lunedì 8 agosto 2022

Flee (2021) #Recensione

 Flee (Il titolo della versione originale è rimasto invariato in quella italiana, la parola tradotta dall'inglese significa "fuggire"), è un documentario uscito nel 2021 per mano ancora una volta del fertile cinema danese di questi anni. 

La storia è quella di un giovane afgano, nato e cresciuto con la sua famiglia nella propria terra, che si vede togliere a piccoli pezzi tutto quello in cui crede e su cui basava la propria vita. Prima viene portato via il padre, arrestato ed imprigionato dalla polizia di stato, di cui verranno perse definitivamente le tracce. Poi tocca pian piano agli altri familiari, chi riesce di propria iniziativa ad andarsene ed a crearsi un futuro migliore, chi viene cercato per finire a combattere nella guerra scoppiata in quegli anni, fino ad arrivare alla propria casa, quella in cui il protagonista è cresciuto, che finisce per dover essere lasciata in tenerà età, con un preavviso di poche ore, potendo prendere davvero soltanto quello che poteva essere messo in tasca.

Fin dalla sua uscita è stato particolarmente ben accolto dalla critica, compresa quella d'oltre oceano, con addirittura tre candidature agli oscar, che però poi non hanno fruttato nessuna statuetta.
 
 
La realizzazione è certamente particolare, è una sorta di intervista a mosaico, registrata in vari momenti e poi assemblata come un puzzle. Un audio originale sullo sfondo di immagini animate, mixate con documenti video dell'epoca, visto che si parla di eventi di oltre 30 anni fa.
 
A livello tecnico è difficile da poter analizzare a fondo o anche soltanto persino commentare, data la mancanza di termini di paragone per un non appassionato del genere, ma è possibile e doveroso analizzarne l'aspetto umano. 
I fatti narrati dal protagonista, le sue mille fughe e peripezie, incertezze e paure personali vissute all'interno di drammi nazionali, come la guerra in Afganistan o la crisi post caduta del muro di Berlino in Russia, sono tutti certamente toccanti. Tuttavia non è cosi facile simpatizzare con il protagonista, forse proprio per scelta del regista, di voler mostrare, in questo caso far udire, anche tutte le sue sfaccettature non piacevoli, forse per renderlo ancor più umano e più reale possibile, per dimostrare che la sua vita non è un film ma una cosa che potrebbe capitare a tutti. 
Succede dunque di scoprire anche dei tratti di arrivismo e di opportunismo nel carattere del protagonista, e questo forse è appunto giusto per far capire che in tutto il male che ha ricevuto non è stato un santo o soltanto un martire, e per discostare tutto il racconto dalla Disney ed avvicinarlo alla vita di tutti i giorni ed alle sue problematiche.

In conclusione un documentario a tratti avvincente ed a tratti superfluo, con aneddoti stupefacenti e sconcertanti, e con qualche suspence gratuita che non aggiunge niente di valore alla storia, adatto più o meno a tutti (anche se ha ricevuto delle restrizioni in alcuni paesi), se non altro per far aprire gli occhi su argomenti e comportamenti che spesso passano inosservati, e che tratta tematiche moderne, come l'omosessualità, i diritti civili ed umani, e la ricerca della propria strada, cercando di risvegliare conscienze senza megafoni ne violenze, ma semplicemente facendo manifesto del fatto che siamo tutti sulla stessa barca.

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