venerdì 4 febbraio 2022

Che strano chiamarsi Federico (2013)

Una delle recensioni più difficili perchè quando si parla di mostri sacri le opinioni vengono maggiormente vivisezionate, come se si scrivesse una critica ad un qualcosa realizzato da Kubrick, tuttavia non sono tutte rose e fiori in questo film. 

Ettore Scola racconta Federico Fellini, nell'ultimo dei film che dirigerà, scomparirà infatti soltanto 3 anni dopo. Il racconto è come lo definì lui stesso in una intervista "un album di fotografie", di fatto una sorta di docufilm, piuttosto originale, dopo si ripercorre la vita del "maestro", come veniva appellato, attraverso i fatti salienti che la contraddistinsero, usando sia reperti audio e video dell'epoca, che ricostruzioni con attori ed una voce fuori campo ad amalgamare il tutto. 

Per non aggiungere complicatezza ad una figura, quella felliniana, già piena di sfaccettature, ed ad una ricostruzione cinematografica già sufficientemente articolata, si potrebbe fare un semplice elenco di quello è sembrato positivo e negativo al suo interno.

Sicuramente come detto è un riassunto fatto in modo particolare, unendo molte delle altre arti, oltre a quella cinematografica, come la pittura ed il teatro. La stessa scena iniziale, senza fare spoiler, sembra appartenere più ad un teatro di strada che al cinema, strada tema molto caro a Fellini, confermato e dipinto in molte altre scene da Scola, compreso un incontro con un madonnaro. 

Viene anche dato, giustamente, risalto, al "Teatro 5", un po' la casa di Fellini, dove, all'interno di Cinecittà, ha girato gran parte delle scene delle sue pellicole e che è stato poi a lui dedicato dopo la sua scomparsa.

Positiva anche la scelta della transizione dal "bianco e nero" al "a colori", durante la narrazione. Perchè di fatto cosi accadde, al tempo si diffuse questa nuova tecnologia, ed è cosi che giustamente Scola ha valorizzato questo aspetto. Scelta semplice ed efficace, o forse semplicemente obbligata.

 
Nei pregi sicuramente e forse più di tutto, come detto l'aspetto di originalità, non è un classico docufilm ed il modo in cui vengono rivissuti i fatti, anche sotto forma di colori, inquadrature e tempistiche, lo rendono decisamente particolare. 

Di contro però.. 

Tutto questo distacco dai canoni classici di una narrazione lineare, rendono questo "album fotografico" un po' slegato. Proprio come accade appunto ad un album, dove per andare avanti non si gira una manovella che avvolge una pellicola, ma si va a scatti, saltando da una pagina all'altra.

La stessa satira, chiave della vita del "bugiardo cronico" Fellini, elemento comune di inizio carriera e leitmotiv di essa, sia per Scola che Fellini, nelle scene al Marco Aurelio, giornale per il quale entrambi, in momenti diversi, scrissero, non colpisce particolarmente.

Stupisce anche la grande assenza di Giulietta Masina, compagna di una vita e mezza mela di Federico Fellini, che nel film appare soltanto in pochi documenti video dell'epoca, senza avere il vero ruolo di primo piano sia nella vita personale che cinematografica felliniana, che lo stesso Fellini le assegnò.

In sostanza è una ricostruzione in molti momenti poco avvincente, a tratti persino noiosa, con però diversi picchi molto interessanti e filosofici. La ricostruzione e visione personale di un mostro sacro del cinema riguardo ad un suo pari, ed è forse un post troppo nozionistico, ma come detto, è difficile esprire concetti personali da amatore quando si parla di un "maestro" del cinema.

martedì 1 febbraio 2022

La carica dei 101 post - #TraguardiBlog

Qualche riga celebrativa alla luce del fatto che 101 post sono già andati in archivio, come sta a rappresentare il piccolo dalmata in rappresentanza di tutta la sua ciurma. 

Un ringraziamento generalizzato, a tutti coloro che seguono il blog, anche saltuariamente, a tutti quelli che sono capitati qua per caso, ed a tutti quelli che potrebbero farlo.

Ricordando che chiunque avesse suggerimenti di qualsiasi tipo o volesse contribuire in qualsiasi forma, puo scrivere all'indirizzo e-mail Paolosantini@email.com

E vista tutta questa produzione di post, potrebbe essere dunque questa l'occasione adatta per spiegare che cosa significhi il termine tecnico cinematografico "post-produzione", che non ha molto a che fare con quello che oggi grazie ai social potrebbe sembrare voler dire.

La spiegazione letterale è piuttosto semplice, "post" dal Latino "dopo" e "produzione" ossia dopo che il film è stato girato ma deve essere ultimato e rivisto, formano insieme un termine utilizzato dagli addetti ai lavori, ma non spefico del mondo del cinema, che definisce l'ultimo stadio della realizzazione di un film, prima che venga distribuito al pubblico.


sabato 29 gennaio 2022

I ragazzi di Via Panisperna - 1988 #Recensione

I ragazzi di Via Panisperna è un docufilm sulla vita appunto di un gruppo di ragazzi, poco più che ventenni, con la grande passione per le materie scientifiche, chi per la matematica e chi per la fisica, ritrovatisi tutti, non per caso, ad insegnare o ad essere allievi all'istituto di fisica dell'università di Roma, al civico 90 di Via Panisperna. 

Il film è della fine degli anni 80, ma i fatti narrati risalgono agli anni 30, momento in cui, principalmente per volere del direttore dell'istituo, Mario Corbino, vengono radunate poche, pochissime, menti brillanti, per essere i primi allievi di una nuova cattedra nel mondo della fisica, quella di fisica nucleare, presieduta dal già stimato Enrico Fermi. 

 
La trama ripercorre i fatti salienti delle vite personali, ma soprattutto quelli lavorativi, dei vari protagonisti, ed è difficile raccontare gli accadimenti senza fare spoiler di quelle che saranno, e sono state di fatto, le loro scoperte accademiche. Tuttavia si puo dire quanto sia stata chiave, tanto quanto quella di Fermi probabilmente, la figura di Ettore Majorana, siciliano figlio di benestanti trasferitisi a Roma, che nel suo essere combattuto interiormente da malesseri esistenziali e dubbi morali sulle eventuali applicazioni pratiche delle loro scoperte, riesce a dimostrare di spiccare per intuito, persino tra persone che rappresentano la creme dell'intelletto scientifico della nazione. 
 
 
 
 
Molto del film come detto, ruota attorno ad esperimenti in laboratorio ed a scoperte o presunte tali, tuttavia questo aspetto, ne tantomeno l'argomento in se e per se, devono far credere ad una pellicola difficile da seguire concettualmente, o pesante. 
Per quanto abbia una sua innegabile lunghezza, 2 ore per la versione uscita nelle sale, e 3 per quella trasmessa in tv successivamente (in due puntate), ha la caratteristica di essere ben fatto, di scorrere bene, di non avere picchi di suspence e poi momenti morti, è infatti molto lineare, costante, sia nel ritmo, che nei dialoghi,sia nei tagli che nei colori. 
 
I protagonisti sono tutti credibili nel ruoli che ricoprono, sia fisicamente che la loro recitazione. Le stesse atmosfere e sonorità del film non stancano o appaiono fuori luogo. Nel cast sono presenti anche Virna Lisi, e due giovanissime Laura Morante e Sabina Guzzanti (con una piccola parte ad inizio film).

In sostanza è una visione interessante, che non dovrebbe far rimpiangere il tempo dedicatogli, e che permette quantomeno, di informarsi in maniera abbastanza fedele riguardo ad un argomento e delle scoperte che hanno cambiato per sempre la vita di tutta l'umanità.





mercoledì 26 gennaio 2022

Quando Simon Pegg basta - Run fatboy run (2007) GBR #Recensione

 "Run fatboy run" è una commedia britannica del 2007, con protagonista il sovracitato Simon Pegg, che in questo caso, da solo, come si suol dire, vale il prezzo del biglietto.

Per intenderci, non un biglietto troppo caro, si tratta pur sempre di una commedia comico-sentimentale senza troppe pretese, che comunque è riuscita a triplicare al botteghino il proprio non troppo esiguo budget di 10 milioni di dollari.
La storia è quella, vista e rivista, di un infantile ed inconcludente giovane padre, che perde l'amore della propria vita proprio per questa sua sindrome di Peter Pan. Il resto del film è semplicemente una continua ricerca di riconquistarlo.
Tuttavia, se pur alcune scene siano prevedibili, banali o fin truppo surreali, la trama tiene sufficentemente attaccati allo schermo da voler vedere come vada a finire, e ve ne sono moltissimi di elementi, piuttosto originali, divertenti e sicuramente coerenti con la trama, i personaggi e gli intenti della commedia, che la rendono piacevole.

 
Il film è infatti molto ben amalgamato, sia negli aspetti appena citati che in quelli registici, come i colori, le inquadrature, le ambientazioni, non vi sono scenari o situazioni che facciano scattare la derisione per internderci, come può accadere per esempio in alcuni film dove un effetto speciale è davvero tragicomico e non si capisce come possa essere stato lasciato in post produzione.
Al timone della cinepresa, come forse non molti sanno, un già navigato David Schwimmer, che già ai tempi della sua partecipazione decennale come "Ross" in Friends, aveva dato prova di avere passione e capacità nel campo della regia, tanto da dirigere diversi episodi della serie stessa durante le ultime stagioni. 
 
Torniamo a Simon Pegg, luce di questa commedia. La sua presenza, le sue espressioni, la sua recitazione, sono azzeccatissime per tutto il film. Niente da candidare agli Oscar, ma comunque una performance generale adattissima a quell'atmosfera che si voleva creare.
 
 
Altrettanto elogiabile il resto del cast, con una menzione particolare al cattivo di turno, Hank Azaria, conosciuto nel mondo aglosassone più per la sua attività da doppiatore, in particolare per far parte da anni del cast di doppiaggio originale dei Simpsons, che nei panni dell'egoista pomposo uomo d'affari in carriera, ottiene bene il risultato di rimanere abbastanza sgradevole da far tifare per il protagonista.

Per finire, la comicità, la vera vincente di questa pellicola, lo humour british in tutta la sua interezza e semplicità, niente di urlato o erotico, niente di drammatico o fuori luogo, ma d'altronde, come fedele compagno di avventure di vita del protagonista, era stato arruolato niente di meno che Dylan Moran, eccezionale comico Irlandese di professione.




sabato 22 gennaio 2022

Quando Simon Pegg non basta - Paul (2011) - #Recensione

Partiamo proprio da lui, che ci ha abituati a performarce piu divertenti ed/in pellicole migliori.
Simone Pegg, nome d'arte Simone John Beckingham, è un comico ed attore britannico, protagonista di commedie d'oltremanica molto ben riuscite come Run Fatboy Run (diretto da David Schwimmer), ed è stato lui, forse piu di altri elementi, ad attrarre l'occhio di un appassionato di cinema verso la pellicola. Tuttavia, la sua presenza e la sua mimica non sono bastati a salvare questa collaborazione anglo-americana, che finisce per prendere un po' il peggio dei due mondi. 
 

La storia è quella di un alieno, tale Paul (personaggio generato al computer, con la voce di Seth Rogen), che piove sulla terra andando a sbattere rovinosamente con la propria navicella spaziale.
Il film prosegue spostandosi temporalmente di oltre mezzo secolo, ed ecco che appaiono i due protagonisti, di cui uno il sovracitato Simone Pegg, nei panni di due nerd britannici, un po' spaesati, in giro per conventions a tema per tutti gli Stati Uniti.
 
  
 
Durante il loro girovagare si imbattono in Paul, in quel momento in fuga da agenti governativi e dopo un iniziale spavento lo caricano a bordo del loro appena noleggiato camper e continuano la loro fuga/gita.
Il resto è tutto un insieme di peripezie poco avvincenti, poco comiche e poco originali, con l'aggiunta anche di qualche spruzzata di cattivo gusto qua e la.

E' un film molto rumoroso, chiassoso, urlato.. molto esplicito, ovvio e pesante.. lo humor british si perde nelle decine di battute poco raffinate del film, e la capacità degli americani di creare scene di azione, di suspence, di effetti speciali, si perde altrettanto nella lentezza e banalità della pellicola. Insomma, come detto, il mix dei due stili, in questo caso, proprio non ha funzionato, si sono annullati le potenzialità a vicenda. 

Rimane un cast di attori non protagonisti di tutto rispetto, che per di più hanno sfoggiato prestazioni più che buone in questo film, da Siguorney Weaver (molto azzeccata come scelta visti i suoi trascorsi nella saga Alien), Jason Bateman, Jeffrey Tambor, Bill Hader, etc.. 

Questi nomi spiegano in parte lo strabiliante, per il film che ne è uscito, budget di 40 milioni di dollari, ma non permettono di spiegarne l'ancor piu sorprendente risultato al botteghino, dove ha incassato addirittura 100 milioni di dollari.

In sostanza un film piuttosto volgare, probabilmente classificato come non adatto ai minori di 14 anni in varie parti del pianeta, ed allora sembrerebbe venire meno quello che durante la visione viene da pensare come unico pubblico a cui potesse essere diretto, quello dei piu giovani.
Ad ogni modo un pubblico sembrerebbe proprio averlo avuto, cosi tanto da smentire quasi tutte queste considerazioni.
E lo stesso Simone Pegg apparentemente avrebbe dichiarato negli anni, di essere interessato a prendere parte ad un eventuale sequel, che per fortuna al momento, ci è ancora stato risparmiato.

giovedì 20 gennaio 2022

Miracolo a Sant'Anna - (2008) #Recensione

Il miracolo che non c'è stato, nè nella realtà, nè al botteghino.. sarebbe appunto potuto essere soltanto tale, un miracolo, se questo film avesse ricevuto plausi da pubblico e critica. 

Si tratta della rivisitazione molto romanzata, dei fatti storici avvenuti nell'agosto del 1944, in un piccolo paesino dell'alta Versilia, Santa'Anna di Stazzema, dove le truppe naziste premeditarono ed eseguirono un eccidio di proporzioni enormi, quasi 600 persone furono trucidate per intimidire le popolazioni locali e troncare i loro rapporti con le frange partigiane.

                                 

La trama è la storia, nella storia, di 4 militari americani di colore che si perdono durante una missione sulle montagne locali e che riescono a sopravvivere e rimettersi in contatto con le proprie truppe per farsi venire a salvare, grazie anche alla collaborazione ed interazione spesso anche intima, con la gente del luogo. A ciò si sommeranno singoli incontri rivelatori per molti dei protagonisti, alcuni sotto forma di amori, altri sotto forma di "adozioni" di persone trovate lungo il proprio cammino. Il tutto condito, specialmente all'inizio ed alla fine di espedienti fin troppo banali per collegare i fatti alla narrazione.. classici della cinematografia, ma gratuiti e scontati in questo caso. 

Difficile trovargli un aspetto che abbia funzionato, partendo dal "revisionismo" storico di Spike Lee, che sceglie di prendersi notevoli libertà nella riscrittura della storia, di per se la cosa non avrebbe grandi controindicazioni, pur sempre di cinema stiamo parlando, se non fosse che alla base, questa opera dovrebbe essere un docu-film. Questa è una delle accuse piu forti mosse al regista, tanto da portare la gente del luogo a scendere in piazza per protestare, particolarmente contro l'idea, non supportata dalla letteratura storica, che ci fosse stata della collusione tra partigiani e nazisti, tanto da far apparire l'eccidio stesso una rappresaglia, anziché una strage premeditata. 


Non colpisce nemmeno la recitazione, nonostante fossero stati presi molti attori di buon livello e già conosciuti sullo schermo, sia per quanto riguarda quelli venuti da oltreoceano, che quelli nostrani. La stessa presenza di Pierfrancesco Favino, che poi nel resto della sua carriera si troverà spesso a lavorare per dei docu-film della Rai per la televisione, (anche con ottime performance personali) lo fa sembrare, il film, ancor di più appunto un'opera con poco budget fatta per il cinema infrasettimanale italiano in televisione, che un quasi colossal da 50 milioni di dollari, quale è stato.

Anche la parte di mixaggio audio video, e qui Spike Lee viene chiamato in causa inevitabilmente in prima persona, non appare per niente accattivante, proprio non all'altezza dello stesso regista che ci ha abituato a molto meglio. Quasi nessuna scena crea una vera e propria tensione durante la visione, i personaggi risultano poco tridimensionali ed è difficile appassionarsi a qualcuno di loro ed alle sue vicissitudini singolarmente.

In sostanza sembra che a Spike Lee interessasse piu l'aspetto di integrazione ed interazione raziale all'interno delle truppe americane, come simbolo ed analisi delle problematiche che viveva l'america in generale sotto quell'aspetto in quegli anni, invece di trattare, rivivere, narrare, le vicende storiche di un periodo, la seconda guerra mondiale, e di un momento, quello dell'eccidio di Sant'Anna, che per l'Europa e l'Italia, avevano tutt'altre emozioni e sfumature. Per quanto si possa concedergli che l'aspetto raziale fosse chiave anche nell'ascesa e nelle pratiche naziste, non si puo prescindere dal fatto che il film ruota intorno a dei giorni specifici ed un evento molto particolare, che non sono stati raccontati accuratamente, recitati degnamente, e forse nemmeno rispettati sufficientemente. 


lunedì 17 gennaio 2022

Nuovo Cinema Paradiso (1988) - #Recensione

Difficile nel caso specifico esporsi nel dire che qualcosa sia andato storto nella realizzazione di questa pellicola. Il film è eccellente, eccezionale se si vuole, l'Oscar come miglior film straniero del 1989 ne è una delle prove.

La trama non è altro che l'evoluzione, fisica e mentale, del protagonista, Salvatore Di Vita, sin dai suoi primi difficili anni nella Sicilia degli anni 50, dove scopre per caso di avere una vera e propria passione, e successivamente un vero e proprio talento, per il cinema, passando per le classiche vicissitudini adolescenziali ed i primi amori, fino agli aspetti della sua vita da adulto, condizionati in positivo ed in negativo dagli eventi del passato, in quella Sicilia da dove, appena maggiorenne, era scappato e non vuole più tornare. 

Per molti degli attori presenti la performance si puo definire eccezionale a livello recitativo, quella di Philippe Noiret nei panni di un addetto alla cinepresa all'interno di un cinema di paese, è ricolma di malinconia, proprio quanta ne deve avere il suo personaggio. Il Salvatore Di Vita bambino, interpretato da Toto (Salvatore) Cascio, al suo esordio cinematografico, buca lo schermo con disinvoltura e con espressioni che ne rendono le scene con Noiret, momenti di una tale naturalezza che scorrono senza accorgersene. 


La stessa performance di Leo Gullotta, come caratterista in questo caso, è eccellente, pensare che fosse capace di essere tutto ciò è di difficile conciliazione con i suoi anni al Bagaglino, non certo luogo per un umorismo che fa pensare. Da sottolineare come il film fosse proprio nella sua terra, la Sicilia, ed abbia dunque avuto la fortuna che tocca a pochi, di essere profeta in patria.

C'è una storia nella storia all'interno del film, ossia la storia del cinema, a livello pratico, di come si sia evoluto nei suoi aspetti tecnici di gestione delle pellicole e nei suoi aspetti morali, liberandosi di dettami ecclesiastici ormai non più rispecchianti la vita di tutti i giorni, ed è un capolavoro. Attrae lo spettatore e lo lascia incollato allo schermo a voler sapere quale sarà il prossimo passo, il prossimo scalino di una scala che si accorge di aver sempre dato per scontata, e della quale scopre di voler sapere, nonostante sappia già dove porti, ovvero alla modernità del digitale e di un mondo fatto di esperti del settore, mentre prima erano in pochissimi a conoscere il mestiere.

Ma il film è anche una storia d'amore, perché questo usa e richiede l'Italia, tra il protagonista Salvatore e la sua Elena, amata ma poi perduta e mai più ritrovata, giovani ed innamorati, con tutta la vita davanti, ma era soltanto la punta dell'iceberg dell'amore, di quello ancora più profondo, quello che aveva per il cinema, che a differenza di quello umano, riesce nel film a trionfare ed a cambiare la vita di molti, anziché solo quella dei due protagonisti come sarebbe probabilmente stato altrimenti.