domenica 19 settembre 2021

Che cosa è una "maratona cinematografica"? - #CineFacts

Una "maratona cinematografica", non è altro che un gioco di parole, o meglio di concetti, tra la ben conosciuta gara podistica, chiamata appunto maratona, ed il fatto di visionare dei film in maniera continuativa, talvolta proprio ininterrotta.

La gara di atletica non ha bisogno di per se di grandi spiegazioni, un po' tutti sappiamo che è uno degli emblemi delle Olimpiadi estive e che vi è sempre stata sin dalla sua prima edizione. Il nome lo deve semplicemente alla prestazione fisica, una missione vera e propria a dire il vero, di un soldato Ateniese, che per annunciare la vittoria al resto della città, avvenuta proprio nella citta di Maratona, corse per 42 km. La distanza che è oggi e da sempre, quella da coprire nel minor tempo possibile durante la gara per aggiudicarsi la vittoria.

Anche l'aspetto cinematografico non necessita di particolari delucidazioni, si tratta soltanto di proiezioni di film, lungometraggi, per intero, in sale (o salotti se ne fosse una versione amatoriale).

I due termini insieme invece formano un concetto ben preciso, che forse non è proprio conosciuto da tutti.

Si tratta di stabilire (senza nessun obbligo di completarne la visione) una serie di film, rigorosamente a tema, da visionare, nell'arco di giorni o settimane, magari con una cadenza ben precisa, oppure, come ancor più spesso accade, in maniera continuativa, letteralmente uno dopo l'altro.

Le maratone cinematografiche hanno come detto rigorosamente un tema e spesso esso è assai specifico. Può capitare infatti che si tratti soltanto di tutti i film usciti di una determinata saga, una delle più classiche maratone è infatti dedicata a tutti gli atti di star wars.

Potrebbe tuttavia essere anche un tema più vasto, come una serie di documentari sull'ambiente, oppure persino una serie di film riguardanti proprio le maratone podistiche, in una sorta di inception. 

In generale gli scopi di un tale sforzo organizzativo sono principalmente due : 

Dare importanza all'aspetto istruttivo, ossia scegliere un tema che valga come riscoperta, per esempio una serie di pellicole d'autore italiane degli anni 70. Cercando quindi di far scoprire o riscoprire allo spettatore un genere, o magari una certa cerchia di attori che lo hanno segnato e contraddistinto. 

L'altro scopo invece è il puro divertimento/intrattenimento. Si cerca dunque di privilegiare l'aspetto di tempo passato con altri fan magari di una determinata saga, a "guardarne" (si tratta quasi sempre in realtà di un RIguardare) gli episodi assieme, al cinema, magari per una intera domenica o quasi. 



mercoledì 15 settembre 2021

Totò contro Maciste (1962) - #Recensione

La pellicola non è altro che una finta e simbolica immersione di Toto e del suo fedele compagno, nello specifico Nino Taranto, nel mondo egizio all'apice della propria gloria. 


I due si esibivano in giro per l'Egitto con trucchi di magia basati su di una presunta, ma totalmente artefatta forza bruta, posseduta da Totò. La cosa finisce per portarli al cospetto del faraone, il quale necessitava proprio di qualcuno che fosse in grado di fronteggiare il suo ex fedelissimo, Maciste.
Decide dunque, dopo ulteriori prove che Totokamen (Totò) possedesse davvero tale forza e fosse realmente il figlio diretto del dio Amon, di affidargli per intero il proprio esercito e di concedergli carta bianca riguardo alle decisioni future per esso, ed alle proprie eventuali richieste personali.
Il resto è una serie di vicissitudini più o meno surreali, con al centro i due protagonisti, che cercano di portare avanti la propria pantomima, finendo in parte, per quanto riguarda Totò, nell'immedesimarsi davvero nel figlio di un dio, tanto da autoconvincersene. 

Forse non la migliore delle pellicole di Totò, questo certamente lo si può dire, volendo usare un gigantesco eufemismo, ma vediamo che cosa si può salvare di quello che è stato chiaramente un film fatto per il mero scopo di racimolare il più possibile usando volto e nome del protagonista. 
Pieno di riferimenti storici tanto per mantenere lo spettatore su temi vagamente conosciuti e con parole che risuonassero nelle loro menti come familiari, il valore del film vorrebbe risiedere proprio nell'umorismo visivo di Totò, che però proprio non arriva e non aggiunge niente al già visto, e nell'umorismo della sceneggiatura, che è quasi del tutto basato su giochi di parole estremamente forzati tra l'italiano scritto ed il mondo egizio con i suoi emblemi. 


Il risultato sfocia più spesso nella pateticità e nel cattivo gusto che nel far scatenare una risata. Certo è stato un film realizzato per prendere un pubblico più vasto possibile, dai bambini fino alla terza età avanzata, ma non credo che nemmeno le fasce di età meno attente alla forma si siano fatte particolarmente trasportare e sollazzare da tale opera. 

Il tutto in una serie di concetti e scene di una ridondanza, quella si, quasi comica.
Non è chiaro che cosa aggiunga una pellicola del genere ad un film muto di 30 anni prima, dove non vi era da ascoltare lo sgradevole sottofondo di battute infantili e forzate messe sopra a scene di incomprensioni tra i protagonisti, buoni e cattivi, che portavano avanti la trama più che comprensibilmente già da sole. 

Totò scomparirà di li a pochi anni e questo difficilmente verrà ricordato come uno dei suoi capolavori anche dal fan più accanito, rimane quindi da capire come mai a fine carriera si voglia mettere nel curriculum un'opera del genere, quando sarebbe stato meglio per tutti, pubblico e protagonisti, che non fosse mai stata data alla luce.
Naturale che invece le produzioni come detto spingessero per continuare ad usare la sua immagine il più possibile, per lucro, ma un rifiuto a prenderne parte da parte dei protagonisti sarebbe certamente stato gradito. 

sabato 11 settembre 2021

Il diario dell'amore (2016) - #Recensione (Spoiler)

Il titolo è eccessivamente romantico per i temi che vengono effettivamente trattati e fa sicuramente cadere lo spettatore in un probabilmente involontario inganno che si tratti di un'opera riguardante le relazioni amorose e poco altro.

La pellicola è una produzione americana del 2016, catalogata ufficialmente come genere : "Drammatico", ma ha più spesso i tratti di una commedia che di un vero e proprio intreccio con episodi e risvolti tristi, i quali, presenti appunto a tratti, sembrano tutti piuttosto forzati e forse nemmeno cosi essenziali per la narrazione e per la morale.  

L'esempio lampante accade subito nei primi minuti, quando Henry, il protagonista, architetto la quale carriera ha appena preso una ottima piega grazie alla approvazione di un suo recente progetto, viene sconvolto dalla perdita improvvisa della moglie, a causa di un incidente automobilistico. 

La sua successiva conoscenza di una ragazzina del quartiere che cercava di costruirsi una zattera per andare per mari a cercare il padre, gli permette di rigettarsi a capofitto in un qualcosa di coinvolgente, che lo riesce a tenere, ma solo apparentemente, lontano dal proprio dolore e dai proprio conflitti interiori.

Il suo intento di volerla aiutare col progetto viene visto inizialmente con sospetto dalla giovane Millie ed ancor più la loro iniziale convivenza non si può dire che abbia la migliore delle partenze.

Il resto è un insieme di scene più o meno fluide, con tutto il range di episodi abbastanza tipici appunto della commedia, da i fraintendimenti alle gag generazionali. 

C'è pero la ferma volontà da parte di entrambi di raggiungere dei fini più grandi, ed è questo che li tiene uniti. Henry vede forse in lei, oltre che una persona oggettivamente bisognosa di aiuto, anche in parte la figlia che non è riuscito ad avere dalla moglie, che purtroppo al momento dell'incidente era incinta del loro futuro primogenito.

Per Millie la ricerca del padre, bene primario nella sua vita e sua quasi unica ragione di ambizione di andar per mari, si rivela fittizia. Ella è perfettamente a conoscenza che il padre sia già deceduto anni prima nel suo vagare tra le onde.

Rimane quindi la possibilità che per entrambi non sia altro che una ricerca di se stessi, tutti e due hanno certamente perso ciò che di più caro avevano al mondo e sono rimasti soli, il che li spinge alla deriva nella vita senza più ambizioni socialmente accettabili e senza una minimamente chiara visione del futuro.

C'erano molti elementi che potevano portare l'opera ad avere un certo livello di apprezzamento, a partire dal cast, Jessica Biel, Jason Sudekis, Maisie Williams, Mary Steenburgen sono forse nomi non cosi altisonanti ne blasonati, ma certamente facce molto riconoscibili e conosciute dal pubblico, che hanno molto probabilmente richiesto un budget non da film di serie b. 
La loro recitazione è stata di fatto inoltre piuttosto credibile, Sudekis ha tenuto banco in primo piano con espressioni che rappresentavano un notevole range di emozioni, per la quasi totalità del film. 
I personaggi stessi appaiono sufficientemente tridimensionali e credibili.


Eppure cosi non è stato, il film risulta un insieme di scene spesso poco ben amalgamate tra loro, la suspense non è quasi mai realmente coinvolgente, i tratti drammatici del film non riescono a causa di un po' tutti i parametri, dalle inquadrature, al sonoro, ai tagli, ad essere toccanti quanto vorrebbero.
La vena comica è presente e spezza spesso bene le parti serie, ma è troppo marcata in molti suoi aspetti, e finisce per risultare in piccole scene o battute, più adatte ad una commedia come American Pie, che ad una storia di tragedie familiari multiple. 

In sostanza è un film che forse non è da crocifiggere, ma che va bene più ad un pubblico casalingo, infrasettimanale, che fa zapping in tv, che a qualcuno che scelga di prendere l'auto e fare kilometri per passere una domenica al cinema a cercar di vedere un qualcosa di memorabile e rilevante. 

martedì 7 settembre 2021

"Li rincontrerai, ma non ancora." - #RiconosCinema


Tornare a casa dalla guerra rappresenta la salvezza, in primis, ed in secondo luogo tutto il resto. Chi riesce ad essere rimandato a casa dal fronte, anche se non tutto intero, considera il tornare da dove è venuto, la fine di un incubo. Il che fa capire bene come ogni casa, sia considerata meravigliosa al proprio ritorno. Tuttavia, alcune lo sono davvero a prescindere.

Era una doverosa premessa questa, per dire che i luoghi incantati, paradisiaci, in foto, con annesso il casolare che il generale delle truppe legionarie romane, Massimo Decimo Meridio, considerava come casa, presente nelle scene del film di Ridley Scott, Il Gladiatore, del 2000, sarebbe apparso ad un congedato dalla guerra, favoloso probabilmente quanto qualsiasi altro luogo chiamato casa al proprio ritorno.




Detto questo, il luogo in questione è la zona della Val D'orcia, nel Senese, in Toscana, forse una zona
che persino più di altre in quelle terre, riceve apprezzamenti e visite per i propri panorami. La troupe delle riprese, senza Russell Crowe in persona, trascorse in quelle terre 2 settimane, per riprendere immagini da inserire poi nel film.  


Lo scenario è quello che viene spesso definito come "il tipico paesaggio Toscano", ed effettivamente la situazione è piuttosto tipica, fatta di colline coltivate e casolari dove ancora la vita scorre a ritmi di altri tempi, il tutto forma appunto quello che maggiormente viene associato alla Toscana e finisce per esserne anche la sua principale cartolina, spesso letteralmente. 

Nel film il protagonista li immagina come i Campi Elisi, nella realtà si tratta effettivamente di luoghi immacolati, che oltre ad il proprio indiscutibile valore visivo, raccolgono una infinità di piccoli borghi che a loro volta si sono fatti strada nel mondo con elementi peculiari, come prodotti culinari tipici, Pienza ed il proprio pecorino su tutti, o con tradizioni secolari, non poi cosi lontane da quelle che erano le brute prove di forza da parte dei gladiatori, come il tuttora esistente e fiorente Palio di Siena. 

(La tenuta in questione, di 1300 mt quadri abitabili, inseriti in un appezzamento di 70 ettari, è stata recentemente messa in vendita, 2019, per una cifra imprecisata.)


sabato 4 settembre 2021

Renato Salvatori, dalla Versilia a Cinecittà.

Giuseppe Salvatori, in arte Renato, è stato un attore toscano, versiliese più precisamente, della Versilia vera, quella storica, quella che viene spesso confusa con tutto l'insieme di stabilimenti balneari ed attrazioni turistiche di tutto il resto dei paesi che si trovano sulla costa in quel lembo di terra, definizione moderna lontana quella che era infatti la divisione territoriale e sociale in tempi passati.

Nacque appunto in una situazione familiare molto semplice, tanto che fece poi essere a lui dedicata una mostra chiamata proprio "Povero ma bello" (Anche in relazione al fatto che il suo debutto fu nel film di grande successo "Poveri ma belli"), ed iniziò la propria vita da adulto in contesti che erano molto lontani da quelli del cinema, in quelle che erano le situazioni lavorative più classiche della zona, fu infatti sia marmista, lavorando nelle cave dove lavorare il padre, che bagnino, dato che, appunto la Versilia offre la montagna, quella vera, fredda e dura, a pochi passi dalle rinomate spiagge da film e cartolina.


Da questo iniziale contesto di provincia, fatto di azioni ripetitive, finì agli antipodi di tale scenario, ossia dove nulla è mai due volte lo stesso e dove si è persone completamente diverse da un giorno all'altro, sul set cinematografico. Si ritrovò proiettato in breve tempo in film cult di grandi registi come Dino Risi e Luchino Visconti, fu egli infatti uno dei protagonisti di Rocco e i suoi fratelli, film del 1960, considerato uno dei 100 film italiani in bianco e nero da salvare, in una classifica stilata dalla mostra del cinema di Venezia.

A lui furono dedicate alcune iniziative ed opere postume alla sua morte, come appunto la citata mostra nel suo comune di nascita, Seravezza, per il ventennale della sua scomparsa, o come il busto, in foto, situato sul lungomare, proprio di fronte alla leggendaria discoteca per vip che è La Capannina, nel comune di Forte dei Marmi. 

L'incisione è praticamente illeggibile, in foto, ma lo è poco oramai anche dal vivo, l'opera giace appunto al momento in uno stato di discreto abbandono. Oltre alle lettere poco comprensibili, è visibile anche il notevole cambiamento di colorazione, che ha fatto passare la scultura, realizzata in un bianchissimo marmo tipico della sua terra, ad un giallo paglierino che davvero sembra mendicare un intervento di pulizia, che oltre che piuttosto semplice, sembrerebbe più che dovuto, se si vuole mantenere degnamente un fregio della propria terra.

martedì 31 agosto 2021

Un film di mafia non è un film di mafia senza Joe Pesci.

Squadra che vince.. perché cambiare un format, un cliché, se funziona e nessuno ne è stanco?!

Joe Pesci è sicuramente uno degli attori più affermati di Hollywood, nonostante si sia defilato per lungo tempo dalle scene ed abbia sempre tenuto un profilo piuttosto basso anche al picco della propria notorietà. 

Certo non si è fatto mancare qualche colpo di testa e qualche capriccio da star nemmeno lui, ma quasi nessuno, a quei livelli, è stato immune dal soffrire la propria posizione e la propria popolarità.

Versatile, ma al contempo considerabile un typecast (essere scritturato quasi sempre per lo stesso ruolo in diverse pellicole), anche nelle sue performance più distanti tra loro, da quasi padrino della mafia in Goodfellas, fino alla sua parte in "Mamma ho perso l'aereo", si trattava infatti a volerla vedere realisticamente, pur sempre di una parte da criminale irreprensibile, se pur con una connotazione più comica da torte in faccia, più che bottigliate in testa.

Una manciata di mesi separano la sua performance in tale commedia per tutta la famiglia e specialmente per bambini, dal suo ruolo più iconico e forse anche il più violento, Tommy DeVito in Goodfellas (Quei bravi ragazzi). 

Presente anche in Casinò, con una parte rilevante, mentre prende parte alla pellicola "A Bronx tale" soltanto sotto forma di cameo, ed in buon stile dei cameo ben fatti, stupisce veramente vederlo apparire per pochi secondi e poche battute, in un ruolo del tutto marginale. 

Ma in entrambi i casi, manco a dirlo, il suo personaggio è legato ad ambienti della malavita e come al solito, quella della mafia Italo-Americana.

Continua a vestire i panni del boss anche in età avanzata, è infatti piuttosto recente la sua partecipazione nel film The Irishman, recente lavoro di Scorzese, positivamente valutato sia dalla critica che dal pubblico.

Perché dunque cambiarne ruolo, e soprattutto, chi potrebbe rimpiazzarlo senza creare un rimpianto nel grande pubblico. E' vero che nessuno se lo aspetta a prescindere, ma anche quando si tratta di un piccolo cameo come in A Bronx tale, è sempre una figura particolare e carismatica, che si addice molto bene ad una rappresentazione di certi ambienti dove la legge è fatta e fatta rispettare, da delle comunità e non dallo stato. 

Vi è pero una pellicola, o meglio una trilogia, molto nota, che tratta l'argomento mafia italo-americana, in cui Pesci non fu mai stranamente preso in considerazione, ed è quella delle tre parti de Il padrino.

Non certo una macchia nella sua carriera, ma sicuramente un titolo che i più si aspetterebbero di trovare nel suo curriculum, visto appunto quanto è stato ritenuto adatto a ruoli del genere per tutta la sua carriera.




sabato 28 agosto 2021

Lovesick (2014) - #Recensione

Lovesick è una commedia romantica uscita nel 2014, con protagonista Matt LeBlanc, ben conosciuto da tutti grazie alla serie televisiva FRIENDS.

La trama è molto semplice, un uomo si trova a non voler aver più a che fare con l'amore, quello vero, a causa delle tante, troppe, delusioni amorose fino a quel momento raccolte nell'arco della propria vita. 

La causa di tutto ciò è da considerarsi la follia o l'irrispettosità delle partners trovate fino a quel momento, alcune rivelatesi tutt'altro rispetto a quello che volevano far credere nelle vita di tutti i giorni, altre semplicemente scappate improvvisamente con una nuova fiamma.

Nello specifico le precedenti relazioni sembrano essere sempre terminate in maniera molto particolare, come la fuga con un clown del circo da parte della sua ultima compagna, ed è proprio questo aspetto che venendo analizzato dal protagonista ed ancor più dalle persone a lui vicine, pian piano vede cambiare la prospettiva del perché tutte le sue precedenti relazioni siano finite malamente.

Impossibile andare oltre col la trama senza causare un enorme spoiler, perché proprio ad un certo punto della pellicola si manifesta una chiave di lettura diversa e congrua, con tutti gli accadimenti precedenti.

Il film ha dalla sua gli aspetti positivi di scorrere bene, essere gradevole, senza pretese ne ambizioni, regala allo spettatore la minima intensità sufficiente a non far mollare la visione ed usa anche alcune tecniche che con il passare dei minuti e nell'economia generale del film risultano abbastanza interessanti.
Una di queste è la voce fuori campo, per inciso quella del miglior amico del protagonista (che è anche presente come personaggio nel film), che se pur nei suoi primi interventi risulti un po' invadente, andando avanti con la visione diventa piuttosto interessante e ben fatta. 


Il tema principale è quello della psiche umana, in particolare relazionata all'amore, quello profondo, quello che ti travolge e stravolge.
Impossibile dire che in una commedia del genere si possa trovare abbastanza sull'argomento da uscirne soddisfatti e saziati, ma è pur sempre un aspetto interessante della vita, spesso sottovalutato e che fa troppe volte prendere le cose per come sembrano, invece di provare a vederle sotto un'altra luce.
La sceneggiatura e la recitazione da parte di tutti i partecipanti non sono eccezionali, ma non risultano mai troppo tirate vie o addirittura imbarazzanti, conquistando quanto meno una sufficienza striminzita un po' sotto tutti gli aspetti del film.

Menzione a parte la merita proprio Matt LeBlanc, il quale per quanto attore notevolmente più noto del resto del cast, come molti altri della suddetta serie FRIENDS ha avuto difficolta a brillare di luce propria nel continuo della propria carriera.
Il che onestamente è in alcuni casi da attribuirsi molto al fatto che è difficile scrollarsi di dosso, dalla mente della gente in pratica, l'etichetta di essere "quello che faceva Joey in FRIENDS".
Direi però che in questo caso ci sia del tutto riuscito, il suo personaggio in questo film, se pur a contatto costante con le donne, come lo era per Joey, vive un gran range di emozioni, invece di essere un latin lover distaccato, ed analizza parecchi aspetti interiori a livelli di profondità a cui appunto Joey non sarebbe mai arrivato.
Anche e soprattutto la recitazione di LeBlanc sono assolutamente credibili e forse sono proprio la parte che più fa continuare con la visione, facendo immedesimare lo spettatore ed incuriosendolo su come vada a finire per questo folle e romantico personaggio. 

"Tropa de Elite" (2007) #Recensione