giovedì 30 dicembre 2021

Ciao, 2020! (2020) - #Recensione

 "Ciao, 2020!", è il capolavoro che non ti aspetti, quel qualcosa di cosi imprevedibile e sorprendente dal non farti spegnere la televisione e da volerti far avvertire tutti i conoscenti della sua esistenza immediatamente. 
Si, "televisione", perché non stiamo parlando di un film, ne di un qualcosa a pieno tema cinema, ma siamo comunque nell'ambito del mondo dello spettacolo, con molti dei partecipanti che fanno parte anche dell'ambiente cinematografico. 


Si tratta nello specifico di un finto speciale di capodanno "italiano", realizzato dalla televisione russa, con tutti partecipanti autoctoni, che è andato in onda in prima serata durante la notte di capodanno 2020.
La durata è di soli 50 minuti effettivi circa, ma in un cosi piccolo lasso di tempo, viene inserito un quantitativo strabiliante sia di satira sulla televisione italiana di qualche decade fa, sia di critica alla società corrente russa ed a molti dei suoi standard di pensiero.

Il tutto si apre con il presentatore del programma di prima serata del canale principale russo, che avrebbe dovuto intrattenere l'intera nazione per la sera di capodanno, che annuncia che a causa della situazione speciale di quest'anno, causa pandemia, la produzione non se l'era sentita di realizzare un vero e proprio speciale, e che aveva invece chiesto alla televisione italiana, di inviare un loro festival di capodanno per poter intrattenere il popolo russo, che, come dice il presentatore, che cosa ama più di tutto?, cantare le canzoni italiane!.

Tuttavia, a seguito di questo annuncio, non fa altro che partire uno speciale realizzato dalla stessa televisione russa, ma in stile italiano, con i nomi di tutti i protagonisti italianizzati, le canzoni tradotte o comunque ricantate con parole italiane, e via dicendo.. ed i protagonisti non sono altro che lo stesso conduttore, cantanti ed attori famosissimi in russia che ricantano le proprie canzoni di grande successo del momento, attori, comici, ed altre personalità russe famosissime del mondo dello spettacolo, che si alternano in un tripudio di vestiti da paninari, tagli di capelli osceni ed umorismo da bar, il tutto senza mai risultare ne offensivi ne pesanti.


Il risultato è come detto un autentico capolavoro di ironia ed autoironia. Si va dal trash al nonsense, passando però per grandi classici della televisione italiana di qualche anno fa come i fuorionda imbarazzanti, le pubblicità a fortissima connotazione sessuale, le inquadrature maliziose e le risate finte, ed attraversando anche il campo minato che è la critica sociale, specialmente in russia, condannando l'omofobia.

In sostanza un qualcosa che ha fatto successo in entrambe le nazioni, perché inaspettato, perché estremamente ben fatto e minuziosamente curato, perché mai eccessivo ne inopportuno, perché se tante cose venissero prese con uno spirito simile, il mondo sarebbe certamente più unito. 
Ben vengano ulteriori speciali del genere, a partire da quest'anno, dove gli occhi del mondo saranno probabilmente puntati sulla stessa emittente russa per capodanno, per vedere a chi toccherà quest'anno, per vedere se anche quest'anno sarà stata creata un'altra perla. 

sabato 25 dicembre 2021

Banksy - L'arte della ribellione (2020) #Recensione

Banksy - L'arte della ribellione, è un documentario uscito nel 2020 riguardante la vita dell'artista (writer, street artist e attivista politico) britannico Banksy. 

Si parte dall'evento forse più clamoroso della sua carriera, inteso proprio in senso letterale, quello che suscitò più clamore dal vivo, ossia quando uno dei suoi dipinti, fu battuto all'asta per un 1 milione di dollari, ed il quadro si autodistrusse davanti gli occhi di tutti, non appena il martelletto decretò che qualcuno se lo era aggiudicato. In classico stile Banksiano qualcuno direbbe.


Il documentario però dopo i primi minuti, fa un passo indietro, un enorme passo, in pratica agli anni della sua nascita, (a Bristol, città portuale del sud dell'Inghilterra) cercando di dare una infarinatura generale allo spettatore, specialmente se non britannico, di quale fosse la situazione sull'isola in quegli anni, in particolare sotto gli aspetti politico ed economico-industriale e di che cosa stessero passando internamente i suoi abitanti, quindi ne analizza a fondo anche gli aspetti sociali.

Tali temi vengono trattati, e poi ripresi più volte durante tutti i più di 100 minuti di documentario, sia perché rivivono molto nelle opere di Banksy, sia perché egli stesso non negherà di essere a suo modo in prima linea su certi temi. 

Uno dei momenti più involontariamente politicizzati, dato che se pur la location fosse quasi inscindibile da tale aspetto, ma di per se la sua visita e conseguenti opere (sotto forma di graffiti a stencil sul muro di divisione tra Israele e Palestina) non lo volessero essere, fu quelle nell'area dove era stato eretto quello che era il più grande muro divisorio in cemento al mondo, ossia la discussa zona tra Israele e Palestina. 



Vi è per tutta la durata della "pellicola", una strana e contraddittoria definizione dell'identità di Banksy, dato che, globalmente è da sempre non associato ufficialmente ad alcun volto e la sua identità è da sempre oggetto di supposizioni (per anni è esistita la teoria che lo faceva essere il membro fondatore del gruppo del Massive Attack, anch'egli writer ed anch'egli di Bristol), tuttavia quasi tutti gli intervenuti e gli intervistati, sanno bene chi egli sia, lavorandoci a stretto contatto quasi giornalmente o avendoci condiviso parti ed anni importanti della propria vita. 

In sostanza il documentario riassume bene un po' tutte le tappe dell'uomo Bansky, dai banchi di scuola alle bravate con qualche bomboletta e qualche amico, fino alla presa di coscienza, che forse dentro di lui era ben chiara fin dall'inizio, di essere un personaggio che in quanto pubblico era ascoltato, e che poteva, e di fatto voleva, influenzare le masse, a favore di una maggiore consapevolezza su certi temi sociali per lui rilevanti. Ripercorre dunque tutti gli aspetti di vita, conosciuti, del Banksy uomo, e quasi tutte le "incursioni" artistiche della sua ormai trentennale carriera artistica.

Su questi aspetti il documentario fa un buon lavoro, e si può dire con tranquillità, che nonostante la sua lunghezza notevole per un documentario, scorra anche bene, tuttavia non è tutto rose e fiori, infatti alla fine risulta un po' ne carne ne pesce, apparendo nella sua interezza un po' spento e sbiadito, anziché frizzante e movimentato, e un po' troppo nozionistico e piatto, anziché, spavaldo ed intrigante. In conclusione, si potrebbe definire un documentario che è tutto il contrario del suo soggetto. 



mercoledì 22 dicembre 2021

Due tra i più grandi dimagrimenti per un ruolo in un film.

"Tv adds 10 pounds", letteralmente "La televisione aggiunge 5 chili", è una espressione anglosassone, ed anche se la trasformazione da chili a pounds non è esatta, il concetto rimane quello, andare in tv, e spesso accade anche in una semplice foto, a causa della distorsione delle lenti, può far apparire una persona più "grassa" di quello che realmente sia.

Nel cinema dunque, le luci, le inquadrature, il montaggio, in mani esperte possono aggiungere o togliere peso ad un attore, ma se si deve andare oltre, per esempio se si parlasse di 10 o 20 chili, occorrerebbe una vera e propria trasformazione fisica, con tanto di dieta, ipocalorica o ipercalorica a seconda del bisogno, per rendere credibile tale aspetto.

In questo post non verranno presi in considerazione gli aspetti di trucco ed effetti speciali, due ottime risorse per il cinema nelle situazioni estreme, ma soltanto la dedizione di alcuni attori, che per ricoprire certi ruoli/personaggi, fisicamente notevolmente diversi dal loro usuale aspetto fisico, hanno seguito regimi alimentari e/o di esercizio fisico molto particolari ed impegnativi


Prenderemo ad esempio due casi, quello forse più noto e quello forse più estremo, tra quelli conosciuti nel cinema occidentale.

Il primo caso è quello di Tom Hanks, che per il film Cast away fu "costretto" appunto a seguire entrambi i regimi, ed entrambi furono piuttosto impegnativi.
Per quello fisico infatti dovette perdere 23 chili, e per quello motorio dovette fare 4 ore di allenamento quotidiano, il tutto per 4 estenuanti mesi. 
Il risultato è quello che abbiamo visto probabilmente quasi tutti, un credibilissimo naufrago fisicamente pacioccone, trasformarsi in uno scheletrico abitante di un'isola deserta in grado di vivere con le (poche) risorse alimentari che trovava attorno.
Tutto ciò, gli valse anche una nomination agli Oscar come miglior attore protagonista.


Il secondo caso è quello di Christian Bale, non nuovo alla cosa, ma che per interpretare il protagonista de "L'uomo senza sonno" (titolo originale : The Machinist) dovette perdere quasi 30 chili, e lo fece grazie ad un regime alimentare particolarmente ipocalorico, e certamente anche poco salubre, che consistette, per circa 6 mesi, di una scatoletta di tonno ed una mela, al giorno. 
Questo da solo non basterebbe forse a rendere la cosa una delle più devote e folli trasformazioni fisiche di Hollywood, se non fosse che il copione successivo per cui fu scritturato, fu quello di "Batman begins" nel quale doveva interpretare la possente figura di Batman, e che lo costrinse a riprendere i 30 chili persi, più altri 20 di muscolatura. Il risultato fu eccellente ed altrettanto credibile, ma tutta questa fisarmonica sulla bilancia gli è costata problemi cronici, anche a suo dire, di metabolismo. 




sabato 18 dicembre 2021

I "piu morti" di sempre sul set. #CineCuriosità

Naturalmente non è l'attore vero e proprio che muore sul set, ma il suo personaggio, ed esiste una particolarissima classifica a riguardo, ossia quella di quante volte la stessa persona si sia ritrovata a leggere che il proprio personaggio sarebbe uscito di scena tragicamente. 

A riguardo, di recente, 2017, (questa volta per davvero) se ne è andato John Hurt, attore britanno, sia di teatro che di cinema e tv. Per tutta la sua carriera, durata più di mezzo secolo, ha ricevuto molteplici complimenti sia dal pubblico che dalla critica, e diversi riconoscimenti. ma non sono le sue gesta sul set il topic di questo articolo, quindi, come è già chiaro a questo punto, egli era uno dei 10 attori il cui personaggio è dovuto morire più volte all'interno di un film, ben 39 volte. 

Forse come dicevano i latini "Nomen omen", ovvero che nel tuo nome, in questo caso specificamente nel cognome, ci fosse già scritto il proprio destino. Ed anche se non può essere preso troppo alla lettera in questo caso, (ne troppo seriamente in generale a dire il vero), perché "Hurt" significa soltanto ferito in Inglese, rimane comunque un presagio dell'area semantica di destinazione.


Di seguito la "classifica" ufficiale di chi abbia dovuto sottostare a tale scelta di copione piu spesso : 

1) Danny Trejo - 65

2) Chrstopher Lee - 60

3) Lance Henriksen - 51

4) Vincent Price - 41

5) Dennis Hopper - 41

6) Boris Karloff - 41

7) John Hurt - 39

8) Bela Lugos - 36

9) Tom Sizemore - 36 

10) Eric Roberts - 35

Ancor piu curioso forse è il caso del film "The Heat - La sfida", dove, si ritrovano a recitare insieme, in una crew di ladri protagonisti di tutta la pellicola, Denny Trejo e Tom Sizemore, ed entrambi.. beh, purtroppo questo è un brutto spoiler, ma una volta che si è a conoscenza dei nomi degli attori di questa classifica, è difficile aspettarsi poi che escano vivi dalle pellicole in cui li vediamo apparire sullo schermo. 

mercoledì 15 dicembre 2021

Lock & Stock, pazzi scatenati - (1998) #Recensione


Il titolo è un poco riuscito adattamento italiano dell'originale : "Lock, stock and two smoking barrels", che starebbe a significare, in un modo idiomatico prettamente britannico : "Tutto", "Nella sua interezza", mentre la versione italiana, beh, potrebbe andare bene per qualsiasi commedia riguardante una coppia di innamorati a combinare marachelle in una fuga d'amore, ossia tutto ciò che di più lontano potrebbe esserci da questo film.


La trama è semplicemente un infinito intreccio di situazioni al limite del surreale, ma ben concepite, ben scritte, ben realizzate e ben recitate. In sostanza una serie di furti, tradimenti e sorprese tra varie gang più o meno preparate a maneggiare le partite scottanti di materiali che si troveranno tra le mani, ma tutto senza mai scadere nel banale, nel ridicolo o nel già visto. 

Guy Ritchy fa un ottimo lavoro, anche a livello di inquadrature, alcune molto particolari quasi da film psichedelico, e sui colori, effetti in stile sepia ed ambientazioni oscure o sbiadite.
Altro elemento per il quale congratularsi con lui, è la decisione di portare sul grande schermo, per la prima volta, oltre a se stesso, trattasi infatti per lui di debutto cinematografico come regista, anche Vinnie Jones e Jason Statham, rispettivamente fino a quel momento, calciatore e nuotatore. 
Entrambi sportivi di discreto successo, che erano ormai pronti per pensare al cosa fare dismessi quei panni, ed è stato sicuramente un debutto eccellente per entrambi, tanto che poi tutte e due le carriere sono andate avanti con altrettanti successi.


Una curiosità, riguardante Vinnie Jones e la sua iconica scena in cui, teoricamente (di fatto non si vede niente di violento, solo il suo volto in azione) fracassa la testa di un malvivente che era appena stato irrispettoso nei suoi confronti (queste sono le sue effettive parole, ma era in realtà appena stata minacciata la vita di suo figlio). Curioso è come sia stato usato un cocomero, intersposto tra scocca dell'auto e portiera, per far sembrare realistica la risposta dello sportello alle sue azioni. 

In conclusione è un film di tutto rispetto, quintessenza del britannico, dallo humor tipico, agli slang regionali, fino alle diatribe geopolitiche interne, ed è per questo che è tanto valido quanto quasi insensato da vedere se doppiato, buona visione dunque a tutti quelli che avranno le capacità o il coraggio di vederlo in lingua originale, e che vengano premiati e ripagati per la loro capacità di osare, come accade ai protagonisti di questo film. 

lunedì 13 dicembre 2021

Quali Italiani hanno ottenuto la stella nella "Hollywood walk of fame"? #CineFact



Sono 14 al momento gli Italiani che già posseggono una stella dedicata nella "camminata della fama" sulla collina di Hollywood a Los Angeles. (Presto a loro si aggiungeranno anche Giancarlo Giannini e Luciano Pavarotti, nomi già ufficializzati) Fanno tutti parte ovviamente di una delle cinque categorie nelle quali si può "competere" per essere riconosciuti come eccezionali contributori al settore artistico, tuttavia si nota un leitmotiv tra i loro nominativi ed è quello della musica, da sempre molto apprezzata negli ambienti creativi Statunitensi, dove ci si è spesso affidati anche in tempi recenti a compositori Italiani soprattutto per le colonne sonore delle produzioni Hollywoodiane.

Ben 10 stelle su 16 riguardano l'ambiente musicale, ma volendo scendere ancor più nel dettaglio sembra essere stata particolarmente apprezzata la capacita dei cantanti nostrani nel campo della lirica, i più tra loro infatti erano prettamente quello o come nel caso di Bocelli provenivano da quel mondo. 


Di seguito tutti i "premiati" nostrani ad oggi : 


Enrico Caruso               Cantante

Arturo Toscanini            Direttore d'orchestra

Renata Tebaldi              Cantante

Rodolfo Valentino           Attore

Sophia Loren                Attrice

Beniamino Gigli             Cantante

Andrea Bocelli              Cantante

Anna Magnani                Attrice

Annunzio Paolo Mantovani    Direttore d'orchestra

Ezio Pinza                  Cantante

Licia Albanese              Cantante

Bernardo Bertolucci         Regista

Ennio Morricone             Compositore

Gina Lollobrigida           Attrice

Giancarlo Giannini          Attore

Luciano Pavarotti           Cantante

Nel campo della recitazione invece sono state molto apprezzate diverse figure femminili, dalla Loren alla Lollobrigida, che ebbero un successo enorme in terra a stelle e strisce, fino a colei che è ad oggi considerata una delle più grandi attrici Italiane di tutti i tempi, Anna Magnani.


mercoledì 8 dicembre 2021

Sapore di mare - (1983) #Recensione

Sapore di mare è un film diretto da Carlo Vanzina uscito nel 1983, ma che ripercorre tramite le scorribande e vicissitudini familiari e sentimentali di un gruppo di amici molto eterogeneo geograficamente, i "favolosi" anni 60.

La trama è quello che si ci può aspettare da una commedia all'italiana con tutti i crismi, senza voler entrare troppo nello specifico esponendola, si tratta sostanzialmente come al solito di molti intrecci amorosi più o meno forzati o surreali, di molti litigi plateali e di una enormità di tradimenti senza sentirne minimamente il peso dell'azione. 


Ciò nonostante, è capitato, che trame di questo tipo passassero in secondo piano quando almeno altri aspetti, specialmente la comicità, riuscissero a sopraffarle.. non è questo il caso.

Il cast è quello che già all'epoca poteva essere considerato di primordine per il genere, Jerry Calà e Christian De Sica (al tempo non ancora particolarmente affermato), finiranno poi per avere rosee carriere in quelle che saranno tutte le commedie nostrane a seguire, Cinepanettoni inclusi, con i quali De Sica stringerà un vero e proprio binomio artistico. Anche alcune comparse, come Alba Parietti, diventeranno poi volti noti del grande o piccolo schermo. 

Da tale trama tuttavia rimasero estasiati molti dei protagonisti, tra i quali i due principali suddetti, tanto che fecero di tutto per essere scritturati, anche al costo, vero e proprio, di doversi ridurre "lo stipendio."

Il film oltre a mostrare usi, costumi e sentimenti dell'epoca, gli anni 60 appunto, indica anche alcuni luoghi esatti di dove molta dell'Italia del boom economico aveva quantomeno ambizione a trovarsi, ossia, estivamente, la Versilia, nello specifico la Capannina Di Franceschi, che è stata negli anni, soprattutto in quegli anni, uno dei centri di vita notturna/mondana rilevanti a livello nazionale. Curiosità a riguardo, è come lo stesso Jerry Calà, finirà negli anni successivi ad essere un habitué del locale come intrattenitore/musicista. 



La pellicola riscosse un successo eccezionale al botteghino, 10 miliardi di lire che all'epoca nemmeno gli stessi autori si auspicavano di poter ottenere. Frutto certamente della semplicità di realizzazione, di recitazione e di intrattenimento, che se da un lato rappresentavano bene la leggerezza di quegli anni e su questo il film fa un buon lavoro, dall'altro lo rendevano un'opera carente di contenuti, di battute realmente memorabili e che negli anni, non si può dire che sia invecchiata egregiamente. 

Si salva certamente l'espressione di Virna Lisi (attrice di tutt'altro calibro, ma che non sfigura nel ruolo che oggi si definirebbe da "cougar", platonica) che verso il finale alla domanda "Mamma, ma come erano i tuoi tempi?", risponde : "Mah, non lo so, era diverso, ci batteva il cuore..". 

Riassunto perfetto del perché gli anni 60 vengano rimpianti da chiunque li abbia vissuti, mentre alla decade moderna venga sempre contestato di star vivendo in maniera apatica ed asessuata. 

sabato 4 dicembre 2021

Che cos'è la "Hollywood walk of fame"? - #CineFacts

La "Hollywood walk of fame" deve il proprio nome alle più conosciute e diffuse "Hall of fame", ossia l'espressione anglosassone che sta ad indicare un luogo, reale o figurato, nel quale vengono raccolti nominativi e/o cimeli vari che rappresentano o contraddistinguono qualcuno che si è dimostrato particolarmente rilevante in un determinato campo.


Nel caso della "Walk of fame" presente sulla collina di Hollywood, nella città di Los Angeles in California, si tratta di un "cammino" della fama, che non è altro che una serie di stelle, installate/incastonate a terra su entrambi i lati di alcuni marciapiedi, dedicate a coloro che si sono contraddistinti maggiormente in alcuni campi dello spettacolo.

Le stelle sono ad oggi più di 2700, questa "usanza" è iniziata a fine anni 50 e le categorie in cui si può essere riconosciuti meritevoli sono cinque : cinema, musica, televisione, teatro e radio. Ma non sono i dati o le tecnicalità ad aver dato fascino e risalto alla cosa, quanto l'iniziativa in se e per se che ancora oggi, nonostante notevoli alti e bassi nel corso delle decadi e momenti di reale degrado, riscuote un certo apprezzamento come onoreficenza, sia da chi ne viene insignito sia dai media per quanto risalto le danno. Naturalmente questa terminologia a riguardo della cosa è tutta licenza poetica perché è solitamente riservata a chi riceva titoli. 

                                      

Una curiosità, è come per ottenere una stella non sia necessario essere un personaggio reale, ne è presente infatti per esempio una intitola a Topolino (e molte altre a personaggi dei cartoni e non). 
Per quanto riguarda il Belpaese, sono 14 le stelle già assegnate ad Italiani, alle quali si andranno presto ad aggiungere quelle a Giancarlo Giannini e Luciano Pavarotti, e tra le quali la numero 2000 è intitolata a Sophia Loren.

mercoledì 1 dicembre 2021

Point Break - (1991) #Recensione

Partiamo dall'ovvio, il titolo, sicuramente azzeccato, sufficientemente misterioso, perché si tratta di un termine gergale surfistico e quindi sconosciuto ai più, che sta ad indicare un particolare tipo di fondale marino e certamente più intrigante e meno scontato delle altre idee inizialmente proposte dalla produzione, ossia "Jonnhy Utah" e "Riders of the storm".

Anche la trama risulta indovinata, ed anch'essa si potrebbe catalogare come semplice ma non scontata.
Un ex quarterback di football americano entra nell'F.B.I. e viene, dopo solo pochi anni, per meriti acquisiti, trasferito in California dove insieme al nuovo partner cercherà di scoprire chi si nasconda dietro ad una banda di rapinatori che continua a delinquere impunita da ormai 3 anni.
Piccolo spoiler, dopo le prime scene iniziali di presentazione, viene rivelato il sospetto che si possa trattare di persone legate all'ambiente del surf, il che comporta quasi inevitabilmente la necessità di avere un infiltrato all'interno di quel mondo..


Nota curiosa è come anche il film Fast & Furious, che riscosse altrettanto successo perché trattava anch'esso un tema poco sviscerato nella cinematografia, come le corse clandestine, ebbe la stessa medesima trama dell'infiltrazione di un poliziotto, che poi si appassiona molto, forse troppo, al nuovo mondo che scopre..

Altra nota positiva è la recitazione di Keanu Reeves, che non fu la prima scelta per il film, furono infatti contattati vari altri attori, di fama maggiore (al tempo Reeves era relativamente sconosciuto al grande pubblico), ma fu il regista ad insistere personalmente contro le opinioni della produzione, per poter aver specificamente Reeves.
Nessuno mette in dubbio che Val Kilmer, altro provinato per il ruolo, avrebbe fatto un lavoro eccellente, date le sue qualità e che sicuramente fosse fisicamente adatto al ruolo, ma è da sottolineare come Keanu Reeves non abbia fatto rimpiangere nessuno, apparendo molto credibile, sia nel ruolo di poliziotto che in quello di surfista, mostrando bene tutte le emozioni che il suo personaggio era costretto ad esprimere ed amalgamandosi bene con il resto del cast.
Resto del cast che si è comportato altrettanto degnamente, dal coprotagonista Patrick Swayze, sempre in bilico nella mente dello spettatore tra l'essere il buono o il cattivo del film, passando per le ottime performance di Gary Busey come spalla di Reeves e di Lori Petty come bella e razionale presenza femminile nel gruppo, fino alla buona recitazione di John C. McGinley (Ben noto dottore della serie Scrubs negli anni successivi) e di Tom Sizemore, sempre lunatico e dirompente al punto giusto. 

Note dolenti forse sono l'invecchiamento, figurato, della pellicola, ossia il fatto che alcune battute appartengano a qualcosa di ormai non più socialmente accettabile al giorno d'oggi, e la traduzione sempre di alcune battute in Italiano, per dirne una, un presidente viene "eletto", non viene "promosso", li si è persa un'ottima occasione per rimanere fedeli al tema. 


In conclusione è un film che è difficile consigliare a tutti, specialmente a 30 anni dalla sua uscita, ma che alla visione permetta ancora di respirare l'atmosfera del perchè al tempo sia stato considerato un film di culto. 
Molti film anni 90, come anche Fight Club, per dirne uno, trattavano il tema della restrizione delle libertà umane in occidente e della voglia di sentirsi invece ancora vivi eludendole, anche questo film lo fa e direi sotto questo aspetto si coglie bene il binomio tra vita da surf e libertà, certamente tanto quanto se ne capisce l'assenza nella vita d'ufficio di Edward Norton in Fight Club. 
E se davvero non bastasse un "tuffo" col paracadute per descrivere la libertà in una sola immagine, questo film possiede anche un "inseguimento" in caduta libera.. per gli appassionati del genere deve essere certamente una scena memorabile. 





Jimmy Carr, uno dei re del Black humor.