sabato 11 settembre 2021

Il diario dell'amore (2016) - #Recensione (Spoiler)

Il titolo è eccessivamente romantico per i temi che vengono effettivamente trattati e fa sicuramente cadere lo spettatore in un probabilmente involontario inganno che si tratti di un'opera riguardante le relazioni amorose e poco altro.

La pellicola è una produzione americana del 2016, catalogata ufficialmente come genere : "Drammatico", ma ha più spesso i tratti di una commedia che di un vero e proprio intreccio con episodi e risvolti tristi, i quali, presenti appunto a tratti, sembrano tutti piuttosto forzati e forse nemmeno cosi essenziali per la narrazione e per la morale.  

L'esempio lampante accade subito nei primi minuti, quando Henry, il protagonista, architetto la quale carriera ha appena preso una ottima piega grazie alla approvazione di un suo recente progetto, viene sconvolto dalla perdita improvvisa della moglie, a causa di un incidente automobilistico. 

La sua successiva conoscenza di una ragazzina del quartiere che cercava di costruirsi una zattera per andare per mari a cercare il padre, gli permette di rigettarsi a capofitto in un qualcosa di coinvolgente, che lo riesce a tenere, ma solo apparentemente, lontano dal proprio dolore e dai proprio conflitti interiori.

Il suo intento di volerla aiutare col progetto viene visto inizialmente con sospetto dalla giovane Millie ed ancor più la loro iniziale convivenza non si può dire che abbia la migliore delle partenze.

Il resto è un insieme di scene più o meno fluide, con tutto il range di episodi abbastanza tipici appunto della commedia, da i fraintendimenti alle gag generazionali. 

C'è pero la ferma volontà da parte di entrambi di raggiungere dei fini più grandi, ed è questo che li tiene uniti. Henry vede forse in lei, oltre che una persona oggettivamente bisognosa di aiuto, anche in parte la figlia che non è riuscito ad avere dalla moglie, che purtroppo al momento dell'incidente era incinta del loro futuro primogenito.

Per Millie la ricerca del padre, bene primario nella sua vita e sua quasi unica ragione di ambizione di andar per mari, si rivela fittizia. Ella è perfettamente a conoscenza che il padre sia già deceduto anni prima nel suo vagare tra le onde.

Rimane quindi la possibilità che per entrambi non sia altro che una ricerca di se stessi, tutti e due hanno certamente perso ciò che di più caro avevano al mondo e sono rimasti soli, il che li spinge alla deriva nella vita senza più ambizioni socialmente accettabili e senza una minimamente chiara visione del futuro.

C'erano molti elementi che potevano portare l'opera ad avere un certo livello di apprezzamento, a partire dal cast, Jessica Biel, Jason Sudekis, Maisie Williams, Mary Steenburgen sono forse nomi non cosi altisonanti ne blasonati, ma certamente facce molto riconoscibili e conosciute dal pubblico, che hanno molto probabilmente richiesto un budget non da film di serie b. 
La loro recitazione è stata di fatto inoltre piuttosto credibile, Sudekis ha tenuto banco in primo piano con espressioni che rappresentavano un notevole range di emozioni, per la quasi totalità del film. 
I personaggi stessi appaiono sufficientemente tridimensionali e credibili.


Eppure cosi non è stato, il film risulta un insieme di scene spesso poco ben amalgamate tra loro, la suspense non è quasi mai realmente coinvolgente, i tratti drammatici del film non riescono a causa di un po' tutti i parametri, dalle inquadrature, al sonoro, ai tagli, ad essere toccanti quanto vorrebbero.
La vena comica è presente e spezza spesso bene le parti serie, ma è troppo marcata in molti suoi aspetti, e finisce per risultare in piccole scene o battute, più adatte ad una commedia come American Pie, che ad una storia di tragedie familiari multiple. 

In sostanza è un film che forse non è da crocifiggere, ma che va bene più ad un pubblico casalingo, infrasettimanale, che fa zapping in tv, che a qualcuno che scelga di prendere l'auto e fare kilometri per passere una domenica al cinema a cercar di vedere un qualcosa di memorabile e rilevante. 

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