venerdì 16 agosto 2024

"Un'australiana a Roma" (1987) #Recensione

 "Un'australiana a Roma" è un film del 1987, prodotto e girato in Italia, che ha nei suoi paradossi elementi che quantomeno lo rendono particolare. 

La storia è quella di due giovani viaggiatrici australiane, che in sella alla loro fedele motocicletta con sidecar, stanno visitando il mondo. Giunte a Roma fanno però un incontro che cambierà il loro percorso, la loro vacanza, ed alla fine anche le loro vite. 
Si tratta di un giovane del luogo, interpretato da Massimo Chavarro, che si invaghisce ed inizia a frequentare una delle due ragazze, ella se pur riluttante inizialmente, accetta sospinta dall'amica a lasciarsi andare.
Alla fine però le cose non andranno affatto come sperato, tutta una serie di eventi e di tragedie, porteranno i protagonisti ad accettare i fatti e le debolezze della vita.
 
La prima delle assurdità è già presente nel titolo, dato che per la prima metà del film, le protagoniste sono due australiane, salvo poi incentrarsi su fatti e sensazioni riguardanti maggiormente una della due.
La seconda stranezza è linguistica, comprensibile per semplificare le cose allo spettatore, ma le due protagoniste in questione, native di lingua inglese, ed in Italia da pochi giorni per una vacanza di puro piacere, parlano sin dalla prima scena un italiano perfetto, talvolta persino forbito, e non si capisce dunque perché dovessero provenire da un'altra nazione, cultura, e perché da cosi lontano, salvo voler far leva sul fascino dell'esotico. 
La terza è l'inaspettata presenza di una giovanissima, appena ventenne, Nicole Kidman, che ricopre il ruolo della protagonista, recitando naturalmente in inglese e venendo successivamente doppiata in italiano. 

Parlando di aspetti più tecnici non si può dire che il cast abbia brillato in nessun modo, la stessa Kidman è sembrata non del tutto a suo agio e non particolarmente ispirata, lo stesso vale anche per Chavarro, che prova un po' di più con momenti di teatralità, che però rimangono un po' fini a se stessi e cadono nel vuoto della pochezza di alcune scene. 
Si salva più di altri l'altra amica australiana, in realtà una attrice tedesca, che è sembrata più calzante nel ruolo e nella semplicità della sua recitazione.

Bene la trama, raccontata in poche righe poco sopra, ma che forse è l'elemento singolo migliore del film, data la sua vena oscura e la ricerca della stimolazione di alcune riflessioni nello spettatore.

In sostanza un film dal passo decisamente lento, anche se fortunatamente non eccede nella lunghezza, che avrebbe potuto essere un'opera di maggior rilievo, vista la trama decente e la caratura di alcuni attori, ma che forse era stato pensato proprio cosi, senza grandi ambizioni, dato che si tratta di una pellicola mai uscita nei cinema, ma realizzata specificamente per Rai 3.

martedì 13 agosto 2024

"Biffy Clyro - Cultural sons of Scotland" #SpiegazioneTitolo

Si tratta di un documentario scozzese di appena due anni fa con protagonista assoluta la band autoctona "Biffy Clyro". Sia l'opera che il gruppo musicale sono meritevoli di visione ed ascolto, ma questo post non riguaderà quegli aspetti.

La spiegazione della seconda parte del titolo è ormai del tutto ovvia, se non lo era già in partenza, si riferisce infatti al fatto che la band sia originaria, e tutt'ora residente, in Scozia, e che oltre al fortissimo legame che i membri hanno culturalmente, a livello individuale, con tale terra, ve ne è anche un'altro altrettanto profondo a livello di gruppo, che si rispecchia in molte delle sonorità e degli argomenti trattati nella loro discografia.

La seconda parte invece è quella più complessa, anche per un fan del gruppo, e certamente più particolare.
Si tratta nient'altro che del nome del gruppo musicale stesso, appunto "Biffy Clyro", ma che è sempre apparso come incomprensibile e fin troppo criptico, ed in parte per molti anche infantile.
La spiegazione di tale nome è stata data in molteplici versioni dagli stessi membri della band, talvolta anche in maniera ironica.
Siamo passati da "Riguarda il famoso musicista britannico Cliff Richards e le penne Biro, è dunque una derivazione da Cliff Richards Biro pens", fino ad arrivare a "Biffy era il nome della spia che ispirò il personaggio di James Bond e Clyro è una località in Galles dove andavamo solitamente in vacanza".
In entrambi i casi fu Ben, il batterista a rilasciare pubblicamente tali spiegazioni, come è accaduto nuovamente in questo documentario, dove lo stesso ha dichiarato che si tratta di un acronimo e il nome significa ufficialmente "Big imagination for feeling young cause life yearns real optimism".

Non è certo se questa sia la spiegazione definitiva, ma per lo meno due certezze in questa storia vi sono : Una è che questo nome strambo li abbia portati ben presto a stancarsi della domanda su che cosa significasse, e che negli anni la naturale conseguenza sia stata il loro inventare storie e spiegazioni al riguardo. L'altra è che non a tutti sia piaciuto o lo abbiano ritenuto adatto fin da subito, tanto che il gruppo ha rifiutato in passato alcune offerte, giunte proprio da case discografiche che però chiedevano che il nome venisse cambiato, sempre secondo le loro dichiarazioni, presenti anche in questo documentario.
 
In sostanza, si, è innegabile che non sia un nome particolarmente ben riuscito, salvo avergli permesso di creare tutta un'aura di mistero ed avergli dato la possibilità di sbizzarrirsi e divertirsi nel dare spiegazioni sulle sue origini, ma non è quello che fanno tante band da sempre a prescindere da quanto il nome sia ermetico od ovvio?

domenica 11 agosto 2024

"Lost in translation" (2003) #Recensione


 "Lost in translation" è un film che ha ormai compiuto 20 anni, e non si può dire che sia invecchiato male, per ragioni di comparazioni culturali fortemente presenti nel film.

La trama è quella di un attore americano che si trova a passare alcune settimane in Giappone per girare uno spot pubblicitario, particolarmente ben retruibuito a suo dire. Costretto a gestire a distanza le difficoltà della propria ralzione coniugale con la moglie e la continua assenza nella vita dei figli, sembra essere inoltre in preda ad una vera e propria crisi di mezza età, che viene addolcita ed allietata soltanto dalla figura di una giovane connazionale, anch'essa nello stesso albergo, ed altrettanto in difficoltà nel gestire e vivere la propria relazione amorosa.

I protagonisti in questione sono Bill Murray e Scarlett Johansson che difficilmente ci saremmo aspettati di vedere come coppia sul grande schermo, e che di fatto non eccellono nella chimica tra loro, anche se, per quanto la Johansson faccia il minimo indispensabile, la recitazione di Murray è sembrata molto calzante.
Rimanendo a tema cast, il terzo personaggio più presente è quello di Giovanni Ribisi (Grandissimo attore spesso snobbato dalla critica e dai riconoscimenti), che.. beh, interpreta il Giovanni Ribisi che abbiamo visto in moltissimi altri film, molto degnamente ad ogni modo.

Un ulteriore aspetto per il quale si possa elogiare i film, sono i dialoghi, riguardo ai quali va fatto presente che è essenziale che venga visionato in lingua originale, altrimenti tutte le difficoltà e molti dei giochi di parole intesi dalla sceneggiatura, andrebbero persi, in questo film più che in altri. 
 
Per quanto riguarda gli altri aspetti puramente cinematografici, il film è stato scritto, diretto e prodotto da Sofia Coppola, che è stata spesso criticata nella propria carriera per essere priva di un vero talento, e accusata di lavorare grazie al legame di parentela con figure importanti del cinema americano.
 
In sostanza un film piuttosto noioso in cui davvero poco accade, e che se pur all'inizio abbia una aurea di mistero e possa apparire intrigante, tanto da essergli concesso un passo decisamente lento, rimane sempre nel vago, senza mai emozionare o sorprendere. 


giovedì 8 agosto 2024

"The Gods must be crazy" #SpiegazioneTitolo

 Il titolo del film, nel titolo del post, è stato lasciato in lingua originale perchè l'abonimio dell'adattamento realizzato per la lingua italiana è talmente indegno da non meritare di essere divulgato più del dovuto. 

Di titoli tradotti in maniere scadenti e talvolta sconcertanti ne abbiamo sentiti tanti, e trattati molti anche nei post di questo blog, ma questo è certamente uno dei più ridicolizzanti ed infantili.

Il film in questione è una pellicola Sudafricana del 1980 che ricevette diverse critiche ma anche un notevole successo, riguardante il convivere tra le varie etnie aborigene della zona e l'uomo bianco.

Il titolo in originale "The gods must be crazy" (letteramente : "Gli dei devono essere impazziti") è un chiaro riferimento ad uno dei temi principali della storia narrata, ossia una bottiglia di Coca Cola gettata da un aereo, che essendo di forma e materiale sconosciuta agli abitanti indigeni, diventa oggetto della discordia, venendo appellato come malvagio.

Stupefatti della "scelta divina" secondo loro, ossia l'aver mandato sulla terra un oggetto talmente negativo, anzichè le solite pioggie che aiutanto a far crescere gli alberi da frutto, tutti gli autoctoni iniziano a pensare che gli dei debbano essere impazziti.

Beh, tutto questo, nel titolo italiano scompare.. e viene rimpiazzato da un titolo da commedia del genere Fagioli Western, ossia "Ma che siamo tutti matti?". 

domenica 4 agosto 2024

"A family affair" (2024) #Recensione


 "A family affair" è una commedia romantica americana uscita da poco direttamente sulla piattaforma di streaming Netflix, se pur con più di 6 mesi di ritardo sulla data prevista a causa degli scioperi che hanno colpito il settore cinematografico americano nei mesi precedenti. 

La storia è quella di una giovane assistente personale, la protagonista, di un poco più grande di lei e famoso, attore. I litigi tra i due sono all'ordine del giorno, ed il narcisismo del giovane divo non aiuta.
Tuttavia la situazione degenera del tutto quando ella decide di licenziarsi, e lui inizia una relazione con la madre di lei.

Detta cosi sembrerebbe quasi una soap opera tutta basata sulla suspense e la tensione, in stile "Beautiful", ma è invece una commedia divertente, tutta improntata sul cercare di far passare alcuni semplici messaggi positivi, mentre si cerca di far ridere ed intrattenere lo spettatore con situazioni comiche, o paradossali scene di vita reale.

Il risultato non è quello di un film di serie B, anche grazie alla presenza nel cast di nomi importanti tra i protagonisti, come Nicole Kidman e Zak Efron. 

Il film dunque, se preso per quello che è, non risulta indecente, il passo è buono, la trama è semplice ma adatta, e molte scene risultano simpatiche.
Di contro forse proprio la recitazione di gran parte del cast, che non è sembrata particolarmente ispirata, salvo i grossi nomi, ed in alcuni casi piuttosto scadente, come per quanto riguarda la protagonista. 

In sostanza un film che scorre bene, che può essere di intrattenimento per dei giovani o per una serata da riempire sul divano, se ci si imbatte nel titolo e si inizia a guardarlo, ma che in nessun caso è consigliabile se si ha la facoltà di scegliere tra tutti i titoli a disposizione o se si vuole suggerire qualcosa da vedere ad un conoscente. 

venerdì 2 agosto 2024

Che compiti ha l'Aiuto regista?

L'aiuto regista è una delle braccia del regista, ma non un braccio personale. 

Si può definire braccio perché in nessun aspetto del film contribuisce a livello creativo, a meno di richieste differenti.
Al contrario ne gestisce ed organizza molti degli aspetti pratici, sia per quanto riguarda la preparazione che durante la realizzazione. 
 
Ha il compito infatti di organizzare logisticamente il set per le riprese, secondo le volontà del regista, e di gestirne i relativi aspetti durante le ore di lavoro. 
Egli è il capo di quello che in gergo tecnico viene chiamato "Reparto regia".
 
Come detto però non può essere considerato un braccio personale, nel senso che non deve essere confuso con il ruolo di "assistente del regista", il quale è invece una figura che ricopre proprio il ruolo di assistente personale del regista, e quindi non legato necessariamente alla produzione specifica, ed incaricato di soddisfare solo le sue necessita personali.

domenica 28 luglio 2024

"Troppo napoletano" (2016) #Recensione

Si tratta di una commedia regionalista piuttosto recente, prodotta da Alessandro Siani e con al suo interno diversi altri attori campani, ma meno conosciuti. 

La trama è quella di una giovane madre, che deve crescere da sola il figlio a causa della semifuga, inizialmente, e poi prematura morte, del padre.
Oltre a tutte le difficoltà più classiche di un compito del genere, si aggiungono anche le sofferenze sentimentali del figlio, che si invaghisce di una compagna di classe, e la ricerca anche per se stessa di un legame che a causa proprio del dedicarsi pienamente all'essere madre single, manca da tempo.  

La trama non è decisamente il suo punto forte, ma il film sorprende in positivo.
Buona la durata ed il passo, bene la qualità delle riprese e delle ambientazioni (considerando il budget ed il genere), bene anzi a tratti molto bene la recitazione di un po' tutto il cast, soprattutto la protagonista, al secolo Serena Rossi, già nota per altre partecipazioni in vari lavori televisivi.
Divertenti anche diverse battute, difficili da ripercorrere qui testualmente, ma che valgono il tempo dedicato a guardare il film.
Bene anche la parte relativa agli aspetti più tipici della città di Napoli e delle sue tradizioni, risultano infatti tutte comprensibili, anche grazie ad alcune spiegazioni durante il film, e non lo fanno sembrare appartenente ad un mondo troppo distante in cui non ci si possa immedesimare.
 
Di negativo forse il finale, che oltre a non essere all'altezza del resto del film, compie anche ulteriori scalini verso il basso man mano che la storia si avvia al lieto fine. 

In sostanza un film per tutti, un buon intrattenimento per chi cerca una commedia semplice, una pellicola che non stona mai, non scende mai in una qualche situazione trash di cattivo gusto, ben amalgamata e ben realizzata.

"Traffic" (2000) #Recensione