inglese significa "fuggire"), è un documentario uscito nel 2021 per mano ancora una volta del fertile cinema danese di questi anni. 

La storia è quella di un giovane afgano, nato e cresciuto con la sua famiglia nella propria terra, che si vede togliere a piccoli pezzi tutto quello in cui crede e su cui basava la propria vita. Prima viene portato via il padre, arrestato ed imprigionato dalla polizia di stato, di cui verranno perse definitivamente le tracce. Poi tocca pian piano agli altri familiari, chi riesce di propria iniziativa ad andarsene ed a crearsi un futuro migliore, chi viene cercato per finire a combattere nella guerra scoppiata in quegli anni, fino ad arrivare alla propria casa, quella in cui il protagonista è cresciuto, che finisce per dover essere lasciata in tenerà età, con un preavviso di poche ore, potendo prendere davvero soltanto quello che poteva essere messo in tasca.

Fin dalla sua uscita è stato particolarmente ben accolto dalla critica, compresa quella d'oltre oceano, con addirittura tre candidature agli oscar, che però poi non hanno fruttato nessuna statuetta.
 
 
La realizzazione è certamente particolare, è una sorta di intervista a mosaico, registrata in vari momenti e poi assemblata come un puzzle. Un audio originale sullo sfondo di immagini animate, mixate con documenti video dell'epoca, visto che si parla di eventi di oltre 30 anni fa.
 
A livello tecnico è difficile da poter analizzare a fondo o anche soltanto persino commentare, data la mancanza di termini di paragone per un non appassionato del genere, ma è possibile e doveroso analizzarne l'aspetto umano. 
I fatti narrati dal protagonista, le sue mille fughe e peripezie, incertezze e paure personali vissute all'interno di drammi nazionali, come la guerra in Afganistan o la crisi post caduta del muro di Berlino in Russia, sono tutti certamente toccanti. Tuttavia non è cosi facile simpatizzare con il protagonista, forse proprio per scelta del regista, di voler mostrare, in questo caso far udire, anche tutte le sue sfaccettature non piacevoli, forse per renderlo ancor più umano e più reale possibile, per dimostrare che la sua vita non è un film ma una cosa che potrebbe capitare a tutti. 
Succede dunque di scoprire anche dei tratti di arrivismo e di opportunismo nel carattere del protagonista, e questo forse è appunto giusto per far capire che in tutto il male che ha ricevuto non è stato un santo o soltanto un martire, e per discostare tutto il racconto dalla Disney ed avvicinarlo alla vita di tutti i giorni ed alle sue problematiche.

In conclusione un documentario a tratti avvincente ed a tratti superfluo, con aneddoti stupefacenti e sconcertanti, e con qualche suspence gratuita che non aggiunge niente di valore alla storia, adatto più o meno a tutti (anche se ha ricevuto delle restrizioni in alcuni paesi), se non altro per far aprire gli occhi su argomenti e comportamenti che spesso passano inosservati, e che tratta tematiche moderne, come l'omosessualità, i diritti civili ed umani, e la ricerca della propria strada, cercando di risvegliare conscienze senza megafoni ne violenze, ma semplicemente facendo manifesto del fatto che siamo tutti sulla stessa barca.

venerdì 5 agosto 2022

"Walk the line" (spiegazione titolo)

"Walk the line" è un film del 2005 riguardante la vita del recentemente (al tempo) scomparso cantautore americano Johnny Cash. Il titolo si riferisce ad una della sue canzoni più famose ed amate "I walk the line", in cui egli parla dei propri sentimenti per una persona, grazie alla quale riesce a mantenere la propria testa sulle spalle. 

 
La canzone è innegabilmente un'ode all'amore profondo, quello che lui prova nei suoi confronti, tuttavia, e qui serve davvero un notevole sforzo di immaginazione, si fa davvero una fatica enorme a comprendere la scelta di "tradurre" o meglio adattare, tale titolo in italiano con "Quando l'amore brucia l'anima", che è di fatto sotto quale nome è stato distribuito il film in Italia.

Certamente si può arrivare a capire il perchè inserire l'anima, ossia la religione, visto che Johnny era molto credente, ed è pertinente il riferimento diretto all'amore, ma in ogni caso.. appare come una trasformazione avvilente per l'opera originale, fuorviante per lo spettatore, e un tentativo patetico di voler ridurre la galassia di sentimenti provati dal vero Johnny nella propria vita e tutti quelli recitati dagli attori nella pellicola, ad uno solo, l'amore.

 


martedì 2 agosto 2022

Walk the line (2005) #Recensione

 "Walk the line" è un biopic sulla vita del cantautore americano conosciuto come Johnny Cash (all'anagrafe J.R. Cash).

La trama è ovviamente composta dal ripercorrere dei fatti salienti della sua vita, dall'infanzia in povertà e con un padre impositore, ai tempi in aviazione, dove iniziò ha scrivere le sue prime canzoni con una chitarra appena comprata, fino alle molteplici vicissitudini della sua vita sentimentale.

Il film ha due versioni, quella estesa è di 2 ore e 33 minuti, che per quanto siano a passo lento (ma costante), non finisco per pesare in maniera rilevante sul giudizio finale personale. Il tutto è infatti molto scorrevole, coerente, e le scene sono ben amalgamate tra loro, non sembra di assistere come a volte accade ad un qualcosa di estenuante che poteva essere diviso in puntate in stile serie televisiva, ne tanto meno a elementi, scenari o personaggi, inseriti forzatamente, questo certamente anche grazie al fatto che sia una storia vera.

 
I protagonisti sono tutti o quasi da promuovere a livello recitativo, ne è prova l'oscar a Reese Witherspoon, ottima performance ma forse nello specifico un po' eccessivo. Molto bene Joaquin Phoenix, che raramente delude, bene il padre nella rappresentazione della propria frustrazione, non promossa invece Ginnifer Goodwin, nella parte di Vivian Liberto, (nella realtà prima moglie e primo grande amore di Johnny), per il poco coincidere tra le sue espressioni e movenze, con le frasi e gli atteggiamenti che il personaggio richiedeva. 

La colonna sonora stavolta non può proprio essere sorvolata, ma è anche di facile analisi, dato che si tratta come è ovvio che sia, quasi interamente delle canzoni di maggior successo di Johnny Cash, più alcuni brani molto ascoltati nell'america di quegli anni, con varie comparsate sia musicalmente che come personaggi, da parte degli altri mostri sacri dell'epoca, da Jerry Lee Lewis a Elvis. Il giudizio quindi non può essere dato su quanto sia calzante con l'opera o meno, dato che è stata una scelta forzata, ma rimane totalmente soggettivo, legato al gusto personale di quanto a qualcuno piaccia la musica di Cash. 

In sostanza è un film lungo, ma che non si fa sentire, e fa rimanere interessati quanto basta per non assopirsi nemmeno visionandolo in un dopocena settimanale. E' inoltre un'opera senza scene eccessive, nonostante si parli in abbondanza di argomenti come sesso, droga e abusi domenstici, ciò lo rende alla fine adatto praticamente a tutti, e anche se non brilla come la stella del vero Johnny Cash, rimane una pellicola ben fatta.


venerdì 29 luglio 2022

La notevole fertilità del cinema danese contemporaneo

Il cinema danese ha contribuito rilevantemente alla cinematografia mondiale negli ultimi anni, e non sembra fermarsi la proliferazione delle pellicole di successo che riesce e a sfornare. Forse quel marcio ipotizzato da Shakespeare ha finalmente trovato la sua via di espressione.

In particolare è la presenza di registi provenienti da quella piccola penisola nord-europea che riescono a finire per affermarsi a livello mondiale, che sorprende.

Su tutti certamente Lars Von Tier, (nome d'arte di Lars Tierer), che non avrebbe bisogno di presentazioni, ormai alla ribalta da anni, non tanto per aver lanciato il Dogma95, un movimento cinematografico che si basava sui canoni classici della recitazione, senza effetti speciali per intenderci, quanto per pellicole di successo realizzate anche nell'ultima decade, come Melancholia, o la molto provocatoria Nymphomaniac, ed ovviamente la più datata, Dancer in the dark, che ricevette una candidatura agli oscar come miglior canzone.

Ma vi sono anche altri registi, più giovani, che si sono fatti apprezzare in questi ultimissimi anni.

Il primo è Gustav Moller, anch'egli regista e sceneggiatore, che con il suo Den Skyldige (Il Colpevole), film del 2018, ha dimostrato come si riesca con pochissime risorse, ma con un'idea interessante e le capacità per svilupparla in maniera semplice e coinvolgente, a tenere lo spettatore incollato allo schermo, desideroso di vedere come vada a finire una storia, che di fatto, nemmeno sta vedendo ma gli viene principalmente soltanto raccontata dal protagonista, tramite le telefonate che riceve un centralinista della polizia di Copenhagen. Il film fu candidato all'oscar nel 2019 come miglior film straniero.

 
Nel 2020 è la volta di Thomas Vinterberg e del suo Druk (Un'altro giro) candidato anch'esso all'oscar ma stavolta vincitore come miglior film straniero, oltre alla sua candidatura personale che non gli ha poi fruttato la statuetta, come miglior regista. Anch'egli regista e sceneggiatore, classe 1969, quindi sentiremo sicuramente parlare ancora di lui in futuro.

Il 2021 è stato l'hanno di Flee, documentario misto tra animazione e filmati d'archivio, che ha portato sul grande schermo temi come l'omosessualità, l'immigrazione, la famiglia, tutti vissuti attraverso gli occhi di un giovane rifugiato afgano, costretto a lasciare il proprio paese, ma che riuscirà ad affermarsi lavorativamente in Europa e nel mondo, continuando però purtroppo a portare con se tutte le ferite morali di innumerevoli vicissitudini, perdite di affetti e rimpianti. Anche questo film è stato candidato a 3 premi oscar, ed anche il suo regista Jonas Poher Rasmussen è poco più che quarantenne, quindi capiterà probabilmente di assistere ad ulteriori sue opere di valore.

Questo non voleva essere un post dedicato specificamente ai registi ne alle pellicole, ma una via di mezzo, per segnalare più che celebrare, 4 registi ormai riconosciuti come di successo, attraverso i loro lavori migliori. L'aspetto degli oscar forse è un po datato come parametro di valutazione di un film, o forse non è mai stato attendibile, ma certo fa comprendere se e quanto una pellicola abbia perlomeno fatto il giro del globo.

lunedì 25 luglio 2022

Essere John Malkovic (1999) #Recensione

 Essere John Malcovic (titolo originale : Being John Malcovic) è un film di fine millennio, piuttosto originale nella sua realizzazione, ma che forse non trova grande ammirazione tra i puristi dei generi che unisce.

La trama è quella di un burattinaio, non affermato, che vive con la propria moglie tirando avanti facendo esibizioni in strada. La vita non gli sorride, nè lavorativamente ne sentimentalmente, dove il loro rapporto sembra essere in crisi per moteplici ragioni. Tutto cambia quando è costretto a trovarsi un lavoro più classico e stabile, in ufficio, che però gli per permette di scoprire l'amore, per la propria collega, ed una piccola porta, reale, che lo trasporta nella mente di John Malcovic appunto, che nel film interpreta nient'altro che se stesso.

Il film riscosse subito un ottimo successo e negli anni è diventato un vero e proprio classico, la critica stessa gli tributò un notevole merito, con ben 3 candidature agli Oscar, anche se nello specifico, sembra pienamente meritata quella come miglior sceneggiatura originale, adeguata quella come miglior regista, ma abbastanza forzata quella a Catherine Keener come miglior attrice non protagonista. Certamente fotogenica e degnamente dentro al personaggio, ma la performance recitativa nuda e cruda, non è stata certo differente da quella in "40 anni vergine" qualche anno dopo. 

Come detto è un film che unisce vari generi, e lo scontro principale si ha, come anche nel film stesso, tra il realismo di molte scene e quello che non è assolutamente possibile nella realtà, in altre. Non è un film per menti razionali e non è certo un film di fantascienza, tuttavia per molti di quelli che lo hanno apprezzato è evidentemente riuscito ad amalgamare bene i due aspetti.

Il cast è di tutto rispetto, oltre al suddetto Malkovic, ottima la sua performance, ed alla nominata Keener, entrambi non protagonisti, vi è la coppia centrale del film, composta dagli sposi Cameron Diaz e John Cusack, nei rispettivi panni di Lotte e Craig. Innumerevoli sono le comparsate, sempre come se stessi, di altrettante star di Hollywood, da Brad Pitt a Sean Penn, fino a diverse scene con Charlie Sheen.

In sostanza è un film abbastanza particolare, con un cast da film di prim'ordine, basato su di una idea sufficentemente interessante, che può essere visto da tutti, ma che è difficile esser certi a chi consigliarlo specificamente.

Una nota curiosa, è come successivamente lo stesso John Malcovic abbia rivelato che inizialmente avrebbe preferito essere lui a dirigere il film e poter scegliere qualcun'altro per interpretare la sua parte.

giovedì 21 luglio 2022

Ma la corazzata era Kotiomkin o Potiemkin?! #SpiegazioneTitolo


 Il dubbio sorge dal fatto che per molti di noi italiani, sia arrivata prima la conoscenza de "La corazzata Kotiomkin", insostenibile film dell'est proiettato al cineforum della ditta nella saga di Fantozzi, e di cui lo stesso se ne deve sorbire varie repliche, rispetto alla consapevolezza che sia una pellicola moto conosciuta, addirittura un'opera che è considerata un capolavoro specialmente per alcuni suoi aspetti di realizzazione. 

Guardando la scena de "Il secondo tragico Fantozzi", magari da piccoli, viena da pensare che si stia effettivamente parlando di un film reale, anche se le scene proiettate furono rigirate su di una scalinata di Roma per l'occasione, a causa dell'impossibilità di usare quelle originali, per l'aspetto dei diritti d'autore.

 
Il film viene descritto come noiosissimo, sopravvalutato e composto addirittura da 18 bobine. Nulla di più lontano dalla realtà, la pellicola infatti dura soltanto 70 minuti circa, è ritenuta dagli addetti ai lavori un'opera che ha realmente segnato la storia del cinema, e visionandola non appare certo particolamente ritmata, ma se ne trovano di molto più lente e noiose. 

In sostanza il titolo, come un po tutti gli altri aspetti di questa opera cinematografica che sta per compiere 100 anni, è stato anch'esso trasformato, dall'originale "La corazzata Potiemkin" a quel "La corazzata Kotiomkin" ritenuta da Fantozzi "una cagata pazzesca".