venerdì 25 ottobre 2024

"Tropa de Elite" (2007) #Recensione

 "Tropa de Elite" (Truppe scelte), è un film brasiliano, girato prevalentemente nelle favelas di Rio de Janeiro, diretto ed interpretato da attori brasiliani.

La storia è quella di un battaglione indipendente delle forze armate brasiliane, composto da circa un centinaio di uomini, scelti attraverso un corso estremamente impegnativo, i quali combattono il crimine con tecniche militari a differenza di come lo approccerebbe la polizia convenzionale. 
Polizia, quella brasiliana, che nel film viene dipinta come diffusamente e profondamente corrotta, addirittura da aver creato un insieme di agganci e routine intente a favoritismi cronici, che viene nel film definito come "sistema".
Il protagonista, il capitano di questa squadra speciale chiama "Bope", inizia ad avere difficoltà psicologiche a causa dello stress dato dalla propria posizione e dal proprio stile di vita. Sarà necessario dunque trovare un suo sostituto, e la ricerca non sarà ovviamente facile.

Il film come detto è stato interpretato interamente da attori brasiliani, come anche scritto, diretto e girato in zone emblematiche di tale terra, la cosa è da sottolineare perché la produzione e l'esecuzione sono sembrate davvero eccezionali, pari ad un equivalente progetto portato avanti da una eventuale produzione hollywoodiana.
Le prestazioni recitative singole da parte di quasi tutti gli attori sono sembrate in particolare davvero ottime, e volendo fare appunto un paragone con le produzioni americane, che avranno pure i loro difetti, ma il bacino di attori di qualità a loro disposizione è sempre immenso, appare proprio come un'opera che non ha niente da invidiare sotto quell'aspetto, nonostante mantenga, in positivo, la caratteristica di apparire più "grezza" come accade spesso al cinema sud americano ed europeo se paragonati a quello statunitense.

Bene anche la trama, intricata a sufficienza, mantiene alti interesse e coinvolgimento da parte dello spettatore.
Benissimo la inquadrature, dopo il livello recitativo forse il secondo singolo aspetto più di valore del film.
Bene il passo e la durata, benissimo anche i dialoghi, davvero interessanti e con più colpi di scena persino delle scene di azione.
Benissimo anche la lingua portoghese, qui ovviamente usata con l'accento brasiliano, in particolare quello regionale della zona di Rio, che spesso viene scetticamente considerata come troppo melodica o leggera per poter essere calzante in uno scenario d'azione, di ordini militari, e di discussioni accese, ed invece è sembrata proprio adeguata.

In sostanza un film davvero sorprendente, ben recitato e ben amalgamato, adatto a tutti, al netto dei più piccoli a causa di varie scene di violenza, che dà uno spaccato sulla vita in certi luoghi come le favelas brasiliane, delle quali almeno all'estero non si sente parlare spesso. 

martedì 22 ottobre 2024

"Traffic" (2000) #SpiegazioneTitolo

 Più che una spiegazione, come spesso accaduto su questo blog, sarà più una riflessione.

Innanzitutto a riguardo della "etimologia" del termine, va segnalato che la scelta di tale titolo non sia una "invenzione" del regista, ma bensì sia ripreso pari pari dalla mini serie televisiva britannica su cui è basata questa opera cinematografica.

Dopo di che si può far presente come sia in inglese che in italiano la parola mantenga il proprio significato, quello di "trafficare", ossia di smerciare un prodotto illegale, oppure un prodotto legale ma commerciato in maniera illegale.
Il risultato è che il titolo è rimasto invariato (è stata lasciata la versione originale) anche per la versione  distribuita in Italia, dato che essendo un film principalmente sul traffico di droga, non potrebbe essere più ovvio, esplicito, e calzante di cosi.

Tuttavia, sia in inglese che in italiano, il significato più usato della parola "Traffic/Traffico", è quello di una congestione solitamente di veicoli e solitamente in strada, e questo fa sospettare che il regista avesse un qualche intento di collegarlo anche a tale significato, dato che molte scene, non determinanti per il film ma inserite comunque, riguardano persone incolonnate nel traffico alle frontiere, oppure, addirittura scene in cui uno dei protagonisti lascia l'auto accesa nel traffico per proseguire a piedi.
Forse è un collegamento forzato ed addirittura inesistente, ma vista la volontà dichiarata del registra di intrecciare le varie storie nella storia, tanto da far casualmente incontrare tutti i protagonisti tra loro durante il film, potrebbe darsi che vi fosse nella parola "Traffico" anche la volontà di usarne entrambi i significati, rappresentando un mondo congestionato, o forse con una sola parola l'interno concetto di "Quanto è piccolo il mondo", quando le storie si intrecciano e le persone si incontrano per caso nonostante vi siano miliardi di abitanti e luoghi.

venerdì 18 ottobre 2024

"Un mondo a parte" (2024) #Recensione

 "Un mondo a parte" è un film di recentissima uscita che vede protagonisti Antonio Albanese e Virginia Raffaele nei panni di due insegnanti messi in difficoltà più dal sistema scolastico italiano che dai bambini stessi.

La trama è quella di un insegnante del nord che dopo oltre 30 anni di lavoro in una scuola di Roma, sente il bisogno di andare a vivere realmente, a contatto con la natura, chiede ed ottiene dunque il trasferimento in un istituto di un piccolissimo paese sulle montagne dell'Abruzzo.
Rapito dalla fauna e dalla flora del luogo proprio come sperava ed immaginava, si trova di fronte ad alcune difficoltà che esse stesse presentano, riuscendo però ad adattarvisi egregiamente, e scoprendo che in tale "mondo", questo piccolo borgo quasi del tutto spopolato, il problema quotidiano non sono più i bambini viziati figli di genitori prepotenti come accadeva in città, ma lo stato stesso, che non si adopera abbastanza per salvare situazioni ancora importanti per molte persone, come le piccole scuole di paese che spesso non hanno alunni a sufficienza per continuare a rimanere aperte.

Il film appare una forzatura un po' in tutti i suoi aspetti, gli accenti estremizzati, la "montanarità" di alcuni personaggi, l'illegalità di alcune soluzioni attuate, etc.. tuttavia, risulta molto ben riuscito, trasmette diverse emozioni e stimola anche qualche riflessione, oltre a coinvolgere nella sua trama.

Bene Albanese come scelta e come performance, curiosamente forse per la prima senza il nome Antonio, come accaduto quasi sempre, rappresentando di solito una persona del sud in un film girato al nord, in questo caso il suo personaggio si chiama Michele, essendo del nord ma in un contesto del sud.
Molto bene la Raffaele, pratica di accenti ed intensa nella recitazione, oltre che calzante come scelta da parte della produzione. 

Ben illustrata da complessità della vita degli insegnanti, dai trasferimenti, alla burocrazia, al costante contatto col pubblico di ogni ceto ed etnia.
Non male la poesia finale, senza rivelarla per non fare spoiler sgraditi.

Benissimo la frase "tutti perdenti, tutti contenti", a raffigurare emblematicamente come meglio non si potrebbe, quella che talvolta, troppo spesso, è la mentalità italiana del paraculismo, del non esporsi, del mal comune mezzo gaudio.

Curioso come l'accento abruzzese, nonostante ne esistano di vari tipi, appaia a chi lo abbia sentito spesso, come un insieme di molti accenti tipici di altre zone del sud Italia.

Un paio di elementi negativi dell'opera comunque si possono trovare, il primo è un enorme errore pratico, ossia che il protagonista esca per una gita scolastica sotto la neve, dove appunto cammina per ore, e torni a scuola senza nemmeno un fiocco addosso e perfettamente asciutto, per di più con la giacca da cui è presa la foto per la locandina del film, dove infatti ha le spalle ricoperte di neve.

Altro aspetto non del tutto convincente è questa voglia di salvare borghi che hanno avuto una ragione ben specifica come causa del proprio spopolamento, e niente fa presagire che la cosa non riaccadrà ad oltranza, facendolo sembrare quasi soltanto accanimento terapeutico.

In sostanza comunque una buona commedia, ben pensata, ben realizzata e decisamente ben recitata, che intrattiene, che fa riflettere, e decisamente adatta a tutti. 
Promossa quindi, al netto di alcune sue scontatezze. 

martedì 15 ottobre 2024

"Tropa de elite" (2007), il dramma continua... #SpiegazioneTitolo

 "Tropa de elite" è un film drammatico brasiliano del 2007, ma raggiunge il picco della propria drammaticità probabilmente nell'adattamento del titolo in italiano..

Innanzitutto il significato, "Tropa de elite", nella lingua originale della pellicola, il portoghese, è abbastanza comprensibile già a senso per un italiano, e significa, come i più perspicaci avranno già intuito : "Truppa di elite", ossia una truppa armata per il controllo del territorio da parte della polizia nazionale, che rappresenta una elite delle persone più preparate fisicamente e mentalmente, nonché addestrate specificamente per la causa.

Purtroppo per noi però, come veramente troppo spesso accade, in Italia si è scelto di distribuirlo con una aggiunta al titolo. Non bastava una semplice traduzione in "Truppa di elite", od un leggero adattamento a magari "Truppa scelta", o persino copiare la scelta del mondo anglofono che aveva optato per "Elite squad" (squadra di elite).. no, si è andati verso il lasciare il titolo originale, con l'aggiunta della frase "Gli squadroni della morte".

La situazione grottesca di questo titolo è quindi, ironicamente, forse il punto più drammatico della pellicola.
Le ragioni sono molteplici, la prima è che non si tratta di molteplici squadre, tanto che come si comprende benissimo dal titolo originale ed anche dalla versione in inglese, si parla di una sola squadra, talvolta divisa per compiere azioni sul campo, ma di una sola. 
Non si tratta assolutamente nemmeno di commandi armati rivoluzionari che puntano a fare stragi, ma bensì azioni mirate con il minor numero di eventuali fatalità possibili, quindi anche "della morte" è comico ed insensato. 

Senza dilungarsi ulteriormente, una aggiunta al titolo in pieno stile "spiegazionista" italiano che non serviva e che risulta persino fuorviante, a fronte di un titolo iniziale che come detto/spiegato, era già comprensibile, semplice, ed esaustivo. 

domenica 13 ottobre 2024

Che cosa è la "Sinossi"?

 La parola è usata maggiormente in ambito letterario, dove anche il comune lettore ne conosce il significato, mentre nel campo cinematografico è in uso quasi esclusivamente tra gli addetti ai lavori.

Di derivazione sia latina che dal greco antico, lingue in cui stava a significare un qualcosa d'insieme, mantiene infatti tale senso diventando un semplice riassunto di un qualcosa, detto nelle parole più povere possibile. 
 
E' una sintesi, spesso di poche righe, quasi sempre di non più di una pagina, che l'autore dell'opera usa per mostrare il proprio lavoro a chi potrebbe svilupparlo. In campo cinematografico è quindi un semplice elemento scritto che riassume i tratti principali di quello che si vorrebbe diventasse un film.
 
Nel cinema è il primo passo nella produzione di una pellicola, precede infatti, nella promozione, anche la presentazione del "soggetto", della quale ne è però il riassunto, quindi cronologicamente non proprio il primo elemento nella realizzazione di un'opera.

giovedì 10 ottobre 2024

"La cena dei cretini" (1998) #Recensione

 "La cena dei cretini" è un deludentissimo film francese di fine anni '90, anche se per stile ed immagini sembra di qualche anno prima, il quale riscosse un successo enorme al botteghino, incassando 4 volte i propri costi di produzione, e che ispirò anche un remake hollywoodiano negli anni successivi.

La trama è quella di un gruppo di amici facoltosi, i quali organizzato delle cene con regolarità, a tali cene si divertono molto a portare dei "cretini", ossia persone sempliciotte conosciute spesso in strada o in frangenti poco rilevanti, e che lasciano "teoricamente" libere di dare sfogo a tutta la propria personalità, ossia la propria stupidità, secondo loro.

E' stato scritto volutamente "teoricamente", perché uno dei tasti dolenti di questo film, è che queste cene non si verificano mai, vengono infatti annunciate, elogiate, narrate, ma non ne accade nessuna per tutta la pellicola, mostrando una sconnessione notevole e grave, dal titolo.

Male anche la recitazione generale, sia come singoli che come amalgama, che se pur si possa intuire che molto, forse moltissimo, dell'umorismo e degli aspetti culturali tipici, è stato perso nella traduzione, la fa comunque apparire come una commedia quasi di serie B, con battute e scherzi spesso banali e talvolta da slapstick comedy.

Bene invece l'idea di base, molto interessante, che avrebbe potuto portare a molto di più, e che ancora attende di essere realizzata in un'opera dove una cena di fatto avvenga.

Bene anche il finale, ben pensato e coinvolgente.

In sostanza un film che può essere adatto a tutti, ma che è praticamente inconsigliabile per il poco valore effettivo dell'opera, salvo a qualcuno che abbia la curiosità di voler vedere specificamente questa pellicola che nel suo piccolo ha fatto storia.

lunedì 7 ottobre 2024

Perché chiamarlo "Taxi Driver"?

 "Taxi Driver" è il titolo di un film degli anni '70, diretto da Martin Scorsese, e diventato di culto nel corso degli anni, nonostante i temi trattati, il genere, e la forza di alcune immagini, facessero presupporre che sarebbe stato apprezzato solo da alcuni appassionati di tali elementi.

La domanda però è legittima, perché per quanto effettivamente la presenza fisica di vari taxi e la vita del tassista vengano rappresentati in abbondanza, il film sembra avere aspetti e temi ben più profondi che potrebbero avere ispirato il titolo.

Uno dei temi che tratta è infatti la volontà e la difficoltà nel controllare la mente umana, anche la propria di menti, come accade al protagonista, quindi avrebbe facilmente potuto avere un titolo introspettivo come "Il pericolo nella mente", o qualcosa di simile.

Parla anche di come molte vite si brucino presto, per volere proprio o costrizione degli altri, in ogni caso per ambienti non facili che li circondano, da cui si fugge od in cui si finisce, ed allora poteva essere intitolato "Vite complicate", o comunque qualcosa sulla stessa linea.

In sostanza vi sono moltissimi temi che riempiono la mente dello spettatore, durante e dopo la visione,  che appaiono ben più rilevanti dell'aspetto lavorativo del tassista, e che avrebbero potuto ispirare il titolo dell'opera, per quanto la professione in questione rappresenti bene l'intreccio di vite, che si incontrano magari soltanto per pochi istanti, e cambiano il destino di qualcuno.


"Traffic" (2000) #Recensione