mercoledì 30 novembre 2022

Studio 666 (2022) #Recensione

 "Studio 666" è una commedia horror/splatter di recente uscita, con protagonisti i membri al completo della band americana Foo Fighters. Niente da dire sui musicisti, anzi, ispirati e prolifici, al contrario riguardo alla pellicola...

La trama è ridotta all'essenziale, ma è probabile che usi nel genere, la band si ritrova per registrare il proprio decimo album, a vivere per alcune settimane all'interno di una lugubre villa, quest'ultima risulterà ovviamente maledetta, il resto è urla, discussioni con intento ironico, e spruzzi di sangue.

La pellicola è stata abbastanza apprezzata dal pubblico e persino dalla critica, il che sorprende perchè davvero sono quasi due ore di trash, e non sembra essere nemmeno di ottima qualità, nonostante le notevoli risorse di produzione e distribuzione che è immaginabile siano state messe a disposizione per la cosa.

Partiamo da ciò che non ha funzionato, innanzitutto la parte horror, non c'è mai reali spaventi, ne sorprese memorabili, ne suspense palpabile, ma magari lo si può derogare semplicemente a film splatter e lasciare che si salvi in calcio d'angolo. 
Non va minimamente meglio sulla parte comica, è un film lento, con atteggiamenti pedanti da parte dei protagonisti, tutto fastidiosamente urlato anche nelle sue conversazioni più generiche, il risultato inevitabile è che finisce per essere davvero pessimo sotto il punto di vista dell'ironia. 
Altro aspetto disastroso è la performance recitativa, che per quanto i componenti abbiano la scusante di non essere attori professionisti, e certamente la volontà di accentuare tutte battute e le azioni per renderlo ancora più ovvio nel suo essere una parodia, risulta comunque non interessante da vedere ne tanto meno intrigante da poter fare da elemento per mantenere la concentrazione sulla storia.


Si possono trovare aspetti che invece siano andati bene, come quello della sua vena splatter, che è stata rispettata ed abbastanza degna, un sufficiente quantitativo di pozze di sangue e qualche modalità di uccisione simpatica ed originale.
Gli effetti speciali altrettanto sono stati più che degni, siamo in un era in cui non c'è più molto da fare con la costumistica, ma è stato comunque un mix reale/digitale ben inserito nelle varie scene in cui era richiesto.

In sostanza un lavoro pessimo, del quale si fa fatica a motivarne l'esistenza e che ha per sua ovvia natura anche l'impossibilità di essere raccomandato a tutti, un sacco di scene e dialoghi non sono adatte ne a bambini ne a persone impressionabili, ne tanto meno ad amanti dell'horror, sarebbe soltanto una perdita di tempo, cosa che sembra davvero esserelo stata per tutti, a partire dai membri della band.

lunedì 28 novembre 2022

Vacanze di Natale (1983) - #Recensione

  Vacanze di Natale è un film tutto italiano e decisamente "anni 80", del 1983. Diretto da Carlo Vanzina e prodotto dalla famiglia De Laurentis, entrambi più che noti ad oggi, nella storia del cinema italiano, magari più per quello trash per che quello d'autore. 
E' il primo "cinepanettone", quello che darà il via alla fortunata e discussa "saga", è inoltre considerato una versione natalizia del fortunato "Sapore di mare" uscito pochi mesi prima, ed al quale avevano preso parte molti degli stessi attori.

 Tuttavia, al di la delle possibili critiche ed opinioni personali, questo film ha avuto la caratteristica di aver sdoganato tutta una serie di espressioni, un po' arroganti ed un po' cafone, che prenderanno piede nella cultura nazionale italiana e li rimarranno per almeno un paio di decenni.

La trama non è particolarmente raffinata ne memorabile, come usa spesso in questo genere di commedie. Un semplice ritrovo di stili di vita, atteggiamenti ed accenti diversi, per qualche giorno a Cortina, a fare più o meno quello che dice il titolo.
Si perchè se pur per tutti, tranne il pianista interpretato da Calà, di vacanza si tratti, è un po' monotematica, ossia incentrata sull'aspetto sessuale, che per quanto il film non mostri scene esplicite nè nudità, è comunque il pallino fisso di tutti i personaggi. 

Il film non si può dire che sia invecchiato bene, l'umorismo del "Dogui", Guido Micheli, era già per l'epoca, volutamente scorrettissimo, per i tempi moderni è diventato inaccettabile. 
Jerry Calà stesso cala la più classica delle espressioni da commedia italiana, e non, "non sono mica frocio", e tutta una serie di aspetti ulteriori che non lo rendono particolarmente socialmente accettabile al giorno d'oggi.

Ma al di là della pessima recitazione (Micheli di fatto non era un attore, interpretava soltanto se stesso ingigantendone gli aspetti), al di la della cafonaggine, delle battute forzate e del gusto per il tradimento che sembra superare persino quello del sesso nell'ideologia italiana, si può dire che sarebbe stato un film che agli appassionati del trash avrebbe magari fatto piacere guardare. 

Se non fosse che la cosa si sviluppò in maniera completamente diversa, non rimase un film di nicchia, anzi, diventò di massa fin da subito, e non rimase un lavoro a se stante ma diventò una mucca da mungere ogni Natale, tanto da diventare la serie di film che oggi è conosciuta come i "Cinepanettoni", francamente troppo per quello che era.

mercoledì 23 novembre 2022

Vacanze di Natale (1983) Frasi famose

Il film è stato un tale assortimento, anche se non particolarmente vario come concetti,  di frasi diventate e rimaste storiche nella cinematografia italiana, e soprattutto trasposte alla vita di tutti i giorni, che sarebbe davvero lungo citarle e spiegarle tutte.

Eccone perciò qui tre esempi rappresentativi sentiti e risentiti da tutti quelli nati prima del 2000 : 

Jerry Calà, nel film "Billo", viene contestato retoricamente sul come mai le donne lo trovino interessante e risponde : "Non sono bello, piaccio". 
Frase da quel giorno utilizzata in innumerevoli frangenti da parte di tutto il genere maschile italiano, specialmente dagli adolescenti dell'epoca.

Guido Nicheli, in arte "Il Dogui", che in pieno relax su di una sdraio in una giornata di sole a Cortina, dispensa la pillola : "Sole, whisky e sei in pole position". Anch'essa citata per anni a seguire, ogni qualvolta ci sia stato da elogiare una situazione rilassante o da vantarsi di trovarsi in una situazione elitaria.

Un'ultima, ben nota ed anch'essa diventata proprietà nazionale anche se chiaramente molto "dialettale", è quella di Riccardo Garrone, nel film l'avvocato Giovanni Covelli, che nel suo piccolo commento/discorso di Natale, esclama : "E anche questo Natale.. se lo semo levati dalle palle".
Cafona, da usarsi in ambienti molto familiari ed amichevoli, è diventata il simbolo dei veri e finti, odiatori del Natale.

In conclusione, quello che sorprende, specialmente per chi non aveva ancora visto la pellicola, è di trovarsi davanti a cosi tante frasi storiche, sentite in mille situazioni nella propria vita, tutte raggruppate in un solo film, che non sarà in alcun modo stato raffinato, ricercato ed educativo, ma nel suo piccolo ha contribuito a far nascere e crescere alcuni personaggi cinematografici storici italiani ed ha rappresentato bene l'Italia ruspante ed arricchita, ma anche rumorosa ed altezzosa di quei tempi. 


domenica 20 novembre 2022

Che cosa si intende per "Colossal"?

 Il termine è prestato dal francese, ma ne esiste anche una versione tedesca, che si scrive con la K. Ad ogni modo significa, letteralmente, esattamente quello che ci si può immaginare, ossia "Colossale".

In ambito cinematografico però, ormai da quasi un secolo, ha assunto una accezione molto specifica, quella di una tipologia di film in cui le case produttrici investono un quantitativo esorbitante di risorse, sia umane, che di tempo, e soprattutto economiche.

I "Colossal" sono quei film pubblicizzati già come imperdibili, che faranno la storia, ed ai quali spesso partecipano attori di primissimo livello.

 
Tuttavia almeno due aspetti sono da notare e tenere ben presenti : 

Il primo è il fatto che, come dice il detto : "più in alto si sale e più rovinosamente si cade", in moltissimi casi questi film sono stati dei successi memorabili, soprattuto economicamente per le produzioni, ma in altri, sono costati cari, proprio nel senso che la rimessa economica è stata tale, da costare addirittura la chiusura della stessa casa di produzione.

Il secondo elemento curioso, è come non tutti gli attori, ricevuta l'eventuale chiamata per prendere parte a film del genere, ne siano entusiasti. I colossal sono infatti delle opere talmente caratterizzanti e talmente di massa, che risulta poi difficile per un attore riuscire a scrollarsi di dosso l'immagine ed il personaggio che ha interpretato in essi. Qualcosa di molto simile a quello che accade a molti attori di serie televisive di grande successo che si protraggono per diversi anni, la loro immagine rimane legata a quei personaggi, rendendo poco gratificate le proprie doti di versatilità come attore, e ricevendo talvolta anche poche richieste future per interpretare parti.

 



mercoledì 16 novembre 2022

Blade Runner (1982) #Recensione

 Blade Runner è una delle pellicole più storiche della cinematografia occidentale, di genere principalmente fantascentifico, con Harrison Ford come protagonista e Ridely Scott dietro la cinepresa. 

La storia è quella di un agente di polizia ormai ritiratosi dal lavoro sul campo, della divisione speciale denominata "Blade Runners", ossia i cacciatori di replicanti che si siano allontanati senza averne ricevuto il comando, e che una volta trovati, verranno "pensionati". 
E' un lavoro molto rischioso per la propria incolumità, ma all'agente Deckard (Ford) non viene lasciata scelta e dovrà nuovamente andare alla caccia di alcuni insubordinatori.
 
Il film è come detto diventato un must della cinematografia, e non lo si può definire nè invecchiato, nonostante i suoi quarantanni, nè invecchiato male, ossia che abbia magari nelle sue scene o nei suoi dialoghi argomenti trattati in modo non più accettabile dalla società moderna. 

Gli aspetti ben fatti del film sono sotto gli occhi di tutti, la parte fantascientifica è innegabilmente sorprendente, per la cura, la creatività, l'uniformità, lo stesso si può dire delle performance recitative di quasi tutto il cast, a partire da Rutger Hauer e Sean Young, ottimamente scelti, perfettamente nella parte, e glaciali nei loro sguardi e nelle loro espressioni. 

 
Altrettanto non si puo dire per Harrison Ford, che per quanto meriti tutti i complimenti del caso per quanto fosse calzante nella figura di Indiana Jones, in molte altre sue pellicole, tra cui questa, lascia invece con l'amaro in bocca, con il pensiero che magari altri avrebbero fatto meglio al suo posto.
Lo stesso si può dire dei dialoghi, che contengono varie frasi diventate storiche e di uso comune anche nella vita di tutti i giorni, ed innumerevoli espressioni interessanti ed originali, ma allo stesso tempo, specialmente per quanto riguarda nuovamente Ford, lo fanno apparire troppo spesso come un Clint Eastwood al bancone del saloon.

In sostanza un film che ancora oggi si può guardare con piacere, che non ha particolari restrizioni di pubblico a cui non possa interessare, e che ha nel suo essere un capitolo a se della fantascienza mondiale forse il suo punto di forza, o almeno cosi è stato fino all'uscita del suo sequel, arrivato 35 anni dopo.

domenica 13 novembre 2022

"I'm walking here! I'm walking here!" ("Sto camminando qui! sto camminando qui!") #Spiegazione

 La frase "Hey, I'm walking here!, I'm walking here!" (Tradotta letteralmente e doppiata in italianao : "Sto camminando qui! sto camminando qui!"), è una frase del film "Un uomo da marciapiede" del 1969 (in originale : "Midnight Cowboy") con protagonista Dustin Hoffman, nella parte di Enrico "Rico" Rizzo.

La peculiarità di tale frase, ed anche ciò che la fece diventare famosa, è che non fosse nel copione e sia una di quelle improvvisazioni che piacciono tamente al regista che sul momento viene deciso di inserirla nella pellicola.

 
La storia è semplicemente che il film aveva poche risorse economiche e quindi non vi era modo di chiudere una intera strada di New York City per poi riempirla di comparse per girare la scena, accadde quindi che durante la scena di una camminata sul marciapiede in mezzo alla gente, Dustin Hoffamn stesse parlando/recitando e cercando di prendere il tempo al successivo semaforo per poter passare con il verde e continuare la scena/conversazione fluidamente, tuttavia un tassista decise di non rispettare esattamente quel semaforo e per poco non colpisce lo stesso Hoffaman, il quale se pur inveendogli contro, non proferì parola sul fatto che avesse rovinato una scena di un film, ma pensò lucidamente di rimanere nella parte urlando proprio "Hey, sto camminando qui!, sto camminando qui!".

Il resto è storia, anche se la cosa ha suscitato nel tempo leggere controversie per il fatto che alcune persone presenti sul set abbiano riferito che il taxi fosse guidato da una comparsa. La cosa sembra essere stata confermata, ma lasciando veritiera anche la versione dell'improvvisazione, sembra infatti che la scena piacque al regista cosi come era venuta naturale, ma che volle rigirarla nuovamente, pianificandola con degli attori.


 

martedì 8 novembre 2022

La corazzata Potemkin non è "una cagata pazzesca" #Recensione

 "La corazzata Potemkin", realizzato nel 1925, è un film che viene ampiamente considerato come rilevante per la storia del cinema, grazie ad aspetti tecnici ed a scelte registiche ritenute molto interessanti.

La trama ruota attorno ad una corazzata, la Potemkin, ed ad un ammutinamento al suo interno, da parte della ciurma, che doveva far seguito a vicende di sovversione già avvenute a terra da parte del popolo russo in precedenza. 

L'opera è divisa in capitoli, dalla brave durata, circa un quarto d'ora l'uno, ma sono comunque connessi tra loro e fanno vivere allo spettatore uno spaccato della situazione sociale e politica di quel tempo nell'allora Unione Sovietica. 

Certamente non ha il passo di un film moderno, ne tanto meno ovviamente una particolarmente piacevole qualità audio/video, ma lascia comunque intendere che all'epoca possa essere stata una pellicola in linea con gli standard di intrattenimento, con l'aggiunta di alcuni aspetti come inquadrature e montaggi, che la fecero distinguere e la resero particolarmente interessante.

            


Il fatto che si stia parlando di un film muto (esclusa la colonna sonora musicale) ed in bianco e nero, non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di specificarlo, dato che al tempo questo era il massimo che si potesse ottenere. 

La colonna sonora però tuttavia forse non è cosi ispirata come altri aspetti del film, risulta sicuramente appropriatamente drammatica per alcune scene che lo richiedono, ma nell'insieme appare poco variegata ed a tratti anche davvero poco determinante.

In sostanza è un film per tutti, perchè non ha contenuti che ne vietino la visione a nessuna categoria, ma
che forse essendo considerato un must sarà più ricercato da una ristretta cerchia di cinefili che dal grande pubblico, i quali potranno magari valutarne nel dettaglio gli aspetti tecnici tanto apprezzati dalla critica.

Quello che è certo è che non è una "cagata" come lo definiva Fantozzi nel secondo capitolo della sua saga, ed altrattanto certamente, visto che questo potrebbe essere un aspetto nell'immaginario collettivo da sfatare, non è di lunga durata, ma è anzi piuttosto breve, solo 70 minuti. 

Una nota curiosa riguardo all'opera è il fatto che fu montata in tempi brevissimi, e le tempistiche a disposizione per la post produzione furono cosi limitate, che lo stesso regista non riuscì ad assistere alla prima proiezione dell'opera. Si trovava infatti nella cabina di proiezione, ad ultimare il montaggio, che infatti fu completato durante la prima proiezione ufficiale.

venerdì 4 novembre 2022

Che cosa si intende per "Botteghino"?

Dovendo prendere la parola alla lettera, intenderemmo una piccola bottega, essendo "botteghino" appunto il diminutivo di bottega.

Oppure dando peso alla sua etimologia, proviene dal Latino "apotheca", che significava "deposito", potremmo prendere quella accezione.

La parola "Botteghino" tuttavia in tempi moderni ha assunto significati ben diversi ed anche piuttosto ampi.

Il suo uso è diventato quasi imprescindibile nel mondo cinematografico, un po' per il suo ruolo di "Biglietteria", termine con il quale è abbastanza interscambiabile se se ne intende esclusivamente la sua esistenza fisica, cioè quella materiale come cassa per la raccolta dei soldi e la distribuzione dei biglietti all'interno/ingresso di un cinema.

 
Ma ha assunto nel tempo anche un'altro significato, più ampio ed ancor più rilevante per il mondo del cinema, ossia quello di essere il termometro del valore, o almeno del successo economico, di un film. E' infatti nata ed è di comune uso l'espressione "successo al botteghino", come indicatore di una buon riuscita, o viceversa di un fallimento, di una pellicola. La si può usare sia per opere che per persone fisiche legate ad esse. 

Nota doverosa è citare anche come si chiami il botteghino in Inglese, ossia "Box office" tanto è diffuso anche nel resto del mondo non anglosassone, da poter risultare utile a qualcuno, che non fosse a conoscenza della traduzione.



martedì 1 novembre 2022

La ragazza con la pistola (1968) #Recensione

"La ragazza con la pistola" è una commedia di fine anni sessanta, con Monica Vitti al centro delle scene e della trama, ricordata principalmente per essere stata il suo primo vero film da protagonista.

La storia è quella di una sicilia fondata sui valori dell'onore e della tradizione, dove una coppia che abbia avuto una notte d'amore, debba necessariamente procedere verso il matrimonio. Il lui della coppia però, tale Vincenzo Maccaluso (il nome verrà ripetuto incessantemente per tutto il film), interpretato da Carlo Giuffrè, decide di fuggire per non essere costretto a sposarsi, e questo al tempo veniva considerato una grande offesa all'onore del partner, in questo caso la lei della coppia, Assunta Patanè, interpretata da Monica Vitti, che si mette sulle sue tracce per vendicare il fatto, desiderosa di ucciderlo, portandosi sempre dietro appunto, una pistola. 

Il film inizia bene, molto bene, ritmato, ironico ed autoironico, e per quanto vengano usati tutti gli stereotipi del caso, anche abbastanza originale. Tuttavia poi, arrivati i titoli iniziali dopo la lunga introduzione, si perde.

Le scene si spostano nel Regno Unito, per una scelta non del tutto chiara e comprensibile, ma probabilmente principalmente per far risaltare un certo divario culturale riguardante le libertà personali dell'epoca, specialmente quelle delle dinamiche di coppia, mostrando poi durante il film, come le coppie socialmente accettate non fossero più soltanto quella uomo-donna.

 


Uno dei problemi principali del film è come il passo si assopisca sempre più, ogni quarto d'ora è più lento a scorrere del precedente, fino ad arrivare ad un lentissimo succedersi di eventi, uno strascicarsi da una scena all'altra con una qualche ipotetica suspence, con dialoghi e sguardi sempre più languidi e petulanti, con un finale che vorrebbe far intuire un lieto fine, ma che è vuoto di atmosfera e coinvolgimento quanto il porto dove è stato girato.

Impossibile non menzionare il fatto stupefacente e sconcertante di come per metà dell'opera tutti i protagonisti si professino autoctoni, quindi per la maggior parte britannici, ma da circa la metà in poi diventino tutti fluenti in italiano e con dizioni perfette. Lo stesso accento siciliano della Vitti si perde quasi completamente, apparendo più influenzato dal proprio interlocutore di turno che dalle reali origini del personaggio. Una pratica, quella di introdurre un personaggio con un accento forte e poi farglielo perdere in favore di una maggiore comprensibilità e leggerezza per lo spettatore, ancora oggi in vigore, ma per quanto sia comprensibile per un docufilm della Rai dedicato ad un pubblico della terza età, non sembra proprio una scelta stilistica accettabile in questo caso. 

 

Presenti sia l'immancabile emancipazione femminile della protagonista, leitmotiv di tutta una serie di film della Vitti, che l'altrettanto imprescindibile scena in cui viene fatta cantare, nonostante non ve ne siano ragioni pratiche per meriti effettivi. (al contrario di uno stupefacente Proietti, suo coprotagonista in "La Tosca"). Tuttavia non è possibile crocifiggere Monicelli per questi due elementi ricorrenti, essendo stato questo il film che li ha lanciati per essere poi copiati di fatto in quelli successivi.

In sostanza una pellicola che parte come commedia divertente, che espone le assurdità e le contraddizioni di alcuni aspetti della cultura italiana del tempo, ma che diventa sempre più una melensa commedia sentimentale, con facili moralismi e tutta una serie di espedienti e battute ripetitivi e decisamente non in grado di giustificarne la candidatura agli Oscar dell'anno successivo come "Miglior film straniero".

Jimmy Carr, uno dei re del Black humor.