lunedì 28 febbraio 2022

Gli ordini sono ordini (1972) Monica Vitti #Recensione

 Gli ordini sono ordini è un film che ormai ha compiuto mezzo secolo di età, tuttavia tratta temi estremamente attuali, per i quali la gente ancora combatte e verso i quali l'opinione pubblica si è maggiormente sensibilizzata nel tempo.

La storia è quella di una casalinga (la recentemente scomparsa Monica Vitti), che insconsciamente inizia a nutrire frustrazione e disprezzo per la propria vita e condizione, tanto da iniziare a sentire delle voci interiori, che inizialmente interpreta come esterne, che la costringono a fare cose solo apparentemente contro il proprio volere. 

Il primo bersaglio, perchè maggiore responsabile delle sue insoddisfazioni ed anche perchè è il più a tiro, diventa il marito. Viene dunque cacciata di casa da quest'ultimo ed inizia una nuova vità, più libera e libertina, che la porterà ad affrontare tutta una serie di problematiche di rapporti sociali e vivere finalmente tutto il meritato range di emozioni che la mente ed il corpo umani permettono di provare.

 
(L'immagine, centro di Padova, si riferisce al tema sculture ed al fatto che il film sia stato girato prevalentemente in tale città)
 
Purtroppo però la commedia dopo un buon inizio, in cui lo spettatore viene attratto dalla particolarità della protagonista con tutti i suoi atteggiamenti incongruenti, ed incuriosito da quale sia il messaggio e lo scopo finale di tali voci, tende a risultare ripetitiva, sia nei personaggi che nei concetti. Probabilmente voleva essere rappresentato come una giovane donna a quei tempi, una volta abbandonato il tetto coniugale, fosse vista come una persona senza meta e senza futuro, ed in questo certo la pellicola e le mille espressioni di Monica Vitti riescono. Rimane però il fatto che non riesca ad essere un crescendo di interesse per queste vicissitudini da parte dello spettatore, come probabilmente invece era l'intento. 

La qualità audio e video è quella dell'epoca, e congrua al budget usato, quindi niente di tremendo o stupefacente da segnalare. In negativo però stupiscono alcune performance recitative, quella di Gigi Proietti infatti aggiunge molto poco alla storia e all'interesse per il suo personaggio, che tuttavia però puo essere stimolato dalle opere che porta e rappresenta in scena. Vere e proprie installazioni artistiche gigantesche, dell'artista Mario Ceroli.

Difficile consigliare il film sotto l'aspetto "Commedia italiana", probabilmente vista tutta la concorrenza conviene virare su altri classici. Lo stesso vale se si volesse segnalare specificamente uno dei lavori con Monica Vitti come protagonista, si può trovare di meglio. 



sabato 26 febbraio 2022

La ragazza del palio (1957) #Recensione


 La ragazza del palio (titolo in inglese : The Love Specialist) è una produzione italo-francese, anche se il binomio culturale in azione ed in contrasto nel film è composto quasi esclusivamente da riferimenti all'italia ed all'america. 

Si tratta di una commedia sentimentale con protagonisti la povera ma bella americana Diana Dixon (l'attrice Diana Dors, britannica), ed il "Principe di Montalcino" (fittizio titolo nobiliare attribuito al coprotagonista Vittorio Gassman). 

Una vincità in tv porta la giovane Diana a coronare il sogno di visitare l'Italia per la prima volta, di cui già conosce molto sulla sua storia, che l'aveva sempre affascinata, prima di fare ritorno alla propria piccola cittadina del Texas ed accettare il proprio destino di dover entrare a lavorare nel distributore di benzina a conduzione familiare del padre, per il resto della propria vita. 
Una volta nel belpaese, in Toscana per la precisione, incontra, o meglio si scontra  con la propria auto, con il suddetto principe. Da tale incontro iniziera una storia d'amore che necessiterà di molto tempo per carburare ed assestarsi, e che vivrà dei timori di non essere al corrente della verità e del sincero volere l'uno dell'altra.
 
 

Alcuni temi rimangono costanti per tutto il film, uno di questi è quello del denaro, che appare a livello societario e nell'immaginario collettivo, come uno dei principali valori e maggiori contributori alla felicità.
Ci sono molti risvolti nella trama riguardo a tale temà però, la povertà della giovane viene inizialmente scambiata per l'opposto a causa della vincita, e cosi sarà anche per altri personaggi nel film, che non è possibile nominare per non rovinare il poco di rovinabile, ma la cui situazione economica verrà supposta completamente al contrario di come sia efffettivamente.
Il tema rimane presente anche nell'aspetto palio (Palio di Siena), dove il denaro viene usato per corrompere fantini, pratica descritta come abituale, e rimane appunto come leitmotiv per tutto il film, sotto forma di proposte scommesse, costose riparazioni di auto, conti alberghieri da saldare e proposte di scommesse.

Altro tema sempre presente è quello dell'Italia da visitare, come non è stato infatti nascosto, il film fu fatto con lo scopo principale di attrarre il turismo straniero. Si vedono dunque numerose bellezze artistiche e storiche della Toscana, in particolare di Siena dove il film è ambientato. Molte di esse raggiunte con cene a 150 km di distanza non facilissime da motivare allo spettatore, come la visita a Collodi, o con colazioni altrettanto fuori mano per mostrare Piazza dei Miracoli (Pisa). La città di Siena in particolare viene mostrata in parecchi dei suoi aspetti caratteristici, come gli stretti ma affascinanti vicoli, la vista dalla finestra del centro arroccato sulla collina, la particolarità di Piazza del campo, e naturamente la sua manisfestazione più storica ed a cui la gente del posto è più legata, il palio. Difficile dire da non autoctoni quanto sia stata riportata fedelmente nella pellicola, tuttavia nonostante il film sia stato stroncato unanimamente dalla critica italiana, in parte ottiene il suo obbiettivo di incuriosire riguardo a tali terre. 
 
Per concludere, il tema dell'amore, immancabile in una commedia del genere ed impossibile da eludere specialmente se si parla d'Italia. Sotto questo aspetto il film appare piuttosto piatto, la chimica tra i due protagonisti sembra proprio non esserci, o almeno ve ne è giusto il minimo necessario per far parteggiare per la loro unione ed un lieto fine, ma non porta davvero lo spettatore a vivere tutta la serie di emozioni che un argomento del genere dovrebbe suscitare. 
 
Inutile analizzare singolarmente le performance recitative dei partecipanti, perchè l'opera rimane appunto quello che è, più un prodotto commerciale che artistico, ma a livello di curiosità si può segnalare come la cattiva di turno sia Franca Valeri, scomparsa proprio di recente all'età di 100 anni.

lunedì 21 febbraio 2022

Emma Peeters (2018) #Recensione

Emma Peeters (il titolo è rimasto invariato dall'originale) è un film belga-canadese del 2018, anche se le riprese e le scene si svolgono quasi tutte nella città di Parigi. La protagonista però è effettivamente belga (l'attrice è canadese), ed è anche colei che da il nome al film e su cui si incentra tutta la storia. 

La storia è appunto quella di una giovane, o non più giovane come di fatto inizia a sentirsi, aspirante attrice che trasferitasi dal belgio a Parigi, si accorge di non aver concluso molto, o a suo dire nulla, nei 15 anni trascorsi nella capitale. Tutto il suo partecipare a provini e corsi cercando di arrivare da qualche parte con la recitazione durante tutto quel tempo, le ha fatto ottenere di fatto soltanto una leggera notierietà per una pubblicità di un detersivo, di cui lei stessa si vergogna ad avervi preso parte.
Costretta saltuariamente a fare lavoretti più comuni come vendere televisori, in cui a dire il vero sembra riuscire anche oggettivamente bene, considera quelle soddisfazioni non abbastanza, e quelle mansioni come ruoli per persone sostanzialmente meno intelligenti. 
Entra quindi in scena il tema del suicidio, presente per tutto il resto del film, che lei cerca di raggiungere pianificandolo in anticipo fino alla scelta esatta del giorno. Dichiarando persa la guerra e cercando di vincere almeno l'ultima battaglia. 

 
Il personaggio fin qua descritto potrebbe apparire come altezzoso, ed almeno nei comportamenti in molti casi è cosi, ma nel profondo è una persona caritatevole. La sua mancanza apparente di empatia e scontrosità verso il mondo, è soltanto dettata dalle sue frustrazioni, ormai somatizzate, a cui nemmeno lei crede più che la possano abbandonare.
Anche la pellicola non è cosi macabra come potrebbe apparire leggendo questo riassunto della trama. Certo, il tema principale è quello detto, ma viene trattato in maniera molto ironica, o almeno il film ci prova, essendo appunto una commedia sentimentale. 
 
La protagonista ha un certo magnetismo sullo schermo, sottolineata dai molteplici e lunghi primi piani sulle sue espressioni che il regista le dedica. Anche il rapporto con il coprotagonista, che stenta un po' ad apparire congruo, trova alla fine la sua alchimia.

Purtroppo però molti aspetti del film falliscono, a partire proprio dall'ironia, non basta infatti la classica vagonata di scene in cui l'impacciataggine e sbadataggine dei protagonisti creano situazioni in stile cinema muto. Come non bastano i personaggi principali tutti singolari che dovrebbero apparire comici nelle loro stranezze. Il risultato è piuttosto piatto per tutto il film.

Menzione a parte merita il tema del suicidio, che nel film vuole esssere trattato in maniera leggera, cercando di mostrarne le possibili dinamiche, gli stati d'animo e le eventuali conseguenze, senza usare toni scuri o scenari cupi, ma tentando di metterne in luce le sue assurdità e la mancanza talvolta di reali motivazioni dietro a tale gesto. Tuttavia rimane forse sempre troppo nel campo della commedia, e non permette reali spunti di riflessione profondi. 

In sostanza un film che avrebbe anche potuto essere adatto per riempire una serata vuota, ma che a causa del suo tema principale, rende la visione un po' più complicata se fosse fatta in compagnia.

venerdì 18 febbraio 2022

Che cosa significa "Cast"? #Curiosità

 La parola inglese Cast è ormai entrata nel nostro dizionario, in modo inalterato, e sta a rappresentare quello che significa anche per tutto il mondo anglosassone, ossia l'insieme degli attori che prenderanno parte ad uno specifico film.

Tuttavia, quello è soltanto uno dei tipi di cast, quello artistico. Esiste infatti, anche il cast tecnico, che altro non è che l'insieme dei tecnici che supporteranno e dirigeranno tutte le azioni di contorno alla recitazione.

La selezione del cast, si chiama Casting, ed anche questa parola sta piano piano appaiando e forse sostituirà, la nostra dicitura, appunto "selezione". Mentre la parola "audizione", già sufficientemente simile all'inglese "audition", non è stata ancora toccata. 

La spiegazione del perchè si dica casting, potrebbe essere data dal fatto che tale parola in inglese significa "colare", come si fa con uno stampo dove venga versato del liquido perchè poi solidificandosi prenda la forma desiderata. Potrebbe dunque stare a rappresentare come si cerchi di selezionare la figura che si vuole abbia più possibile le sembianze e caratteristiche del risultato finale. 


lunedì 14 febbraio 2022

Goon (2011) #Recensione

Piaciuto alla critica, fallimentare al botteghino, apprezzato negli anni successivi sui servizi di streaming video. 

Goon è un film del 2011, con consistenti inflessioni canadesi, anche dialettali (nella versione originale). Parla infatti di un campionato canadese di Hockey non di primo livello, e la sua sceneggiatura, basata su di un libro che raccoglieva a sua volta aneddoti veri riguardanti tale sport, è stata scritta da Jay Baruchel, di Ottawa, che prende anche parte al film come attore. 

 

La storia è quella di un giocatore, Doug, e del suo conflittuale rapporto con l'hockey, dove è abile, soprattutto nella parte delle risse in campo, ma che una volta steso malamente da un avversario, attraversa una crisi esistenziale, tanto da dover cambiare lavoro e rischiare di minare la propria relazione sentimentale. 

Il film è catalogato come commedia, commedia sportiva in alcuni casi per la precisione, ma è una informazione che sembra dirottare un po' fuori dai contenuti effettivi del film. La parte di commedia è spesso sovrastata da immagini al limite del macabro, alcune quasi splatter, da un linguaggio scurrile e martellante che saturerebbe le orecchie anche di un adolescente. L'attesa ironia, vista anche la presenza di Sean William Scott (American Pie) e lo stesso Jay Baruchel (presente in molteplici commedie divertenti americane di successo) è presente soltanto in rarissimi sprazzi e spesso scade proprio nel cattivo gusto e nell'accanimento terapeutico nel voler salvare una scena ormai deturpata da troppi altri fattori. La parte sportiva è un'altro grande punto interrogativo per lo spettatore, perchè poche veramente sono le scene di movimento sulla pista da hockey, mentre innumerevoli e spessissimo gratuite sono le risse in campo, che si protraggono per minuti interi. 
Un dettaglio decisamente poco chiaro è la figura del cattivo di turno, che non ne ha nè le sembianze, nè l'atteggiamento, e che naviga per inerzia per tutto il film sul filo del diventare un possibile alleato del protagonista, ma ciò non accade mai. 
Ad aggiungere la beffa al danno, è la costante lentezza del film, che tra un pugno e l'altro, si trascina stancamente in inquadrature, dialoghi, e momenti, che poco aggiungono alla trama ed al possibile interesse da parte dello spettatore. 
 
In generale un film che sorprende per quanto sia stato di fatto apprezzato, e che di salvabile ha la figura di Sean William Scott, che se pur non brilli in questa pellicola, rimane sempre una faccia caratteristica, fotogenica, e carismatica, che nonostante si sia fatta largo nel mondo del cinema quasi esclisivamente con commedie divertenti, non sembra del tutto impreparato a ricoprire ruoli più drammatici.

Ne è stato realizzato addirittura un sequel, dal nome (rimasto in alterato dall'originale) Goon : Last of the enforcers, e lo stesso sceneggiatore ha espresso interesse a scriverne un terzo capitolo.


venerdì 11 febbraio 2022

Ricky Gervais, sarà stata l'ultima volta ai Golden Globes?! #CineFacts

 Ricky Gervais è un attore, comico, regista e molto altro, britannico. Ma forse il "titolo" a cui tiene più di tutti è quello di sceneggiatore (campo nel quale ha creato la serie televisiva The Office nella sua versione originale d'oltremanica) categoria che sceglie spesso di difendere, con autoironia, nei suoi discorsi pubblici facendo trasparire, ed è difficile dargli torto, che venga spesso sottovalutata se non snobbata. 

Uno dei momenti in cui ha esposto questo pensiero è stato agli annuali Golden Globes, premio americano che dopo gli Oscar e gli Emmy risulta essere il maggior riconoscimento per chi lavora "dentro" uno schermo.

La domanda del titolo è reale, avendoli già presentati per ben cinque volte (2010, 2011, 2012, 2016, 2020) ed avendo dichiarato quasi sempre, principalmente all'interno delle sue battute, come non li avrebbe più ripresentati, dopo ogni volta. Questa però sembrerebbe essere stata quella decisiva. 

Nel frattempo monta sempre più insistente tra i fan, non solo suoi ma di tutto il mondo cinematografico, il sogno di vederlo in prima linea a presentare gli Oscar, per svecchiare e risvegliare un po l'evento, dall'essere una cerimonia ormai percepita da molti come scontata e fiacca. 

Ma che cosa hanno avuto di speciale queste sue "performance" come presentatore ai Golden Globes tanto da scioccare i presenti ed il pubblico a casa, in maniere differenti, e da farlo tornare cosi tante volte su quel palco.

                                     

 Innanzitutto di vere e proprie performance si puo parlare, perche per quanto superficialmente alcuni li abbiano chiamati insulti o simili, erano tutte battute ben studiate, scritte ed adattata alla situazione, ed anche di notevole livello, sia quando sono suonate come critiche, sia quando sono apparse come esagerazioni della realtà.

La caratteristica principale che ha portato ad essere cosi sorprendente e sconvolgente la sua presentazione è stata, costante negli anni, quella di aver portato semplicemente il duro e crudo humour british ed averlo usato in maniera diretta nei confronti delle personalità più conosciute ed influenti nel mondo del cinema americano e non solo. 

 Li ha chiamati, nelle varie edizioni, "Pervertiti" (in riferimento ai molteplici scandali sessuali che hanno costellato Hollywood negli ultimi anni), gli ha ricordato che "a nessuno importa tanto di quel premio quanto a loro, di fare quindi discorsi di ringraziamento brevi", ha puntualizzato più volte quanto la cerimonia sia incredibilmente lunga e sostanzialmente superflua nella sua formula, e molto altro.

Tutto suona critico ed irrispettoso ad una lettura, ma nella realtà.. i suoi monologhi iniziali sono stati azzeccatissimi e divertentissimi ogni anno, e le sue presentazioni degli ospiti durante la serata, non hanno mai mancato di cogliere l'aspetto più sopravvalutato o apparentemente intoccabile di ognuno di loro. 

Molti, tantissimi, colpi sono stati dati sotto la cintura, ma quasi nessuno a voler far realmente male, e certamente per un mondo imbalsamato nella propria perfezione come quello Hollywoodiano, sentir qualcuno non allienato al politically correct, addirittura in una serata del genere, è stata una ventata, anzi una tormenta, di aria fresca. Il risultato, e la ragione per cui è stato più volte richiamato a presentare nuovamente, è che in una notte dedicata alle stelle del cinema di tutto il cielo planetario, la più brillante è stata proprio la sua.

martedì 8 febbraio 2022

Mister Morgan - 2013 #Recensione

Qualcosa di consistente è andato storto..

Mister Morgan (Titolo originale : Mr. Morgan's last love) è una commedia drammatico-romantica girata nel 2011 ed uscita nel 2013. Narra la ultime vicende di vita di un benestante professore americano di Princeton in pensione, trasferitosi a Parigi per passare li gli ultimi anni di vita della moglie, ormai malata terminale di cancro. Una volta perduta lei, inizia a condurre una vita molto abitudinaria, sedentaria ed asociale. Nella sua ruotine settimanale pochi eventi e poche persone, fino a che tutto cambia, e la malinconia e l'inerzia, vengono spezzate dall'incontro con una giovane ballerina.

Il film analizza cercando di andare in profondità, molti temi, anche parecchio complessi. Come i rapporti familiari, quelli di coppia, la perdita di persone care, le eredità sia materiali che genetiche, le relazioni a distanza, e molto altro.. purtroppo però, fallisce, ed è difficile per lo spettatore trovarne una causa ben chiara da sacrificare all'altare della delusione generica una volta terminata la pellicola.

 
La partenza era una di quelle in cui si dovrebbe quantomeno cadere in piedi, il film è infatti tratto da un romanzo "La douceur assassine", e quindi un qualcosa di già venduto e già apprezzato, ma in poche scene i dialoghi creano davvero una decente suspence, e in pochissimi casi risultano realmente originali. 
Difficile dire se siano le ambientazioni, il film è girato tra Parigi ed altri splendidi scenari europei, a cui viene data una certa rilevanza nel film, ma che forse non vengono valorizzati o sfruttati a dovere.
Anche il cast, con Michael Caine come protagonista, avrebbe dovuto essere abbastanza inattaccabile, ed invece appare proprio slegato, senza amalgama, e la stessa chimica tra i due protagonisti, che viene descritta come elemento trainante di tutte le reazioni a catena nel film, appare insignificante o del tutto assente. 
 
Volendo trovare l'elemento migliore e quello peggiore del film, si potrebbe dire che la frase ad effetto "C'è una crepa in ogni cosa. Ed è da li che entra la luce", di una delle canzoni di Leonard Cohen, era sicuramente adatta alla sceneggiature, ed è forse il momento piu illuminato del film.

L'aspetto peggiore, e qui è una questione tutta nostrana, è stato il doppiaggio. Non in quanto tale, ma prevalentemente la scelta a monte di volerlo fare. E' infatti un film di interazioni tra anglofoni e francofoni, tra bilingue e praticanti alle prime armi, e c'è quindi un continuo susseguirsi di cambiamenti di idioma, di accenti piu o meno forzati, oltre ovviamente alla miriade di sfumature linguistiche, tra doppi sensi e modi di dire, che vengono come quasi sempre accade, perduti nella traduzione. La critica ad ogni modo non è generica all'idea del doppiare, ma specifica per una pellicola che sicuramente ha perso tanto, probabilmente troppo, da una scelta del genere, e questo è stato verosimilmente l'ago della bilancia più papabile ..della delusione suscitata dal film.

 

 


venerdì 4 febbraio 2022

Che strano chiamarsi Federico (2013)

Una delle recensioni più difficili perchè quando si parla di mostri sacri le opinioni vengono maggiormente vivisezionate, come se si scrivesse una critica ad un qualcosa realizzato da Kubrick, tuttavia non sono tutte rose e fiori in questo film. 

Ettore Scola racconta Federico Fellini, nell'ultimo dei film che dirigerà, scomparirà infatti soltanto 3 anni dopo. Il racconto è come lo definì lui stesso in una intervista "un album di fotografie", di fatto una sorta di docufilm, piuttosto originale, dopo si ripercorre la vita del "maestro", come veniva appellato, attraverso i fatti salienti che la contraddistinsero, usando sia reperti audio e video dell'epoca, che ricostruzioni con attori ed una voce fuori campo ad amalgamare il tutto. 

Per non aggiungere complicatezza ad una figura, quella felliniana, già piena di sfaccettature, ed ad una ricostruzione cinematografica già sufficientemente articolata, si potrebbe fare un semplice elenco di quello è sembrato positivo e negativo al suo interno.

Sicuramente come detto è un riassunto fatto in modo particolare, unendo molte delle altre arti, oltre a quella cinematografica, come la pittura ed il teatro. La stessa scena iniziale, senza fare spoiler, sembra appartenere più ad un teatro di strada che al cinema, strada tema molto caro a Fellini, confermato e dipinto in molte altre scene da Scola, compreso un incontro con un madonnaro. 

Viene anche dato, giustamente, risalto, al "Teatro 5", un po' la casa di Fellini, dove, all'interno di Cinecittà, ha girato gran parte delle scene delle sue pellicole e che è stato poi a lui dedicato dopo la sua scomparsa.

Positiva anche la scelta della transizione dal "bianco e nero" al "a colori", durante la narrazione. Perchè di fatto cosi accadde, al tempo si diffuse questa nuova tecnologia, ed è cosi che giustamente Scola ha valorizzato questo aspetto. Scelta semplice ed efficace, o forse semplicemente obbligata.

 
Nei pregi sicuramente e forse più di tutto, come detto l'aspetto di originalità, non è un classico docufilm ed il modo in cui vengono rivissuti i fatti, anche sotto forma di colori, inquadrature e tempistiche, lo rendono decisamente particolare. 

Di contro però.. 

Tutto questo distacco dai canoni classici di una narrazione lineare, rendono questo "album fotografico" un po' slegato. Proprio come accade appunto ad un album, dove per andare avanti non si gira una manovella che avvolge una pellicola, ma si va a scatti, saltando da una pagina all'altra.

La stessa satira, chiave della vita del "bugiardo cronico" Fellini, elemento comune di inizio carriera e leitmotiv di essa, sia per Scola che Fellini, nelle scene al Marco Aurelio, giornale per il quale entrambi, in momenti diversi, scrissero, non colpisce particolarmente.

Stupisce anche la grande assenza di Giulietta Masina, compagna di una vita e mezza mela di Federico Fellini, che nel film appare soltanto in pochi documenti video dell'epoca, senza avere il vero ruolo di primo piano sia nella vita personale che cinematografica felliniana, che lo stesso Fellini le assegnò.

In sostanza è una ricostruzione in molti momenti poco avvincente, a tratti persino noiosa, con però diversi picchi molto interessanti e filosofici. La ricostruzione e visione personale di un mostro sacro del cinema riguardo ad un suo pari, ed è forse un post troppo nozionistico, ma come detto, è difficile esprire concetti personali da amatore quando si parla di un "maestro" del cinema.

martedì 1 febbraio 2022

La carica dei 101 post - #TraguardiBlog

Qualche riga celebrativa alla luce del fatto che 101 post sono già andati in archivio, come sta a rappresentare il piccolo dalmata in rappresentanza di tutta la sua ciurma. 

Un ringraziamento generalizzato, a tutti coloro che seguono il blog, anche saltuariamente, a tutti quelli che sono capitati qua per caso, ed a tutti quelli che potrebbero farlo.

Ricordando che chiunque avesse suggerimenti di qualsiasi tipo o volesse contribuire in qualsiasi forma, puo scrivere all'indirizzo e-mail Paolosantini@email.com

E vista tutta questa produzione di post, potrebbe essere dunque questa l'occasione adatta per spiegare che cosa significhi il termine tecnico cinematografico "post-produzione", che non ha molto a che fare con quello che oggi grazie ai social potrebbe sembrare voler dire.

La spiegazione letterale è piuttosto semplice, "post" dal Latino "dopo" e "produzione" ossia dopo che il film è stato girato ma deve essere ultimato e rivisto, formano insieme un termine utilizzato dagli addetti ai lavori, ma non spefico del mondo del cinema, che definisce l'ultimo stadio della realizzazione di un film, prima che venga distribuito al pubblico.


Jimmy Carr, uno dei re del Black humor.