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mercoledì 6 aprile 2022

SAW, L'enigmista. Vince ma non convince. #Recensione

Quello che oggi si può definire come il primo capitolo della saga di SAW, è stato ormai consegnato alla storia come un must della cinematografia mondiale. Forse non il capitolo più apprezzato qualitativamente, ma certamente innovativo e che si è confermato come ottimo franchise a livello di incassi nei capitoli successivi.
Sicuramente la produzione aveva poco da perdere, e questo è possibile che sia stato di aiuto. 
L'intero film è stato girato in meno di 20 giorni e lo stesso budget era piuttosto irrisorio, a fronte invece di un successo enorme al botteghino. 
 
La trama della pellicola è tanto semplice quanto la sua ambientazione.
Due sconosciuti si risvegliano all'interno di una stanza sotterranea, con al centro della quale un cadavere a faccia in giu. Entrambi legati alla parete da pesanti catene di metallo, iniziano una titubante interazione verbale, che li porterà a scoprire ed ammettere molte cose riguardo al loro passato.
In pratica, qualcuno li vuole li, vuole specificamente loro, e vuole "fare un gioco" proprio con loro due. 
Il "gioco", non è altro che un estenuante gioco psicologico, condito da indizi ed indovinelli, spesso i primi come risultato dei secondi. Ma è anche un gioco fisico, tanto che metterà a rischio in diversi frangenti, la vita degli stessi. La caratteristica dominante di tutte le prove che devono superare, è la moralità, o meglio, quella che non hanno avuto in passato, e per cui rischiano di dover pagare pegno.
Il resto sono molte scene esterne, altrettanti flashback, ed alcuni colpi di scena piuttosto interessanti. 

Tuttavia tutto questo non basta. L'ambientazione è forse uno degli elementi migliori, nella sua essenzialità, non pecca ne di realismo, nè di apparire agghiacciante e sinistra come vorrebbe risultare.


Ma dove fa storcere il naso questa pellicola di ormai quasi 20 anni fa? Beh, un aspetto potrebbe essere la recitazione, dove nonostante la presenza di un Michael Emerson in un personaggio a lui calzante, in parte se si vuole simile a quello che ricoprirà a breve nelle serie televisive "Lost" e "Person of interest" e nonostante un perfettamente scritturato Tobin Bell, il resto del cast forse non è stato altrettanto brillante ed ispirato, ed in alcuni casi si può anche dire onestamente, non all'altezza, nella propria interpretazione.
Capitolo a parte è quello su Danny Glover, certamente il nome più rinomato di tutto il cast all'epoca, eppure non particolarmente accattivante come personaggio ne come interpretazione nemmeno lui. 
La croce del film ricade dunque principalmente sulla performance dei due protagonisti, che nel caso di Leigh Whannell aveva la scusante, o l'aggravante, di essere anche lo sceneggiatore del film.


Uno degli elementi essenziali del film, e non poteva essere altrimenti, è il trucco, che risulta in parte ben riuscito, sicuramente quello di Tobin Bell è ben fatto, in altri casi, come in molte scene riguardanti Cary Elwes sembra davvero stonare, il cerone per farlo apparire quasi completamente dissanguato, sembra piu adatto ad un clown. 

Una curiosità riguardante la pellicola, è come abbia lanciato il personaggio di Billy il pupazzo, poi diventato un'icona della saga, quasi più riconoscibile e conosciuta dei vari protagonisti in carne ed ossa. Si tratta di un pupazzo, dalle sembianze piuttosto sinistre, che si muove sopra ad un triciclo, spesso avvicinandosi ai soggetti costretti a prendere parte ai giochi, per consegnare o comunicare qualcosa. 

Nell'insieme è un film che ha meritato gran parte della propria fama per l'originalità, del soggetto soprattutto, ma che poi all'atto pratico non ha poi prodotto un risultato particolarmente accattivante, ne memorabile in quasi nessuno dei suoi aspetti principali, dalla colonna sonora alla recitazione, dagli effetti speciali alla sceneggiatura. Naturalmente essendo un orror, soffre anche forse più di altri, della difficolta a mantenere il proprio valore nelle visioni successive, saperne infatti il finale ne rovina il piacere di rivederlo più di altre pellicole. E' quindi difficile da consigliare a tutti per via della particolarità del genere, per via della non eccezionalità del prodotto finale, ed è difficile consigliare a qualcuno di rivederlo. Tuttavia rimane un must della cinematografia moderna e dunque un film che un vero appassionato di cinema debba vedere, anche se potrebbe non gradirne del tutto la visione. 


domenica 3 aprile 2022

Che cosa vuol dire "tagliare" nel mondo del cinema?


 Il verbo tagliare è molto usato quando si parla di cinematografia, da molti addetti ai lavori, per svariate ragioni, alcune delle quali risalenti anche ad un secolo fa, vediamo quali sono : 

Uno degli utilizzi, e dei significati, del verbo tagliare nel mondo del cinema è molto letterale, e riguarda semplicemente l'azione che serviva per procedere al montaggio delle scene quando ancora si usavano le bobine. Si trattava infatti di praticare tagli, e successivi incollaggi per congiungere la parti rimanenti, di parti di pellicola, ottenendo il risultato finale desiderato. 
Tale pratica è ovviamente sparita con l'avvento del digitale, ma ne è rimasta la dicitura per intendere quale parte di una scena togliere, in fase di montaggio. 
 
Un'altro utilizzo è quello durante le riprese, anche in inglese la dicitura è la stessa "Action" per iniziare le riprese (il nostro "azione"), e "cut" per dire al cameraman di interromperle (il nostro "taglia"). In entrambe le lingue tuttavia va ammesso che l'espressione "Stop" è diventata predominante ad oggi. 
 
Un terzo frangente è quello di riferirsi alle varie versioni di una pellicola, spesso con le scene censurate oppure con le scene volute dal regista e non incluse dalla produzione, con il termine "cut", sono infatti molto diffuse versioni o aggiunte, specialmente in formati come il dvd, delle "Director's cut", ossia la versione con i tagli scelti dal regista e non dalla produzione o dalla censura. Capita dunque che uno stesso film abbia persino 3 versioni, e che esse differiscano tra loro in lunghezza anche in maniera rilevante.

giovedì 31 marzo 2022

Buon compleanno Mr. Grape (1993) #Recensione


 Buon compleanno Mr. Grape (titolo originale : What's eating Girlbert Grape) è un film del 1993, con un cast che oggi verrebbe considerato quasi d'eccezione, ma che all'epoca, essendo i protagonisti ancora non affermati come lo sono oggi, fu possibile realizzarlo con un budget di "soli" 10 milioni di dollari. 

La storia riguarda una famiglia media americana che vive in una casa di proprietà, costruita dal padre scomparso, nelle campagne vicino ad un paese chiamato Endora. Tutti i figli si danno da fare in casa e fuori, dato che da dopo la morte del padre, la madre è diventata obesa e non lascia nemmeno più le mura di casa da anni. Oltre a queste difficoltà causate da scelte umane, ve ne è anche una di carattere naturale, ossia il fatto che uno dei figli, Arnie, sia affetto da autismo.

 
Il protagonista ufficiale del film è il personaggio di Gilbert Grape (Johnny Depp), ma come è opinione comune sia della critica che degli spettatori, la scena gli è stata quasi completamente rubata da una performance superlativa da parte di Leonardo Di Caprio (nei panni di Arnie Grape). Il giovane Di Caprio, diciannovenne al momento delle riprese, infatti, appare perfettamente a suo agio nella parte da caratterista e diventa il vero centro dell'attenzione nelle scene in cui è presente. Ottima la recitazione anche di tutto il resto del casta, dalle sorelle a tutti i personaggi di paese più o meno secondari con cui interagiscono i protagonisti.  

E' un film realizzato molto bene in tutti i suoi aspetti, dai dialoghi alle inquadrature, dai suoni ambientali alla colonna sonora vera e propria. La storia di per se è sufficentemente intrigante da tenere lo spettatore costantemente interessato nei confronti degli sviluppi delle vicende narrate. Il passo del film è adeguato e costante, i colpi di scena sono all'altezza di una storia particolare come quella che viene raccontata.

E' un film per tutti, nonostante abbia diversi aspetti di cinicità da parte di alcuni personaggi ed alcune scene velatamente macabre. Potrebbe quindi essere sconsigliabile soltanto per ragioni non tecniche, ma umane, magari a qualcuno che abbia vissuto vicende simili, per tutto il resto, è un film drammatico che tratta egregiamente tutti i temi che tocca, dall'obesità alle dinamiche tra fratelli, all'autismo.

La candidatura agli Oscar come miglior attore non protagonista per Leonardo Di Caprio, è la prova che dimostra quanto sia stata meritevole e memorabile la sua recitazione, purtroppo però è un riconoscimento proposto dalla critica, che ha apprezzato il film, ma non è accaduto altrettanto al botteghino, dove non si è riusciti nemmeno a riprendere i soldi spesi per la realizzazione della pellicola, tanto da farlo risultare ufficialmente un "box office bomb". 


lunedì 28 marzo 2022

Perche il film si chiama "Lord of war"?


Nel film intitolato "Lord of war" del 2005, (il titolo rimane invariato anche nella versione italiana), ci sono due episodi linguistici piuttosto curiosi, tanto da essere appunto uno dei due quello che da il nome al film.

Fanno entrambi parte di due distinte conversazioni tra Nicolas Cage, nel film interpreta un commerciante di armi internazionale, ed il sanguinario presidente della liberia, interpretato egregiamente dall'attore britannico Eamonn Walker.

Nel primo scambio di battute, Andrè Baptiste Sr (Walker) pronuncia la frase : "Nessuno può fermare questo lago di sangue", venendo corretto da Yuri Orlov (Cage) "Non si dice lago si sangue, si dice bagno di sangue!", al che Baptiste, prendendola bene, risponde "Grazie, ma preferisco dirlo a modo mio!".

In lingua originale la conversazione è praticamente identica, sia come forma che come contenuti, per la precisione "No one can stop this bath of blood" "It's not bath of blood, it's blood bath", "Thank you, but i prefer it my way"

Il secondo episodio, che avviene proprio poco dopo nel film e che ci interessa maggiormente perche è proprio quello che da il nome al film, è quello in cui Baptiste pronuncia la frase "Mi chiamano Dio della guerra, ma forse quello sei tu!", riferendosi a Yuri Orlov (Cage), il quale curiosamente ed amichevolmente risponde : "Non si dice Dio della guerra, si dice signore della guerra". Il diagolo si conclude con Baptiste che la prende nuovamente non sul personale, commenta "Ti ringrazio, ma preferisco dirlo a modo mio".

In ogirinale : "They call me the lorf of war, but perhaps it is you" "It's not lord of war, it's warlord!" "Thank you, but i prefer it my way".

E' dunque questo errore di forma, linguistico, che è stato preso ed usato come titolo del film, "Lord of war" è come appunto appena spiegato una forma scorretta di esprimere tale concetto, che è stata lasciata come titolo anche nella versione italiana. 

La spiegazione del perchè effettivamente si dica "Signore della guerra", sarebbe di poco interesse ad un appassionato del mondo cinematografico, ma è in grandi linee la traduzione dal tedesco Kriegsherr, ed inizio ad essere utilizzato circa un secolo fa per descrivere personaggi che apparivano sulle macerie di stati decaduti dove non vi è più un effettivo ed efficente controllo governativo. La parola venne prima  tradotta ed iniziata ad usare nella sua versione inglese "Warlord", e da li poi giunse anche alla nostra traduzione in "Signore della guerra"

211 - Rapina in corso (2018) #Recensione

"211 - Rapina in corso" (Il titolo originale è semplicemente "211", dal fatto che nello stato della California "211" è il codice interno alla polizia per intendere una rapina a mano armata) è un film del 2018, che potrebbe attrarre per due, per alcuni 3, caratteristiche, ma che un po' per tutti, finirebbe per deludere ampiamente. 

La trama è quella di una rapina ad una banca, che si materializza soltanto a 2/3 del film, intorno alla quale ruotano le vite di tutti i protagonisti, e le lunghe prefazioni, partite fin dall'insubordinazione di continegenti militari in Afghanistan e risse adolescentesche a scuola, condite con digressioni sulle singole vite private di alcuni personaggi, trovano il loro centro di congiunzione. Come un magnete, finiscono tutti catalizzati e coinvolti nei pressi della rapina, in un turbinio di proiettili e sentimenti che ha più del cringe che del thrilling.

Le sovracitate ragioni sono :  
 
Il fatto di essere basato su di una rapina vera, accaduta a Los Angeles a fine anni 90, nella quale dei rapinatori pesantemente armati, ingaggiarono uno scontro a fuoco con la polizia, rimanendone uccisi, e ferendo una ventina di persone tra civili ed agenti. Purtroppo però, un po' tutto il film, e lo scontro a fuoco non è da meno, risulta poco avvincente e si potrebbe tranquillamente dire anche poco realistico in molti dei suoi aspetti. Soprattutto per le espressioni dei coinvolti, a tratti tutt'altro che affannate ed allarmate, tanto da farla sembrare più una esercitazione.

La seconda è la presenza di Nicholas cage, salvo per chi non possa proprio specificamente reggere il suo modo di recitare. Le sue difficoltà finanziare degli ultimi anni sono ben note a tutti, ed altrettanto il fatto che sia volente o nolente finito a prendere parte un po' a quasi tutto quello che gli venga proposto, tuttavia il livello di questo film è allarmantemente basso, ed in pochi 20 anni fa avrebbero immaginato di vederlo in pellicole del genere. 

La terza, per alcuni un pregio spesso ricercato, è la "lunghezza", il film dura soltanto 78 minuti effettivi, che si fanno comunque sentire per lentezza e spesso carenza vera e propria di contenuti in alcune scene, ma rimane comunque una durata inferiore alla media. 

In conclusione è una storia che magari aveva anche ragione di essere raccontata cinematograficamente (la rapina realmente accaduta), ma che sembra proprio essere stata realizzata in maniera parecchio superficiale, riempita di tutta una miriade di clichè cinematografici e stereotipi sociali, e che non brilla assolutamente in nessuno degli aspetti classici, come la recitazione del cast, gli effetti speciali, o i dialoghi.

giovedì 24 marzo 2022

Lord of war (2005) #Recensione

 Lord of war è un film del 2005 con un cast di tutto rispetto, a capo del quale spicca e brilla la stella ancora splendente all'epoca, di Nicolas Cage.

La trama è quella di una famiglia di origini ucraine, trasferitasi negli Stati Uniti, che cerca di vivere in maniera semplice ed umile, ma soprattutto legale, senza ottenere grandi risultati. Questo sentimento di insoddisfazione nel protagonista, lascerà presto spazio ad un colpo di fulmine, riguardante la sua vera missione nella vita, quella di diventare commerciante di armi. 

Il film ripercorre molti degli aspetti storici realmente accaduti nel ventennio 1980-2000, in particolare quelli geopolitici e bellici, compresa la caduta dell'Unione Sovietica e molti dei conflitti meno conosciuti e meno raccontati, svoltisi nell''Africa centrale. La storia stessa raccontata nel film, si riferisce a fatti realmente accaduti.

 
E' un film che sicuramente è riuscito in ogni suo aspetto. Successo sia di critica che di botteghino, ha una sua originalità nelle inquadrature, tanto quanto appaiono ben fatte ed interessanti, per la tecnologia dell'epoca, le parti in C.G.I. 
Da elogiare anche il cast per intero, da Nicolas Cage, carismatico e calzante nel ruolo, a Jared Leto che esegue perfettamente la parte di un giovane con un sacco di complessi esistenziali, ma con una morale ben chiara dentro, fino ad arrivare ad Ethan Hawke, al quale forse il doppiaggio toglie qualcosa, che si destreggia benissimo e soprattutto credibilmente nei panni di un agente dell'Interpol sulle tracce di criminali internazionali. 
Tutti i personaggi appaiono tridimensionali e ben scritti, e non è difficile iniziare immediatamente ad immedersimarsi e prendere parte per gli uni contro gli altri.
 
Nota di merito a parte la meritano i dialoghi, vera ciliegina sulla torta, senza voler fare inutili spoiler, per tutto il film è costante l'interesse verso le frasi ad effetto che vengono pronunciate, senza mai scadere nell'apparire spaccone o fuori luogo, senza mai far apparire il tutto come eccessivamente romanzato. 
 
In sostanza è un'opera ben fatta, nella quale difficilmente si può trovare qualcosa di talmente scadente da renderla sconsigliabile, e che con il ciniscmo del suo protagonista e della rappresentazione di certi fatti, porta certamente lo spettatore a riflettere su aspetti di un mondo, quello della
guerra, che per molti in occidente sembra talmente lontano da non doverli tangerere mai. 
 

giovedì 17 marzo 2022

"LEON, che nome cazzuto!" #CineFacts

Una piccola curiosità, a livello di doppiaggio nostrano, su di un frase che è stata forse la più citata dai ragazzini italiani dopo l'uscita del film. 
Il titolo del post si riferisce alla frase pronunciata da Matilda, (Natalie Portman) coprotagonista insieme a Jean Reno (Leon), proprio a quest'ultimo durante il film.
Per essere più precisi è un adattamento del doppiaggio, tanto che in originale "That's a cute name", ha un significato, anche concettualmente, completamente opposto. 

 
Rispetto all'originale, che comunque portava con se un discreto sarcarso, ottimo per sottolineare la situazione di paradosso data dal nome, e per far capire il grado di maturità gia raggiunto precocemente dalla piccola Matilda, la versione Italiana perde completamente il suo senso intellettuale ed inserisce invece un senso più istintivo e bambinesco, nel suo tributare a Leon di aver un gran nome.

Certamente una scelta non coerente con il tema del film, tuttavia rimane una "traduzione" interessante, che per lo meno ha generato una frase indimenticabile e diventata di uso comune, quantomeno per i giovani negli anni 90.











 

Che cosa è un "Jump-cut".