mercoledì 25 gennaio 2023

Metal Lords (2022) #Recensione

 "Metal lords" (è stato mantenuto il titolo originale anche nella distribuzione italiana) è un film recentissimo, prodotto direttamente da Netflix e distribuito ovviamente sulla propria piattaforma. Si trova quindi in streaming sin dalla sua uscita.

Il titolo significa letteralmente "I signori del metallo" e si riferisce al "Metal" come genere musicale. Non è particolarmente calzante, in quanto la storia si basa si sul loro voler diventare una band famosa che suona quello stile, ma la connessione con i signori del metallo non è particolarmente evidente. A meno che non si riferisca al sorprendente cameo di molti dei più noti musicisti e leader, ancora in vita, delle band metal e limitrofi.

La storia si basa appunto su di una ambizione, quella di sfondare nella musica, per poter uscire dalle problematiche adolescenziali, quali bullismo e l'apparire invisibili agli altri, ma soprattutto per mostrare al mondo il proprio valore. Le ambientazioni e le tematiche sono quelle da scuole superiori, come problemi in famiglia, conflitti interiori legati all'immaturità, prime esperienze sessuali e con le sostanze alteranti come alcol e droghe. 

In tutto questo misto di situazioni scontate ma comunque con un ampio raggio di potenzialità, avvengono un sacco di fatti, scene, e dialoghi, appunto.. scontati.
E per quanto non si possa chiedere troppo ad un film con attori non di primo livello, e con un target di spettatori poco esigenti, rimane il fatto che si tratti di una semplice commedia americana che non riesce a raggiungere la sufficienza. 
Senza come detto voler far leva sul basso coefficente, il film proprio non risulta entusiasmante nemmeno nei suoi colpi di scena.
 
Di positivo ha la relativamente breve durata, il fatto che scorra bene ed ad un buon ritmo, e che non abbia scene che gli pregiudichino un qualche tipo di pubblico. 
Ma resta comunque un qualcosa di difficilmente consigliabile, salvo a qualcuno particolarmente interessato al genere musiale, e rispetto al quale si possa scegliere molto di meglio come intrattenimento serale per dei ragazzi o per tutta la famiglia. 

venerdì 20 gennaio 2023

Perchè si chiamano "Sottotitoli"?

 La parola italiana "sottotitolo", non ha nella sua "accezione" cinematografica un grado particolarmente alto di comprensibilità. Serve infatti aver avuto a che fare con un sottotitolo in se e per se, per capire di che cosa si tratti, altrimenti intuitivamente non si riuscirebbe.

Il perchè è dato dal fatto che non si tratta affatto di un qualcosa che "sta sotto ad un titolo" come invece si potrebbe presupporre, ma bensì di tutta una serie di scritte multiple che passano sullo schermo durante la proiezione di un film, per diverse possibili ragioni.

La denominazione "sottotitolo" proviene dalla letteratura, chiaramente di molto precedente alla cinematografia, dove si aggiungeva un secondo titolo ad un'opera, spesso più lungo, che potesse, pur sempre brevemente, spiegarne meglio il contenuto. 
 
La pratica è tutt'oggi in uso, anche su semplici giornali quotidiani, sotto al titolo spesso vi è il sottotitolo.
Nel mondo cinematografico invece tali scritte apparivano ed appagiono anch'esse tutt'oggi più volte sullo schermo, per moltissimi motivi differenti.
Erano presenti nel cinema muto, tra scena e scena solitamente, per far comprendere meglio il filo logico o temporale di una storia.
Possono essere aggiunti per rendere un film accessibile anche alle persone affette da sordità.
Le ragione come detto possono essere moltissime, ma la più classica, la più usata ad oggi, è una sorta di traduzione dell'opera, trasformando un film recitato in una lingua, in un'altra, ma stavolta scritta sullo schermo, volta volta sotto ad ogni scena, che accompagna tutta la pellicola sotto forma di testo, scritto generalmente in basso sullo schermo. Non un sottotitolo ma si potrebbe chiamare un "testosotto".

Un commento obbligatorio lo merita la situazione o meglio la posizione dell'Italia nei confronti di essi. E' noto infatti come moltissimi paesi ne facciano largo uso, mantenendo e distruibuendo i film nella loro lingua originale, ossia con il sonoro scelto dal regista, mentre la scelta italiana è stata invece più o meno fin da subito, quella di doppiare i film, in Italiano appunto, il che ha reso i sottotitoli molto poco diffusi. 


mercoledì 18 gennaio 2023

"I love Radio Rock" (2009) #Recensione

 "I love Radio Rock" è un film britannico del 2009, il titolo potrebbe ingannare ma non è quello originale, che è invece "The boat that rocked", al quale purtroppo, come spessissimo accade negli adattamenti in italiano, è stata aggiunta la connotazione dell'"amore". 

La trama è quella di una nave nel mare del nord, che trasmette, come altre al tempo (siamo a fine anni '60) musica rock illegalmente, visto che in quegli anni nelle radio sulla terraferma passava poco o nulla che non fosse deciso dal governo, ed edulcorato da tutti i possibili aspetti trasgressivi.
Inizia dunque una "guerra" piscologica, fatta di leggi e cavilli, per cercare di fermarle, dal trasmettere.

Il film scorre bene, anche se piuttosto lentamente, ed è difficile non accodarsi alle critiche sulla durata, 2h 10m, che in questo caso purtroppo dato il ritmo in alcune scene, si sentono.

L'idea, basata su di una storia vera, aveva del potenziale, sia per i fatti in se e per se, sia per il fatto che in molti altri paesi la storia di tutti quegli avvenimenti in quegli anni in quella parte di mondo, non era affatto nota, quindi in grado di incuriosire ed avere a disposizione tutto l'effetto sorpresa possibile.

Tuttavia il risultato non è cosi accattivante ed avvincente da tenere incollati allo schermo senza sdubbiarsi per aspetti come la lentezza e la durata, apparendo per di più, maggiormente alla rierca di un umorismo in stile commedia americana, fatta di esplosioni e colpi di scena inverosimili e spesso legati all'aspetto sessuale, che di un più classico e probabilmente più pertinente humour britannico. 

Rimane certamente un film per tutti, con qualche scena di nudo e qualche parolaccia, quindi magari non per i più piccoli, nemmeno accanto ai genitori, ma che appare tirato via, e sembra più voler stupire usando dei clichè, anzichè usare il buon materiale della storia vera che avevano a disposizione e del cast, che con Philip Seymour Hoffman e Kennet
h Branagh tra i protagonisti, non lo rende certamente un B-Movie sulla carta.

martedì 17 gennaio 2023

School of rock (2004) #Recensione

 School of rock è una commedia americana del 2004, con tema principale facile da evincere, la musica.

La trama è quella di un musicista ormai non più giovane, che non vuole rinunciare al suo sogno di diventare una rockstar. Cacciato dalla band, ed in una situazione economica non favorevole, decide di accettare un incarico in una scuola, finendo per diventare professore unico di una classe delle elementari, alla quale per alcune settimane non insegnerà la materie classiche, ma bensì il rock. 

L'elemento che risalta più di tutto è certamente la figura di Jack Black, il protagonista, nei panni di se stesso più che altro, e per quanto le sue performance risultino spesso simili tra loro, come è capitato di commentare riguardo a Jim Carrey, è innegabile che la sua energia e mimica, siano elementi che lo rendono interessante al pubblico. 

Il resto del cast è composto principalmente dai giovanissimi attori, che durante il film passano dall'essere incanalati ed un po' introversi studenti di una prestigiosa e costosa scuola privata, a draghi da palco scenico, con il rock ormai appreso sia come teoria che come pratica. La loro performance non è elogiabile ne criticabile, si può dire che abbiano fatto esattamente quello che gli è stato chiesto e quello che il pubblico si aspettava. La loro performance musicale invece non è stata strabiliante come le scene del film raccontavano, il fatto che non fossero tutti dei bambini prodigio nella realtà, lo si può dire. 

Particolarmente positiva, nel suo piccolo di parte marginale, è stata la recitazione di Mike White, nei panni del manipolabile e remissivo coinquilino ed amico del protagonista. Per quanto il ruolo fosse semplice e poco ricercato, la sua performance, soprattutto quella mimica, è stata davvero calzante. 

Per quanto riguarda il film in generale invece si può dire che scorra bene, che le quasi due ore non lo facciano apparire interminabile, e che come montaggio, colonna sonora, ed un po' tutti gli altri aspetti tecnici, non abbia niente di contestabile.

E' dunque un film innegabilmente ben fatto, che fu ritenuto tale sia dalla critica che dal botteghino, dove ottenne risultati eccellenti, fermo restando che va tenuta di conto la sua leggerezza ed il fatto che sia una commedia, adatta a tutti, e che quindi è consigliabile un po' a chiunque cerchi una serata di intrattenimento leggero, magari con il resto della famiglia. Ribadendo doverosamente che il centro dell'attenzione è costantemente rivolto verso Jack Black, che è presente praticamente in ogni scena, e che non passa certamente mai inosservato, quindi occorre apprezzare l'attore, altrimenti diventano due ore impegnative da sopportare.

venerdì 13 gennaio 2023

Che cosa sono i "Test screening"?

 I "Test screening" da non confondersi con gli "Screen test", (i quali riguardano esclusivamente gli attori), è il modo in cui vengono chiamate le proiezioni anticipate dei film, prima della loro effettiva data di uscita.
 
In pratica si tratta di selezionare un certo quantitativo di persone, prese da ceti sociali, razze ed età diverse, alle quali far assistere alla proiezione della pellicola, naturalmente in segreto.
La pratica è molto più diffusa di quello che si potrebbe pensare, sia oltreoceano dove presumibilmente è stata lanciata, che da noi. Si parla addirittura che fosse presente già ai tempi dei film muti, anni '20 quindi.
 
Gli obiettivi di tale pratica sono, innanzitutto quello di comprendere la reazione generale del pubblico all'opera, per avere appunto un'idea se il risultato sia quello sperato. Inoltre sono spesso film proiettati con un montaggio ancora grezzo, che in base alla reazione del pubblico, magari a certe battute e non ad altre, vengono poi editati in un minutaggio minore. 
 
In molti casi queste proiezioni "pilota", hanno addirittura portato a filmare di nuovo parti dei film che erano state ritenute deludenti o poco calzanti dal pubblico.

lunedì 9 gennaio 2023

"27: Gone too soon" - (2018) #Recensione

 "27: Gone too soon" (letteralmente : "27: morto troppo presto") è un documentario del 2018 sulla vite, e soprattutto sulle morti, di alcuni artisti musicali degli ultimi cinquanta anni, che hanno avuto come filo conduttore a legarli, il fatto di essere morti all'età di 27 anni, più o meno tutti all'apice della propria carriera.

Dopo la morte, nel giro di soli 3 anni dal primo all'ultimo, di Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison, si inizio a notare la caratteristica di come avessere tutti la stessa età al momento della morte, ma per fortuna non ce ne furuono di altrettanto rumorose, fino al suicidio di Kurt Cobain, e diversi anni dopo la morte di Amy Winehouse, anch'essi, ventisettenni.

Il documentario dura poco più di un'ora, scorre piuttosto bene, è diviso in capitoli quindi non confonde chi fosse appena approdato dalla luna e non sapesse di chi sta parlando, ed è piuttosto informativo, sempre per chi fosse all'oscuro di tali personaggi del passato musicale, o anche per chi li conoscesse più di nome che per la loro musica e per aneddoti sulle loro vite di eccessi nel bene e nel male.

Gli aspetti positivi però purtroppo finiscono qui, perchè a fronte di un budget di mezzo milione di euro, non si capisce proprio dove siano andati quei soldi. In primis, è facile notare sin dall'inizo come non sia stato speso un centesimo per la musica di tali artisti, che infatti non è mai presente per tutto il documentario, di contro, è proprio il lato musicale il più fastidioso perchè è stata aggiunta in sottofondo della musica del tutto anonima ed anche fuori luogo.

Gli stessi intervistati non sono del calibro dei protagonisti, hanno condiviso poco o nulla con loro, e quindi in diversi casi viene da domandarsi a quale titolo siano li a dare la loro opinione o a narrare fatti.

Anche gli aspetti tecnici come il montaggio e simili non sono particolarmente accattivanti ne memorabili per alcuna ragione.

Rimane un documentario di nome e di fatto, perchè permette di documentarsi in maniera abbastanza rapida e corretta su di un argomento, ma non è di intrattenimento e non è originale, per tali aspetti e molto altro, vale il consiglio già dato in alcuni post precedenti, guardare il documentario "Amy", sulla vita di Amy Winehouse, decisamente ben fatto.

Whiplash (2014) #Recensione

 Whiplash (invariato dall'orginale) è un film del 2014 senza nomi particolarmente altisonanti nel cast, ma che riscosse un notevole successo sia di incassi che di critica, con annesso premio oscar come miglior attore non protagonista a J.K.Simmons.

La storia (i fatti non si basano su di una storia reale) è quella di un giovanissimo batterista jazz che cerca di far carriera passando per la strada più conformata, ossia quella della scuole di musica, sperando di poter arrivare abbastanza in alto nella musica da poter essere apprezzato dalla propria famiglia, che ha invece occhi ed orecchi soltanto per gli altri fratelli, quelli che stanno ottenendo risultati, inferiori ai suoi, ma in campi più socialmente apprezzati, come il football.

Il film scorre molto bene, ed appassiona, tanto che si guarda facilmente e volentieri senza pause. Crea aspettative interessanti e non è carente di colpi di scena. Sembra sempre che non abbia più niente da dire ed invece ogni volta smentisce facendo accadere altro. La recitazione di vari membri del cast è ottima e quella di J.K.Simmons è sembrata piuttosto ispirata.

Purtroppo i complimenti al film finiscono qua, perchè in molti aspetti, col senno di poi una volta terminata la visione, appare molto spettacolarizzato, eccessivamente spettacolarizzato. Specialmente gli ultimi 20 minuti circa, che deviano da una narrazione credibile e diventano quasi un viaggio interiore surreale del protagonista. Forse è eccessivo definirlo cosi, ma l'idea è di cercar di far capire che per quanto sia un film che voglia essere pienamente realistico, eccede in situazioni estreme, che difficilmente sarebbero credibili nella realtà.

Stupisce in negativo il personaggio del protagonista, proprio inteso come scrittura del personaggio, risulta infatti una tale accozzaglia di atteggiamenti estremi ed incongruenti tra loro, che appare inverosimile come profilo psicologico di una persona reale. Per inciso, vi sono proprio atteggiamenti da parte del protagonista, da scena a scena, che non sembrano proprio poter appartenere tutti insieme alla stessa persona.

In conclusione è un film che si guarda bene, che delude molto nel finale, ed anche nel suo insieme tirando le somme una volta terminata la sua visione, e che ha per lo meno l'aspetto positivo di essere per tutti, nonostante la musica sia di fatto un argomento di nicchia. 

mercoledì 4 gennaio 2023

202, post palindromo.

 202 sono, con questo, i post ad oggi di questo blog, quindi questa è un po' una sorta di celebrazione in ritardo. 

Questo post serve più che altro a ricordare le cose già dette, scritte, in questi anni, riguardo al blog, ossia che chiunque volesse può : 

1) Scrivere all'indirizzo e-mail sulla destra, per consigli o segnalazioni.

2) Aggregarsi al nostro omonimo cineforum online, dal quale il blog nasce, cercando il gruppo "Rewind" su Fb

3) Richiedere il merchandise, le magliette sono già disponibili in diversi colori e taglie. 

4) Contribuire se vuole, tramite paypal (vale lo stesso indirizzo e-mail), qualsiasi somma è ben accetta.


Per il resto, buon inizio di anno e buona lettura :)

domenica 1 gennaio 2023

Blu Notte - Milano calibro 9 (2004) #Recensione

 "Milano calibro 9" è una delle puntate della fortunata serie documentaristica sui misteri italiani condotta da Carlo Lucarelli sulla Rai, ormai 2 decadi orsono. 
Il titolo riprende probabilmente quello di un film di Mario Mercola del 1978, chiamato "Napoli.. serenata calibro 9".
Nello specifico la puntata tratta in maniera molto ampia la criminalità milanese, autoctona e non, dagli anni 60 agli anni 90. 
 
 
Vengono citati e spiegati i colpi della "Banda delle tute blu", e vengono narrate molte vicende di Renato Vallanzasca, criminale anomalo in tutti i sensi, perchè gentile e premuroso anche con i propri sequestrati, e perchè tra i pochissimi ad aver creato bande criminali potenti e spregiudicate nate al nord. 
Da notare è come la sua figura non passi cosi romantica ed irrequieta interiormente come nel più recente docufilm : "Vallanzasca - Gli angeli del male", sempre prodotto dalla Rai e con Kim Rossi Stuart come protagonista, ma appaia invece, raccontandone i semplici fatti, più freddo e spietato, oltre che di caratura e carisma comunque inferiori agli altri boss che si contendevano Milano.
Boss, che non erano altro che quelli delle varie mafie nostrane, legati individualmente al tipo di criminalità organizzata della propria regione di provenienza, sia per modi di agire, che per tipo di interessi.
Si trovarono dunque a spartirsi sia i giochi d'azzardo, che il nascente spaccio di droga, vari elementi di spicco delle organizzazioni mafiose del sud, saliti proprio perchè in quegli anni, e tutt'oggi, a Milano i soldi giravano. 

La puntata di per sè ha al timone il solito Lucarelli, nel bene e nel male, che possa piacere o meno, ma per chi lo apprezza, si può dire che anche questa volta mantenga le aspettative. I 90 minuti di racconto di crimini ed intrecci tra le varie criminalità sono ben fatti, interessanti, intriganti, ad un passo costante, non stancano e non confondono, nonostante il quantitativo notevole di nomi e situazioni narrate.
E' una puntata per tutti, senza niente di inguardabile o inascoltabile perchè troppo macabro e magari fatto per stupire lo spettatore. Un documentario onesto sulla vita criminale di quegli anni nella capitale finanziaria ed economica italiana, che permette di fare chiarezza su tanti nomi magari soltanto sentiti dire, e di come interagissero tra di loro.

Jimmy Carr, uno dei re del Black humor.