La pellicola non è altro che una finta e simbolica immersione di Toto e del suo fedele compagno, nello specifico Nino Taranto, nel mondo egizio all'apice della propria gloria.
Decide dunque, dopo ulteriori prove che Totokamen (Totò) possedesse davvero tale forza e fosse realmente il figlio diretto del dio Amon, di affidargli per intero il proprio esercito e di concedergli carta bianca riguardo alle decisioni future per esso, ed alle proprie eventuali richieste personali.
Il resto è una serie di vicissitudini più o meno surreali, con al centro i due protagonisti, che cercano di portare avanti la propria pantomima, finendo in parte, per quanto riguarda Totò, nell'immedesimarsi davvero nel figlio di un dio, tanto da autoconvincersene.
Forse non la migliore delle pellicole di Totò, questo certamente lo si può dire, volendo usare un gigantesco eufemismo, ma vediamo che cosa si può salvare di quello che è stato chiaramente un film fatto per il mero scopo di racimolare il più possibile usando volto e nome del protagonista.
Pieno di riferimenti storici tanto per mantenere lo spettatore su temi vagamente conosciuti e con parole che risuonassero nelle loro menti come familiari, il valore del film vorrebbe risiedere proprio nell'umorismo visivo di Totò, che però proprio non arriva e non aggiunge niente al già visto, e nell'umorismo della sceneggiatura, che è quasi del tutto basato su giochi di parole estremamente forzati tra l'italiano scritto ed il mondo egizio con i suoi emblemi.
Il tutto in una serie di concetti e scene di una ridondanza, quella si, quasi comica.
Non è chiaro che cosa aggiunga una pellicola del genere ad un film muto di 30 anni prima, dove non vi era da ascoltare lo sgradevole sottofondo di battute infantili e forzate messe sopra a scene di incomprensioni tra i protagonisti, buoni e cattivi, che portavano avanti la trama più che comprensibilmente già da sole.
Totò scomparirà di li a pochi anni e questo difficilmente verrà ricordato come uno dei suoi capolavori anche dal fan più accanito, rimane quindi da capire come mai a fine carriera si voglia mettere nel curriculum un'opera del genere, quando sarebbe stato meglio per tutti, pubblico e protagonisti, che non fosse mai stata data alla luce.
Naturale che invece le produzioni come detto spingessero per continuare ad usare la sua immagine il più possibile, per lucro, ma un rifiuto a prenderne parte da parte dei protagonisti sarebbe certamente stato gradito.
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