martedì 27 agosto 2024

"Zamora" (2024) #Recensione

 Il film "Zamora", nonsotante il titolo, è una recente commedia tutta italiana, con attori italiani e girata interamente in italia, ispirata liberamente da un romanzo di Roberto Perrone.

Si tratta del debutto alla regia di Neri Marcorè, che ne è stato anche sceneggiatore ed interprete.

La trama è quella di un ragioniere di Vigevano che si trova costretto a spostarsi a Milano per un nuovo impiego. Trasferitosi inizialmente dalla sorella, che già vive in città, si trova di fronte quella parte di società che ha evitato per tutta la vita ed alla quale non vuole assolutamente assomigliare, ossia quella dei "trogloditi" amanti e fissati col calcio, che lo vuole a tutti i costi far diventare uno di loro.
Spinto, anzi forzato, dal nuovo datore di lavoro, si ritrova nei panni del portiere della scuadra degli "scapoli" e nonostante una iniziale repulsione, scopre di poter dare e apprendere cose importanti sulla vita anche da situazioni del genere. 

Il risultato finale della pellicola è eccellente, a tratti eccezionale.
Bene, anzi benissimo, i costumi, non invasivi, calzanti ed adeguati a livello storico.
Altrettanto bene le scenografia ed i colori, anch'esse mai stonanti, mai eccessive, e sempre coerenti per tutto il film.
Benissimo la sceneggiatura, i dialoghi sono davvero uno dei punti forti dell'opera, con picchi di eccellenza in diverse discussioni tra i protagonisti. 
Benissimo anche tutti gli attori, Alberto Paradossi nei panni del protagonista che non fa trapelare la sua toscanità a livello linguistico in nessun frangente, lo stesso vale per Giovanni Esposito, napoletano d.o.c., nei panni del barista meneghino. Bravissima anche Anna Ferraioli, nella parte della sorella del protagonista, e bene anche Marta Gastini nel personaggio della collega ambita da tutti gli uomini.
Bene anche Giovanni e Giacomo, del trio di comici, nei panni di due imprenditori di zona, ed Ale e Franz, nei rispettivi ruoli di collega del protagonista e collega della sorella, tutti e quattro ben scelti e ben "riusciti".
Bene anche la milanesità, in tutte le forme espresse nel film, dall'aspetto lavorativo, a quello linguistico nelle espressioni dialettali colorite e non, alla mentalità, etc.
 
Menzione particolare la merità "la scena della finestra", si sente infatti in sottofondo una musica drammatica e di suspense mentre l'inquadratura stacca su di una vetrata di un edificio molto cementoso, dove si vede una persona in piedi a riflettere in maniera turbata e dove si comprende vi sia un ufficio all'interno. L'inquadratura fuori dalla facciata inzia dunque ad allargarsi a scatti, facendo presagire che ve ne siano molti altri perchè si tratta di un ufficio come minimo al 12esimo piano.. ed invece, al secondo scatto si ferma, essendo già chiaro che si tratta di un piano terra. Scelta comica molto ben riuscita.

In sostanza un film che sorprende, che non ha magari dalla sua il valore aggiunto di essere una storia vera come il docufilm della RAI su Roberto Baggio, o l'originalità di una commedia come Pane e Tulipani, ma che come esse regala sorprese ed emozioni, ed in particolare in questo caso, anche diverse riflessioni personali.

giovedì 22 agosto 2024

"Biffy Clyro - Cultural sons of Scotland" (2022) #Recensione

 Si tratta di un documentario uscito appena due anni fa, riguardante il gruppo musicale scozzese "Biffy Clyro".

La durata è soltanto di poco più di un'ora, ma richiede comunque una certa concentrazione nel seguire i sottotitoli, dato che per chi non ha familiariatà con l'accento scozzese, la pronuncia ed alcune parole gergali potrebbero far perdere parte del senso di una frase. 

Il documentario parte con una vena un po' drammatica, principalmente trattando come i membri abbiano vissuto i periodi dei vari lockdown dati dalla pandemia di Covid. 
La scelta non appare delle migliori perchè rende la visione e le argomentazioni iniziali un po' pesanti ed un po' distanti dalla musica. 
Il tutto però viene ripreso all'interno di una fattoria, dove la band si era piazzata per registrare l'ultimo album, questo dovrebbe alleggerire la situazione e la visione, ma non lo fa pienamente a dire il vero.
Altrettanto poco emblematici sembrano tutti gli "stacchetti" tra una scena e l'altra, ossia nella pratica piccoli pezzetti di loro canzoni ufficiali, che per un fan del gruppo non verrebbe proprio da definirli come i più rappresentativi del loro "sound".

Lo stesso vale per aspetti pratici delle dinamiche interne al gruppo, come il fatto che due dei tre membri siano fratelli, addirittura gemelli, una informazione che andrebbe data quasi immediatamente allo spettatore per decifrare molte delle situazioni future, ed invece viene snocciolata insieme ad altri aspetti rilevanti soltanto verso la fine, cosa che lo fa apparire più come un documentario per chi conosce già la band che per tutti. 

La cosa fa venire a mente un'altro documentario recente sulla musica, chiamato "Amy", sulla cantante  Amy Winehouse, che invece è risultato eccezionale un po' in tutti gli aspetti criticati invece fino ad adesso.

Stucchevole anche quanta amicizia tra i membri si voglia far passare attraverso lo schermo, reale o ostentata appare comune un po' ridondante, insieme ad altri concetti che nell'arco del docuemntario vengono ripetuti più volte. 

La seconda parte invece migliora e di parecchio, molti cerchi vengono chiusi, i concetti ed i racconti sembrano un po' più genuini ed il finale emoziona abbastanza.

Naturalmente anche in questa intervista, come in molte altre, avviene la consueta spiegazione del nome della band, e come sempre è diversa e più assurda delle precedenti date negli anni.

In sostanza, nonostante questo post sia certamente apparso molto critico, è un documentario che vale la pena guardare, specialmente se si apprezza tale band, e che ha nel suo andare a crescere, la chiave per poterlo realmente apprezzare e consigliare ad altri.

lunedì 19 agosto 2024

Cinemi andati..


 Nella stessa via di Lido di Camaiore, in Versilia, che ha recentemente ospitato il Bicinema (Parco della ex Bussola Domani), un cinema dove si poteva andare in bicicletta e lasciarla a vista, "sorgeva", ma si ergeva per poco più di qualche metro, un piccolissimo cinema all'aperto, che ogni estate si attivava per i villeggianti.

Era circondato da 4 muri di un paio di metri di altezza, ma mai dava la sensazione di costrizione.
I posti erano davvero poche decine, ma per chi viveva l'esperienza, specialmente per i più piccoli, appariva come un città.
 
Tale cinema oggi non c'è più, come accaduto a molti altri, niente di particolare, ma per chi abbia frequentato la Versilia una trentina di anni fa, e la cosa certamente non riguarda solo i toscani ma molta della zona certro-nord, è un pezzo di storia della propria infanzia che se ne va, e non tornerà, è infatti previsto un nuovo progetto edilizio diverso da quello per un qualche intrattenimento cinematografico.
 
Forse una delle operazioni nostalgia più gratuite e più di nicchia di questo blog, ma comunque una segnalazione da fare per coloro che li hanno seduto per tante estati ad emozionarsi. 

venerdì 16 agosto 2024

"Un'australiana a Roma" (1987) #Recensione

 "Un'australiana a Roma" è un film del 1987, prodotto e girato in Italia, che ha nei suoi paradossi elementi che quantomeno lo rendono particolare. 

La storia è quella di due giovani viaggiatrici australiane, che in sella alla loro fedele motocicletta con sidecar, stanno visitando il mondo. Giunte a Roma fanno però un incontro che cambierà il loro percorso, la loro vacanza, ed alla fine anche le loro vite. 
Si tratta di un giovane del luogo, interpretato da Massimo Chavarro, che si invaghisce ed inizia a frequentare una delle due ragazze, ella se pur riluttante inizialmente, accetta sospinta dall'amica a lasciarsi andare.
Alla fine però le cose non andranno affatto come sperato, tutta una serie di eventi e di tragedie, porteranno i protagonisti ad accettare i fatti e le debolezze della vita.
 
La prima delle assurdità è già presente nel titolo, dato che per la prima metà del film, le protagoniste sono due australiane, salvo poi incentrarsi su fatti e sensazioni riguardanti maggiormente una della due.
La seconda stranezza è linguistica, comprensibile per semplificare le cose allo spettatore, ma le due protagoniste in questione, native di lingua inglese, ed in Italia da pochi giorni per una vacanza di puro piacere, parlano sin dalla prima scena un italiano perfetto, talvolta persino forbito, e non si capisce dunque perché dovessero provenire da un'altra nazione, cultura, e perché da cosi lontano, salvo voler far leva sul fascino dell'esotico. 
La terza è l'inaspettata presenza di una giovanissima, appena ventenne, Nicole Kidman, che ricopre il ruolo della protagonista, recitando naturalmente in inglese e venendo successivamente doppiata in italiano. 

Parlando di aspetti più tecnici non si può dire che il cast abbia brillato in nessun modo, la stessa Kidman è sembrata non del tutto a suo agio e non particolarmente ispirata, lo stesso vale anche per Chavarro, che prova un po' di più con momenti di teatralità, che però rimangono un po' fini a se stessi e cadono nel vuoto della pochezza di alcune scene. 
Si salva più di altri l'altra amica australiana, in realtà una attrice tedesca, che è sembrata più calzante nel ruolo e nella semplicità della sua recitazione.

Bene la trama, raccontata in poche righe poco sopra, ma che forse è l'elemento singolo migliore del film, data la sua vena oscura e la ricerca della stimolazione di alcune riflessioni nello spettatore.

In sostanza un film dal passo decisamente lento, anche se fortunatamente non eccede nella lunghezza, che avrebbe potuto essere un'opera di maggior rilievo, vista la trama decente e la caratura di alcuni attori, ma che forse era stato pensato proprio cosi, senza grandi ambizioni, dato che si tratta di una pellicola mai uscita nei cinema, ma realizzata specificamente per Rai 3.

martedì 13 agosto 2024

"Biffy Clyro - Cultural sons of Scotland" #SpiegazioneTitolo

Si tratta di un documentario scozzese di appena due anni fa con protagonista assoluta la band autoctona "Biffy Clyro". Sia l'opera che il gruppo musicale sono meritevoli di visione ed ascolto, ma questo post non riguaderà quegli aspetti.

La spiegazione della seconda parte del titolo è ormai del tutto ovvia, se non lo era già in partenza, si riferisce infatti al fatto che la band sia originaria, e tutt'ora residente, in Scozia, e che oltre al fortissimo legame che i membri hanno culturalmente, a livello individuale, con tale terra, ve ne è anche un'altro altrettanto profondo a livello di gruppo, che si rispecchia in molte delle sonorità e degli argomenti trattati nella loro discografia.

La seconda parte invece è quella più complessa, anche per un fan del gruppo, e certamente più particolare.
Si tratta nient'altro che del nome del gruppo musicale stesso, appunto "Biffy Clyro", ma che è sempre apparso come incomprensibile e fin troppo criptico, ed in parte per molti anche infantile.
La spiegazione di tale nome è stata data in molteplici versioni dagli stessi membri della band, talvolta anche in maniera ironica.
Siamo passati da "Riguarda il famoso musicista britannico Cliff Richards e le penne Biro, è dunque una derivazione da Cliff Richards Biro pens", fino ad arrivare a "Biffy era il nome della spia che ispirò il personaggio di James Bond e Clyro è una località in Galles dove andavamo solitamente in vacanza".
In entrambi i casi fu Ben, il batterista a rilasciare pubblicamente tali spiegazioni, come è accaduto nuovamente in questo documentario, dove lo stesso ha dichiarato che si tratta di un acronimo e il nome significa ufficialmente "Big imagination for feeling young cause life yearns real optimism".

Non è certo se questa sia la spiegazione definitiva, ma per lo meno due certezze in questa storia vi sono : Una è che questo nome strambo li abbia portati ben presto a stancarsi della domanda su che cosa significasse, e che negli anni la naturale conseguenza sia stata il loro inventare storie e spiegazioni al riguardo. L'altra è che non a tutti sia piaciuto o lo abbiano ritenuto adatto fin da subito, tanto che il gruppo ha rifiutato in passato alcune offerte, giunte proprio da case discografiche che però chiedevano che il nome venisse cambiato, sempre secondo le loro dichiarazioni, presenti anche in questo documentario.
 
In sostanza, si, è innegabile che non sia un nome particolarmente ben riuscito, salvo avergli permesso di creare tutta un'aura di mistero ed avergli dato la possibilità di sbizzarrirsi e divertirsi nel dare spiegazioni sulle sue origini, ma non è quello che fanno tante band da sempre a prescindere da quanto il nome sia ermetico od ovvio?

domenica 11 agosto 2024

"Lost in translation" (2003) #Recensione


 "Lost in translation" è un film che ha ormai compiuto 20 anni, e non si può dire che sia invecchiato male, per ragioni di comparazioni culturali fortemente presenti nel film.

La trama è quella di un attore americano che si trova a passare alcune settimane in Giappone per girare uno spot pubblicitario, particolarmente ben retruibuito a suo dire. Costretto a gestire a distanza le difficoltà della propria ralzione coniugale con la moglie e la continua assenza nella vita dei figli, sembra essere inoltre in preda ad una vera e propria crisi di mezza età, che viene addolcita ed allietata soltanto dalla figura di una giovane connazionale, anch'essa nello stesso albergo, ed altrettanto in difficoltà nel gestire e vivere la propria relazione amorosa.

I protagonisti in questione sono Bill Murray e Scarlett Johansson che difficilmente ci saremmo aspettati di vedere come coppia sul grande schermo, e che di fatto non eccellono nella chimica tra loro, anche se, per quanto la Johansson faccia il minimo indispensabile, la recitazione di Murray è sembrata molto calzante.
Rimanendo a tema cast, il terzo personaggio più presente è quello di Giovanni Ribisi (Grandissimo attore spesso snobbato dalla critica e dai riconoscimenti), che.. beh, interpreta il Giovanni Ribisi che abbiamo visto in moltissimi altri film, molto degnamente ad ogni modo.

Un ulteriore aspetto per il quale si possa elogiare i film, sono i dialoghi, riguardo ai quali va fatto presente che è essenziale che venga visionato in lingua originale, altrimenti tutte le difficoltà e molti dei giochi di parole intesi dalla sceneggiatura, andrebbero persi, in questo film più che in altri. 
 
Per quanto riguarda gli altri aspetti puramente cinematografici, il film è stato scritto, diretto e prodotto da Sofia Coppola, che è stata spesso criticata nella propria carriera per essere priva di un vero talento, e accusata di lavorare grazie al legame di parentela con figure importanti del cinema americano.
 
In sostanza un film piuttosto noioso in cui davvero poco accade, e che se pur all'inizio abbia una aurea di mistero e possa apparire intrigante, tanto da essergli concesso un passo decisamente lento, rimane sempre nel vago, senza mai emozionare o sorprendere. 


giovedì 8 agosto 2024

"The Gods must be crazy" #SpiegazioneTitolo

 Il titolo del film, nel titolo del post, è stato lasciato in lingua originale perchè l'abonimio dell'adattamento realizzato per la lingua italiana è talmente indegno da non meritare di essere divulgato più del dovuto. 

Di titoli tradotti in maniere scadenti e talvolta sconcertanti ne abbiamo sentiti tanti, e trattati molti anche nei post di questo blog, ma questo è certamente uno dei più ridicolizzanti ed infantili.

Il film in questione è una pellicola Sudafricana del 1980 che ricevette diverse critiche ma anche un notevole successo, riguardante il convivere tra le varie etnie aborigene della zona e l'uomo bianco.

Il titolo in originale "The gods must be crazy" (letteramente : "Gli dei devono essere impazziti") è un chiaro riferimento ad uno dei temi principali della storia narrata, ossia una bottiglia di Coca Cola gettata da un aereo, che essendo di forma e materiale sconosciuta agli abitanti indigeni, diventa oggetto della discordia, venendo appellato come malvagio.

Stupefatti della "scelta divina" secondo loro, ossia l'aver mandato sulla terra un oggetto talmente negativo, anzichè le solite pioggie che aiutanto a far crescere gli alberi da frutto, tutti gli autoctoni iniziano a pensare che gli dei debbano essere impazziti.

Beh, tutto questo, nel titolo italiano scompare.. e viene rimpiazzato da un titolo da commedia del genere Fagioli Western, ossia "Ma che siamo tutti matti?". 

"Cento domeniche" (2023) #Recensione