sabato 30 aprile 2022

Vanilla sky, spiegazione titolo.

 Come accaduto in vari post recenti, ossia il fatto di spiegare titoli che magari verrebbero dati per scontati o non verrebbero compresi affatto, anche in questo caso si puo' aggiungere qualcosa alla ovvietà che stia a significare un semplice cielo color vaniglia.

Innanzitutto la spiegazione ufficiale, che viene data quasi interamente anche durante la visione della pellicola stessa. L'espressione vanilla sky viene usata durante la descrizione del dipinto "La Senna ad Aargenteuil" del pittore ottocentesco francese Monet, da parte del protagonista, ed il quadro era un originale conservato perchè appartenuto alla madre.

Si potrebbero aggiungere alcune cosa a contorno, la prima è come "Vanilla sky" non si possa considerare a pieno titolo il titolo "originale", dato che il film è un remake di una pellicola spagnola uscita appena 4 anni prima dal titolo "Abre los ojos" (Apri gli occhi).

 La seconda è una piccola curiosità tutta nostrana, ovvero che il titolo abbia ispirato a tal punto dei musicisti pop-punk italiani, tanto da diventare il nome del proprio gruppo e non magari una semplice canzone tributo od un riferimento in un testo. (Il gruppo ha raggiunto un discreto successo in patria ed all'estero nel proprio genere).

La terza è come la parola "vanilla" in inglese non sia soltanto un gusto ed in questo caso un colore associato al suo tipico colore, ma significhi anche "scontato, ripetitivo", ed in questa accezione è più usato negli Stati Uniti di quanto si potrebbe supporre. Questo rende difficile credere che non ci sia un voluto riferimento alla monotonia del dopo la vita, che si tratti dei vari paradiso o inferno, o come in questo caso, secoli di sogni lucidi da criogenizzato.

Adriano Olivetti - La forza di un sogno (2013) #Recensione


 Adriano olivetti la forza di un sogno è un docufilm firmato RAI del 2013, che raffigura davvero poco e poco degnamente la figura di Olivetti e la grandezza delle sue scelte, imprenditoriali ed umane.

La trama è semplicemente un riassunto della vita della famiglia Olivetti, come era giusto che fosse, dalla nascita della prima fabbrica di famiglia, grazie al padre di Adriano, Camillo, fino quasi ai giorni nostri e di come si siano sviluppate le iniziative intraprese da Adriano, anche dopo la propria morte. 

 

Il film tratta un po' tutti i temi essenziali della vita di quello che è stato di fatto uno dei più grandi imprenditori italiani, certamente visionario, ma non solo nel campo aziendale, anche in quello umano, dove ha cercato di dare per tutta la propria esistenza, la maggior dignità possibile al lavoro di operario, ed agli operai stessi, grazie anche alla creazione di vere e proprie aree all'interno delle fabbriche, dedicate al benessere psicofisico del lavoratori.
Non fu però appunto soltanto un eccellente imprenditore nel campo delle macchine da scrivere (ereditando e portando avanti la storica ditta di famiglia), ed una guida a tratti anche
spirituale per le comunità da lui create, fu anche (grazie all'aiuto del suo staff) un visionario, in grado di prevedere, anticipare, e completare, un progetto che è possibile definire come uno dei primi e piuttosto primitivi, personal computer.

Purtroppo però, tutto quello appena detto, viene raffigurato in questa miniserie della Rai (è andata in onda in due puntate), in maniera terribile. I traguardi imprenditoriali e di innovazione di Adriano Olivetti risultano quasi in secondo piano rispetto alla miriade di storie d'amore, relazioni extraconiugali, etc, trattati nel film. Una costellazione di intrecci amorosi quasi del tutto irrilevanti ai fini della storia, che allungano a 3 ore un docufilm che altrimenti sarebbe stato (ingiustamente) di 40 minuti. Vengono trattate anche storie d'amore tra dipendenti della sua fabbrica, in un eccesso stucchevole di romanzatura, con tanto di coincidenze surreali usate come colpi di scena.

La recitazione di quasi tutti i membri del cast risulta atrettanto tremenda, i monologhi del suo fedele addetto alle vendite sono l'apoteosi di quello che oggi verrebbe definito "cringe", ma la palma del peggiore spetta certamente a Luca Zingaretti, assolutamente inespressivo, assolutamente avulso dall'atmosfera che le scene avrebbero dovuto dare, ed assolutamente non credibile nella parte, con tanto di protesi ai capelli snervante per quanto ovvia. Si salva una giovane Elena Radonicich, nella parte della giovane compagna di Adriano, Grazia.

Tutti gli altri aspetti tecnici sono altrettanto scadenti, con tanto di telecamera che in alcune scene addirittura traballa, e per quelli più sensoriali, il film risulta per niente coinvolgente ed in parte sconclusionato, nonostante dei semplici fatti reali concatenati e conclamati quelli da raccontare.

Comprensibile che non dovesse e potesse essere un capolavoro, e che certamente avesse un budget modesto, ma nella stessa categoria vi sono altre opere simili della stessa RAI, come i docufilm su Enrico Piaggio e su Gino Bartali, che invece avevano impressionato per essere stati molto ben fatti, ma probabilmente il peso specifico dei protagonisti, Alessio Boni e Pierfrancesco Favino, hanno inciso determinantemente rispetto a quello di Zingaretti.

In sostanza un'opera assolutamente inconsigliabile, nè a chi possa essere intrigato dal personaggio di Olivetti, perchè non gli rende giustizia, nè da chi possa voler semplicemente essere intrattenuto un paio di sere sul divano, perchè ci sono commedie romantiche molto migliori. 

lunedì 25 aprile 2022

Le mille vite, o la vita a mille, di Nicolas Cage

 Parlare di Nicolas Cage è diventato negli anni tanto parlare di cinema quanto di gossip, ed in entrambi i campi, ha veramente raggiunto uno spettro di tutto ciò che si possa sperimantare nella vita, estremamente ampio.

Nel cinema è passato da attore "figlio" d'arte (il noto regista Francis Ford Coppola è suo zio), che decise fin da subito di non volere utilizzare od ottenere nessun privilegio, tanto da cambiare il proprio cognome nel più conosciuto ad oggi nome d'arte Cage. 
Giungendo allo status di attore riconosciuto, fino alla consacrazione dell'oscar nel 1996 per la sua interpretazione in Via da Las Vegas (in originale : Leaving Las Vegas).
Diventando poi uno degli attori più apprezzati dal pubblico, più ricercati dalle produzioni, e di conseguenza più pagati di tutto il globo, tanto da renderlo una vera icona cinematografica nel decennio 1997-2007. Moltissime pellicole di successo ebbero infatti lui come protagonista : Via da Las Vegas, Con Air, Face/Off, Fuori in 60 secondi, The family man, Il genio della truffa, Lord of war, tanto per citarne alcune uscite nei suddetti anni. 
Arrivando poi a perdere tutta la propria notorietà fino ad essere non più cercato dalle grandi produzioni e doversi rimboccare le maniche volente e nolente nelle produzioni minori, una recente lunga lista di B-movies che lo hanno visto tra le fila degli attori. 
 
 
L'altro aspetto, oltre a quello cinematografico, decisamente non passato inosservato, è stato quello del gossip, che lo ha riguardato molto spesso, date principalmente le sue scelte di vita.
Cinque matrimoni, che sono notevoli anche in un mondo come quello delle star di Hollywood, due figli avuti da due donne diverse, finito in bancarotta dopo aver sperperato più di 100 milioni di dollari, a cui sono poi seguiti anche guai con il fisco.
Una serie di traguardi che forse nemmeno lui si era prefissato ad inizio carriera.
A tutto questo si aggiungono le molte proprietà immobiliari da svariati milioni di dollari l'una, nelle quali non riusciva ad essere ovviamente quasi mai presente e auto di lusso come una Lamborghini Miura, ma qui siamo nel territorio abbastanza classico di chi si può permettere di comprare sostanzialmente quello che vuole. 
Dove veramente ha dimostrato di essere una personalità decisamente particolare, è stato nell'acquisto di animali domestici poco comuni, come coccodrilli, squali, ed anche un polpo domestico, e per l'essersi fatto costruire un mausoleo a forma di piramide.

Un breve riassunto della vita ed opere di un personaggio certamente tanto carismatico sul set quanto impulsivo nella vita, che ha saputo crearsi e reinventarsi e ripartire numerose volte e che ha sempre diviso il pubblico tra amanti e detrattori, ma che non ha mai lasciato lo spettatore indifferente, nè il paparazzo senza scoop.

martedì 19 aprile 2022

Tammy e il T-rex (1994) #Recensione

 Tammy e il T-rex è un film americano della prima metà degli anni 90, un tentativo di intrattenere il pubblico con una commedia trash non impegnata che sembrava voler ricordare alla gente di non prendersi troppo sul serio.

La trama è quella di uno scienziato pazzo, che insieme ai suoi assistenti, riesce ad inserire il cervello di un umano in un dinosauro t-rex, di cui però poi perde il controllo ed inizia la caccia per riuscire a catturarlo di nuovo. Nel film vi sono vari amori, quello fisico tra lo scienziato e la sua focosa assistente, e quello più classico ma incomprensibile tra la bella di turno ed il bullo, tra i quali però si inserisce la figura di Michael (un giovane Paul Walker) ed è presto chiaro che quello tra Tammy e Michael è vero amore, che continuerà anche dopo aver scoperto che il cervello donato al T-rex, era proprio quello di Michael. 

Il film vorrebbe essere trash ed ironico, ma fallisce in entrambi gli aspetti. La parte trash non è assolutamente sufficiente, proprio in termini quantitativi, pellicole come Hot Shot o più o meno tutta la carriera di Leslie Nielsen lo sono, questo è una serie di scene surreali, delle quali molte splatter, inserite all'interno di un film che per la maggior parte è fatto di situazioni e conversazioni del tutto plausibili od addirittura normali. Stesso vale per l'aspetto comico, alcune battute qua e là, ma troppo rade per poter essere definito un film divertente. 

Dove invece sorprendentemente non è particolarmente criticabile è nell'aspetto cinematografico vero e proprio, di fatti, di fatto, il film scorre piuttosto bene, linearmente, senza momenti di noia o lentezza, ne momenti di confuzione di trama o di concetti. Anche il povero Paul Walker, a cui nel film tocca la stessa fine a cui è andato incontro nella realtà pochi anni dopo, non sfigura per quel poco che doveva dimostrare, nella parte recitativa. 

Un film di 1h e 30m difficile se non difficilissimo da consigliare, un cinefilo generico quasi sicuramente non apprezzerebbe il consiglio, ed un appassionato dei generi trattati nel film ha ben altro a disposizione da poter guardare.


Il caminetto in Quarto Potere - #CineFacts

L'elemento del caminetto nel film di Orson Welles "Quarto potere", è un elemento rilevante, che non può essere trattato del tutto per non fare un colossale spoiler, tuttavia se ne può analizzare un suo aspetto.

                                      

"Walk-in" è un anglicismo, che sta a rappresentare quando qualcosa è talmente grande da poterci camminare dentro, per esempio alcuni armadi che sono in pratica delle stanze dedicate.

In quale modo questo dettaglio, per noi europei, abituati ad avere e costruire più a misura d'uomo, si associa al mondo della cinematografia.
Beh, perche nel film Quarto potere, c'è un elemento di dimensioni assolutamente riguardevoli, tanto da poterci volendo camminare dentro, anche se sarebbe in questo caso estremamente sconsigliato per la più ovvia delle ragioni. Ed è il caminetto.
In epoche passate anche i nostri caminetti erano di dimensioni notevoli, perchè era l'unica fonte di riscaldamento della casa e spesso le famiglie, molto numerose al tempo, vi si ritrovavano radunate davanti a godersi il tepore.
Tuttavia, quello mostrato in alcune scene nel film, rimane mastodontico. 

E questo dettaglio è rilevante perche Quarto Potere fu un film di rottura, a livello cinematografico, sotto molti aspetti. Tanti dei quali riconosciutegli soltanto a distanza di decenni. Uno dei quali fu proprio la gestione e valorizzazione degli spazi all'interno dell'inquadratura. Ed è per questo che un elemento in secondo piano, come un semplice (in questo caso non troppo semplice) caminetto, risalti ed appaia nitido, agli occhi dello spettatore.

giovedì 14 aprile 2022

L'uomo senza sonno (2004) #Recensione



 L'uomo senza sonno, titolo originale "The Machinist", è un film del 2004, con protagonista Christian Bale. Innanzitutto si può notare come il titolo vari notevolmente nell'adattamento in Italiano, e mentre in originale l'intento principale potrebbe essere quello di sottolineare la riperitività di alcuni lavori manuali in determinate fabbriche, in Italiano si è andati più verso un titolo affatto ermetico, il film infatti parla interamente di una persona che ha enormi problemi di insonnia. 

La trama è quella abbastanza classica di un thriller-pSicologico-drammatico, ossia una storia dove tutti i pezzi vengono messi insieme soltanto alla fine, nello specifico il protagonista vive in una difficolta costante, come detto quella di non riuscire a prendere mai sonno veramente, nella quale spirale di distruzione altrui ed autodistruzione finisce, principalmente involontariamente, per trascinare tutte le persone che gli stanno attorno.

La performance di Christian Bale è eccellente, come del resto ci ha abituati ed esserlo, sia come recitazione, che come devozione alla causa, il suo personaggio infatti soffre anche di non specificati disturbi alimentari legati alla mancanza di sonno, che lo hanno portato ad arrivare ad un peso di meno di 60 kg, nel film, ma altrettanto nella realtà, visto che l'attore si sottopose ad una dieta molto ferrea per mesi, per apparire scheletrico nelle scene del film che lo richiedevano. 

Anche tutti gli altri membri del cast si comportano egregiamente sul set, sia come immagine calzante e ben scelta per i personaggi che interpretano, sia per le loro singole performance. Tra i volti più noti ci sono Michael Ironside, nei panni si un collega di lavoro di Trevor Reznik (Christian Bale), e Aitana Sanchez-Gijon, nella parte di una giovane madre, e barista, che oltre a servire il caffè tutti i giorni al protagonista, ne diventa un po' la psicologa ed un po la confidente. 

Il film ha dei toni piuttosto scuri, la storia infatti è abbastanza cruda, con alcune sfumature di macabro in varie sue scene, e la cosa si rifrelette anche nelle inquadrature, nei colori, e nelle scenografia, sempre però rimanendo pienamente calzante, è stato infatti fatto un ottimo lavoro sotto tutti questi aspetti. 

Difficile dire da non esperti del settore psicologico, quanto bene sia dipinto il mondo dell'insonnia e della schizofrenia, tuttavia almeno da profani sembra un lavoro ben fatto, frutto di ricerche e di meticolosità e non di sola immaginazione.

Il giudizio sul film è nel suo insieme quindi riassubile come molto ben fatto, forse non eccelle in suspense o in qualsivoglia altro aspetto classico che di solito viene preso in considerazione, ma ottiene  certamente un ottimo voto in tutti i campi che si propone di trattare. E' quindi altamente consigliabile a tutti, salvo a stomaci particolarmente delicati. 

Menzione particolare, dopo tutti questi elogi, ad un piccolo dettaglio, marginale nella visione generale, ma assolutamente pessimo nello specifico, gli effetti speciali durante una scena del film, nello specifico un incidente d'auto, senza specificare altro per non fare spoiler. Se pur si trattasse di un film di 20 anni fa, rimane una digitalizzazione al computer fatta in maniera davvero scadente, una qualsiasi scena con uno stuntman avrebbe ottenuto sicuramente un risultato migliore.

mercoledì 13 aprile 2022

8 Mile (2002) Sfida finale di freestyle, spiegazione tecnica.


 8 Mile è un film dei primi anni 2000 con protagonista il rapper Eminem, che ormai aveva raggiunto una notevole notorietà, e che tratta appunto vicende legate alla sua vita, con scenario i sobborghi di Detroit.

Il film ebbe un grande successo, e la stessa performance del rapper nei panni di attore fu piuttosto convincente.

Tuttavia, se pur molti aspetti del film, essendo essi di dominio pubblico, o comunque tipici di molti altri film, come la povertà e criminalità in certe aree cittadine, le difficoltà economiche e relazionali in alcuni nuclei familiari, etc, siano perfettamente comprensibili per lo spettatore, c'è un aspetto che era ed è certamente molto piu di nicchia, ossia le sfide in freestyle (rap, non dance), e le loro regole.

(Aspetto rilevante nel film perchè molte scene e molto del rispetto e della consacrazione per un rapper, passano da li)

Nonostante il film sia fatto in modo che non si creino particolari incomprensioni e dubbi su come si svolgano, questa è la spiegazione tecnica dettagliata sul funzionamento di esse, che magari potrebbe aiutare a fare completa chiarezza nello spettatore.

Innanzitutto, i tempi dati ai vari parteicpanti, 45 secondi a testa e 90 per la finale, è molto soggettivo da da un tipo di contest all'altro, da locale a locale, ma comunque quello usato nel film è sufficentemente realistico.

La "votazione" del vincitore, come si vede, avviene per acclamazione, e soltanto al termine della performance di entrambi come appunto accade nel film. In caso di parità, si fa rivotare il pubblico immediatamente, anche questa scena si vede, quello che non c'è è che cosa sarebbe accuduto in caso di ulteriore parità, ed in tal caso molto spesso si procede col dare un piccolo ulteriore tempo per sfidarsi ad entrambi, e poi richiedere di nuovo al pubblico di esprimersi. In alcuni casi, in un tentativo di avere un giudizio più imparziale possibile, alcune organizzazioni di questi eventi si muniscono di congegni che misurino i decibel, in alcuni casi chiamati "applausometri".

La "battle" per intero non viene mostrata, ma solo le 3 performance di Eminem, facendo intendere che ve ne fossero state altre, in classico stile quarti di finale, semifinale e finale, da cui provenivano gli sfidanti.

Tuttavia non sempre il numero di partecipanti è un multiplo adatto per questo genere di eleminazione, e si può procedere infatti inizialmente con delle performance a rotazione con più persone sul palco dalle quali poi, solitamente sempre per volere del pubblico, vengono eliminati alcuni partecipanti. 

Una cosa forse poco verosimile nel film, sicuramente usata per fini narrativi, ma che nella realtà avrebbe difficolta a verificarsi, è la scelta del primo sfidante Lickety Split, di partire per primo a rappare. Questo è piuttosto inusuale, perchè potendo sceglere, si tende a far andare prima l'avversario per poi poter "rispondere", letteralmente per le rime, a quello che ha detto.

Tutta la situazione del "Chocking", ossia dello "strozzarsi", (sia inizialmente da parte di Rabbit, che nel finale da parte di Papa Doc) bloccandosi completamente in pratica senza riuscire a proferire rime, è molto romanzata, perchè nella realtà è rarissimo che ciò accada. Sicuramente la tensione ed anche l'impreparazione rendono la cosa quasi possibile, ma quasi sempre il rapper di turno riesce a fare il proprio tempo a diritto, semplicemente con una pessima performance, ma non rimanendo muto e riconsegnando il microfono. 

Altro aspetto che potrebbe non essere chiaro è di che cosa avrebbero parlato dei rapper che non avessero cosi tanti intrecci personali come quelli sul palco nel film, beh, più o meno delle stesse cose, o almeno con lo stesso tenore. Le gare di freestyle sono infatti fatte per sfottersi e quindi sia i temi che gli atteggiamenti sono molto simili nella realtà a quelli visti nel film. 

 Un aspetto in cui però c'è molta divergenza con una battle dal vivo, è quanto le rime ed il flow nella battle del film siano perfette, ripulite, senza impappinamenti o temporeggiamenti, questo non potrebbe assolutamente accadere, a meno che qualcuso non si scriva ed impari per intero la propria entrata a casa, cosa che comunque ogni tanto succede.

In conclusione, è un film che ha portato a conoscenza di molti un mondo underground di cui i più non sapevano, e si puo dire che nell'insieme lo abbia fatto in maniera egregia.

mercoledì 6 aprile 2022

SAW, L'enigmista. Vince ma non convince. #Recensione

Quello che oggi si può definire come il primo capitolo della saga di SAW, è stato ormai consegnato alla storia come un must della cinematografia mondiale. Forse non il capitolo più apprezzato qualitativamente, ma certamente innovativo e che si è confermato come ottimo franchise a livello di incassi nei capitoli successivi.
Sicuramente la produzione aveva poco da perdere, e questo è possibile che sia stato di aiuto. 
L'intero film è stato girato in meno di 20 giorni e lo stesso budget era piuttosto irrisorio, a fronte invece di un successo enorme al botteghino. 
 
La trama della pellicola è tanto semplice quanto la sua ambientazione.
Due sconosciuti si risvegliano all'interno di una stanza sotterranea, con al centro della quale un cadavere a faccia in giu. Entrambi legati alla parete da pesanti catene di metallo, iniziano una titubante interazione verbale, che li porterà a scoprire ed ammettere molte cose riguardo al loro passato.
In pratica, qualcuno li vuole li, vuole specificamente loro, e vuole "fare un gioco" proprio con loro due. 
Il "gioco", non è altro che un estenuante gioco psicologico, condito da indizi ed indovinelli, spesso i primi come risultato dei secondi. Ma è anche un gioco fisico, tanto che metterà a rischio in diversi frangenti, la vita degli stessi. La caratteristica dominante di tutte le prove che devono superare, è la moralità, o meglio, quella che non hanno avuto in passato, e per cui rischiano di dover pagare pegno.
Il resto sono molte scene esterne, altrettanti flashback, ed alcuni colpi di scena piuttosto interessanti. 

Tuttavia tutto questo non basta. L'ambientazione è forse uno degli elementi migliori, nella sua essenzialità, non pecca ne di realismo, nè di apparire agghiacciante e sinistra come vorrebbe risultare.


Ma dove fa storcere il naso questa pellicola di ormai quasi 20 anni fa? Beh, un aspetto potrebbe essere la recitazione, dove nonostante la presenza di un Michael Emerson in un personaggio a lui calzante, in parte se si vuole simile a quello che ricoprirà a breve nelle serie televisive "Lost" e "Person of interest" e nonostante un perfettamente scritturato Tobin Bell, il resto del cast forse non è stato altrettanto brillante ed ispirato, ed in alcuni casi si può anche dire onestamente, non all'altezza, nella propria interpretazione.
Capitolo a parte è quello su Danny Glover, certamente il nome più rinomato di tutto il cast all'epoca, eppure non particolarmente accattivante come personaggio ne come interpretazione nemmeno lui. 
La croce del film ricade dunque principalmente sulla performance dei due protagonisti, che nel caso di Leigh Whannell aveva la scusante, o l'aggravante, di essere anche lo sceneggiatore del film.


Uno degli elementi essenziali del film, e non poteva essere altrimenti, è il trucco, che risulta in parte ben riuscito, sicuramente quello di Tobin Bell è ben fatto, in altri casi, come in molte scene riguardanti Cary Elwes sembra davvero stonare, il cerone per farlo apparire quasi completamente dissanguato, sembra piu adatto ad un clown. 

Una curiosità riguardante la pellicola, è come abbia lanciato il personaggio di Billy il pupazzo, poi diventato un'icona della saga, quasi più riconoscibile e conosciuta dei vari protagonisti in carne ed ossa. Si tratta di un pupazzo, dalle sembianze piuttosto sinistre, che si muove sopra ad un triciclo, spesso avvicinandosi ai soggetti costretti a prendere parte ai giochi, per consegnare o comunicare qualcosa. 

Nell'insieme è un film che ha meritato gran parte della propria fama per l'originalità, del soggetto soprattutto, ma che poi all'atto pratico non ha poi prodotto un risultato particolarmente accattivante, ne memorabile in quasi nessuno dei suoi aspetti principali, dalla colonna sonora alla recitazione, dagli effetti speciali alla sceneggiatura. Naturalmente essendo un orror, soffre anche forse più di altri, della difficolta a mantenere il proprio valore nelle visioni successive, saperne infatti il finale ne rovina il piacere di rivederlo più di altre pellicole. E' quindi difficile da consigliare a tutti per via della particolarità del genere, per via della non eccezionalità del prodotto finale, ed è difficile consigliare a qualcuno di rivederlo. Tuttavia rimane un must della cinematografia moderna e dunque un film che un vero appassionato di cinema debba vedere, anche se potrebbe non gradirne del tutto la visione. 


domenica 3 aprile 2022

Che cosa vuol dire "tagliare" nel mondo del cinema?


 Il verbo tagliare è molto usato quando si parla di cinematografia, da molti addetti ai lavori, per svariate ragioni, alcune delle quali risalenti anche ad un secolo fa, vediamo quali sono : 

Uno degli utilizzi, e dei significati, del verbo tagliare nel mondo del cinema è molto letterale, e riguarda semplicemente l'azione che serviva per procedere al montaggio delle scene quando ancora si usavano le bobine. Si trattava infatti di praticare tagli, e successivi incollaggi per congiungere la parti rimanenti, di parti di pellicola, ottenendo il risultato finale desiderato. 
Tale pratica è ovviamente sparita con l'avvento del digitale, ma ne è rimasta la dicitura per intendere quale parte di una scena togliere, in fase di montaggio. 
 
Un'altro utilizzo è quello durante le riprese, anche in inglese la dicitura è la stessa "Action" per iniziare le riprese (il nostro "azione"), e "cut" per dire al cameraman di interromperle (il nostro "taglia"). In entrambe le lingue tuttavia va ammesso che l'espressione "Stop" è diventata predominante ad oggi. 
 
Un terzo frangente è quello di riferirsi alle varie versioni di una pellicola, spesso con le scene censurate oppure con le scene volute dal regista e non incluse dalla produzione, con il termine "cut", sono infatti molto diffuse versioni o aggiunte, specialmente in formati come il dvd, delle "Director's cut", ossia la versione con i tagli scelti dal regista e non dalla produzione o dalla censura. Capita dunque che uno stesso film abbia persino 3 versioni, e che esse differiscano tra loro in lunghezza anche in maniera rilevante.

Jimmy Carr, uno dei re del Black humor.