Il cinema danese ha contribuito rilevantemente alla cinematografia mondiale negli ultimi anni, e non sembra fermarsi la proliferazione delle pellicole di successo che riesce e a sfornare. Forse quel marcio ipotizzato da Shakespeare ha finalmente trovato la sua via di espressione.
In particolare è la presenza di registi provenienti da quella piccola penisola nord-europea che riescono a finire per affermarsi a livello mondiale, che sorprende.
Su tutti certamente Lars Von Tier, (nome d'arte di Lars Tierer), che non avrebbe bisogno di presentazioni, ormai alla ribalta da anni, non tanto per aver lanciato il Dogma95, un movimento cinematografico che si basava sui canoni classici della recitazione, senza effetti speciali per intenderci, quanto per pellicole di successo realizzate anche nell'ultima decade, come Melancholia, o la molto provocatoria Nymphomaniac, ed ovviamente la più datata, Dancer in the dark, che ricevette una candidatura agli oscar come miglior canzone.
Ma vi sono anche altri registi, più giovani, che si sono fatti apprezzare in questi ultimissimi anni.
Il primo è Gustav Moller, anch'egli regista e sceneggiatore, che con il suo Den Skyldige (Il Colpevole), film del 2018, ha dimostrato come si riesca con pochissime risorse, ma con un'idea interessante e le capacità per svilupparla in maniera semplice e coinvolgente, a tenere lo spettatore incollato allo schermo, desideroso di vedere come vada a finire una storia, che di fatto, nemmeno sta vedendo ma gli viene principalmente soltanto raccontata dal protagonista, tramite le telefonate che riceve un centralinista della polizia di Copenhagen. Il film fu candidato all'oscar nel 2019 come miglior film straniero.
Il 2021 è stato l'hanno di Flee, documentario misto tra animazione e filmati d'archivio, che ha portato sul grande schermo temi come l'omosessualità, l'immigrazione, la famiglia, tutti vissuti attraverso gli occhi di un giovane rifugiato afgano, costretto a lasciare il proprio paese, ma che riuscirà ad affermarsi lavorativamente in Europa e nel mondo, continuando però purtroppo a portare con se tutte le ferite morali di innumerevoli vicissitudini, perdite di affetti e rimpianti. Anche questo film è stato candidato a 3 premi oscar, ed anche il suo regista Jonas Poher Rasmussen è poco più che quarantenne, quindi capiterà probabilmente di assistere ad ulteriori sue opere di valore.
Questo non voleva essere un post dedicato specificamente ai registi ne alle pellicole, ma una via di mezzo, per segnalare più che celebrare, 4 registi ormai riconosciuti come di successo, attraverso i loro lavori migliori. L'aspetto degli oscar forse è un po datato come parametro di valutazione di un film, o forse non è mai stato attendibile, ma certo fa comprendere se e quanto una pellicola abbia perlomeno fatto il giro del globo.
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