Banksy - L'arte della ribellione, è un documentario uscito nel 2020 riguardante la vita dell'artista (writer, street artist e attivista politico) britannico Banksy.
Si parte dall'evento forse più clamoroso della sua carriera, inteso proprio in senso letterale, quello che suscitò più clamore dal vivo, ossia quando uno dei suoi dipinti, fu battuto all'asta per un 1 milione di dollari, ed il quadro si autodistrusse davanti gli occhi di tutti, non appena il martelletto decretò che qualcuno se lo era aggiudicato. In classico stile Banksiano qualcuno direbbe.
Tali temi vengono trattati, e poi ripresi più volte durante tutti i più di 100 minuti di documentario, sia perché rivivono molto nelle opere di Banksy, sia perché egli stesso non negherà di essere a suo modo in prima linea su certi temi.
Uno dei momenti più involontariamente politicizzati, dato che se pur la location fosse quasi inscindibile da tale aspetto, ma di per se la sua visita e conseguenti opere (sotto forma di graffiti a stencil sul muro di divisione tra Israele e Palestina) non lo volessero essere, fu quelle nell'area dove era stato eretto quello che era il più grande muro divisorio in cemento al mondo, ossia la discussa zona tra Israele e Palestina.
In sostanza il documentario riassume bene un po' tutte le tappe dell'uomo Bansky, dai banchi di scuola alle bravate con qualche bomboletta e qualche amico, fino alla presa di coscienza, che forse dentro di lui era ben chiara fin dall'inizio, di essere un personaggio che in quanto pubblico era ascoltato, e che poteva, e di fatto voleva, influenzare le masse, a favore di una maggiore consapevolezza su certi temi sociali per lui rilevanti. Ripercorre dunque tutti gli aspetti di vita, conosciuti, del Banksy uomo, e quasi tutte le "incursioni" artistiche della sua ormai trentennale carriera artistica.
Su questi aspetti il documentario fa un buon lavoro, e si può dire con tranquillità, che nonostante la sua lunghezza notevole per un documentario, scorra anche bene, tuttavia non è tutto rose e fiori, infatti alla fine risulta un po' ne carne ne pesce, apparendo nella sua interezza un po' spento e sbiadito, anziché frizzante e movimentato, e un po' troppo nozionistico e piatto, anziché, spavaldo ed intrigante. In conclusione, si potrebbe definire un documentario che è tutto il contrario del suo soggetto.
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