venerdì 6 maggio 2022

Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (Spiegazione titolo)

 Il titolo di questo film viene spesso colloquialmente abbreviato nelle conversazioni tra appassionati di cinema in "I ragazzi dello zoo di Berlino", e non sarebbe la prima parte quella da togliere.

Di pochi anni successiva all'omonimo libro, la pellicola tratta le vicende di alcuni ragazzi berlinesi che per difficolta familiari, o personali, o per semplice noia, iniziano a fare uso di droghe pesanti, fino ad arrivare, piuttosto velocemente, specificamente all'eroina. 

 
Molte delle loro esperienze sono legate alla discoteca "Sound", ma la maggior parte delle scelte di vita e dei binari sbagliati in cui finiscono questi giovanissimi (alcuni di loro hanno appena 14 anni), hanno a che fare con la stazione ferroviaria che frequentano. 

E qui nasce il vero problema con la traduzione del titolo in Italiano. Esso è infatti non solo una traduzione ma anche un adattamento, che fà però perdere tutta la connotazione logistica della stazione, ed aggiunge quella generica dal fatto che tutte queste vicende si svolgano a Berlino.

Il titolo originale, in Tedesco, è legato infatti a tale stazione "Christiane F. - Wir kinder vom Bahnhof Zoo" (Letteralmente : "..i ragazzi della stazione Zoo", mentre la versione in inglese, è un semplice "Christiane F", togliendo anch'essa inspiegabilmente quel riferimento.

La cosa potrebbe sembrare non cosi deviante, se non fosse che non c'è nessuno zoo nel film, in nessuna scena, nessun animale esotico in gabbia, a meno che lo zoo non sia il piccolo volatile nella gabbietta che viene "salvato" dalla protagonista, o a meno che per animali non si intendano tutti i protagonisti, trasformati dalla droga e ridotti a vivere inseguendo quasi esclusivamente i bisogni primari.

Sembra ad ogni modo un adattamento poco necessario, che toglie un elemento essenziale, e rende invece fuorviante il titolo.

mercoledì 4 maggio 2022

La pazza gioia (2016) - #Recensione


La pazza gioia è un film del 2016, diretto da Paolo Virzi, girato interamente in Toscana, nella sua terra, ma molto itinerante. Sono presenti infatti scene sia alla stazione di Montecatini, che in Versilia, sia a Marina di Pietrasanta che sul lungomare di Viareggio, fino alla zona del Livornese, verso Calafuria, già presente nello scorcio iniziale. 

La trama è piuttosto interessante, e l'idea abbastanza originale : in una casa di cura per persone affette a vario titolo da problemi psichici, si ritrovano in particolare due donne, di età differenti, background opposti, ma passato simile. Ad entrambe la vita aveva riservato gioie e dolori, forse più i secondi, ed alle quali problematiche, ci avevano aggiunto anche tanto del loro. 

Non è chiara la linea, medica vera e propria, di dove finiscano le loro pazzie vere e proprie e dove inizino ad essere comportamenti abbastanza naturali come conseguenze di quello che hanno vissuto, fatto sta che si instaura tra loro un'amicizia vera, piena di riscoperte, che le fa sentire vive come non gli accadeva da tempo, e che le porta, in parte, ad aggiustare alcuni loro comportamenti, acquisendo consapevolezza al posto della rabbia, ed accettazione al posto della negazione. 

Il film, come le sue due protagoniste, è piuttosto frenetico, il che si traduce in un buon ritmo, con diversi colpi di scena di un livello adatto ad una commedia drammatica.

Il cast risulta molto variegato, tanto da includere figure che nella vita a tempo pieno sono altro, come i musicisti Simone Lenzi, che se la cava discretamente sembrando piuttosto a suo agio in questa pellicola, o come Bobo Rondelli per finire al comico Graziano Salvadori, che al contrario non sembra particolarmente calzante nelle scene a cui prende parte.

In sostanza è un tentativo piuttosto originale di voler parlare di argomenti piuttosto scomodi, come la salute mentale, nella società quasi sempre in secondo piano rispetto a quella fisica, e di quanto molte delle problematiche e delle tragedie sarebbero evitabili se vi si facesse maggiore attenzione.


sabato 30 aprile 2022

Vanilla sky, spiegazione titolo.

 Come accaduto in vari post recenti, ossia il fatto di spiegare titoli che magari verrebbero dati per scontati o non verrebbero compresi affatto, anche in questo caso si puo' aggiungere qualcosa alla ovvietà che stia a significare un semplice cielo color vaniglia.

Innanzitutto la spiegazione ufficiale, che viene data quasi interamente anche durante la visione della pellicola stessa. L'espressione vanilla sky viene usata durante la descrizione del dipinto "La Senna ad Aargenteuil" del pittore ottocentesco francese Monet, da parte del protagonista, ed il quadro era un originale conservato perchè appartenuto alla madre.

Si potrebbero aggiungere alcune cosa a contorno, la prima è come "Vanilla sky" non si possa considerare a pieno titolo il titolo "originale", dato che il film è un remake di una pellicola spagnola uscita appena 4 anni prima dal titolo "Abre los ojos" (Apri gli occhi).

 La seconda è una piccola curiosità tutta nostrana, ovvero che il titolo abbia ispirato a tal punto dei musicisti pop-punk italiani, tanto da diventare il nome del proprio gruppo e non magari una semplice canzone tributo od un riferimento in un testo. (Il gruppo ha raggiunto un discreto successo in patria ed all'estero nel proprio genere).

La terza è come la parola "vanilla" in inglese non sia soltanto un gusto ed in questo caso un colore associato al suo tipico colore, ma significhi anche "scontato, ripetitivo", ed in questa accezione è più usato negli Stati Uniti di quanto si potrebbe supporre. Questo rende difficile credere che non ci sia un voluto riferimento alla monotonia del dopo la vita, che si tratti dei vari paradiso o inferno, o come in questo caso, secoli di sogni lucidi da criogenizzato.

Adriano Olivetti - La forza di un sogno (2013) #Recensione


 Adriano olivetti la forza di un sogno è un docufilm firmato RAI del 2013, che raffigura davvero poco e poco degnamente la figura di Olivetti e la grandezza delle sue scelte, imprenditoriali ed umane.

La trama è semplicemente un riassunto della vita della famiglia Olivetti, come era giusto che fosse, dalla nascita della prima fabbrica di famiglia, grazie al padre di Adriano, Camillo, fino quasi ai giorni nostri e di come si siano sviluppate le iniziative intraprese da Adriano, anche dopo la propria morte. 

 

Il film tratta un po' tutti i temi essenziali della vita di quello che è stato di fatto uno dei più grandi imprenditori italiani, certamente visionario, ma non solo nel campo aziendale, anche in quello umano, dove ha cercato di dare per tutta la propria esistenza, la maggior dignità possibile al lavoro di operario, ed agli operai stessi, grazie anche alla creazione di vere e proprie aree all'interno delle fabbriche, dedicate al benessere psicofisico del lavoratori.
Non fu però appunto soltanto un eccellente imprenditore nel campo delle macchine da scrivere (ereditando e portando avanti la storica ditta di famiglia), ed una guida a tratti anche
spirituale per le comunità da lui create, fu anche (grazie all'aiuto del suo staff) un visionario, in grado di prevedere, anticipare, e completare, un progetto che è possibile definire come uno dei primi e piuttosto primitivi, personal computer.

Purtroppo però, tutto quello appena detto, viene raffigurato in questa miniserie della Rai (è andata in onda in due puntate), in maniera terribile. I traguardi imprenditoriali e di innovazione di Adriano Olivetti risultano quasi in secondo piano rispetto alla miriade di storie d'amore, relazioni extraconiugali, etc, trattati nel film. Una costellazione di intrecci amorosi quasi del tutto irrilevanti ai fini della storia, che allungano a 3 ore un docufilm che altrimenti sarebbe stato (ingiustamente) di 40 minuti. Vengono trattate anche storie d'amore tra dipendenti della sua fabbrica, in un eccesso stucchevole di romanzatura, con tanto di coincidenze surreali usate come colpi di scena.

La recitazione di quasi tutti i membri del cast risulta atrettanto tremenda, i monologhi del suo fedele addetto alle vendite sono l'apoteosi di quello che oggi verrebbe definito "cringe", ma la palma del peggiore spetta certamente a Luca Zingaretti, assolutamente inespressivo, assolutamente avulso dall'atmosfera che le scene avrebbero dovuto dare, ed assolutamente non credibile nella parte, con tanto di protesi ai capelli snervante per quanto ovvia. Si salva una giovane Elena Radonicich, nella parte della giovane compagna di Adriano, Grazia.

Tutti gli altri aspetti tecnici sono altrettanto scadenti, con tanto di telecamera che in alcune scene addirittura traballa, e per quelli più sensoriali, il film risulta per niente coinvolgente ed in parte sconclusionato, nonostante dei semplici fatti reali concatenati e conclamati quelli da raccontare.

Comprensibile che non dovesse e potesse essere un capolavoro, e che certamente avesse un budget modesto, ma nella stessa categoria vi sono altre opere simili della stessa RAI, come i docufilm su Enrico Piaggio e su Gino Bartali, che invece avevano impressionato per essere stati molto ben fatti, ma probabilmente il peso specifico dei protagonisti, Alessio Boni e Pierfrancesco Favino, hanno inciso determinantemente rispetto a quello di Zingaretti.

In sostanza un'opera assolutamente inconsigliabile, nè a chi possa essere intrigato dal personaggio di Olivetti, perchè non gli rende giustizia, nè da chi possa voler semplicemente essere intrattenuto un paio di sere sul divano, perchè ci sono commedie romantiche molto migliori. 

lunedì 25 aprile 2022

Le mille vite, o la vita a mille, di Nicolas Cage

 Parlare di Nicolas Cage è diventato negli anni tanto parlare di cinema quanto di gossip, ed in entrambi i campi, ha veramente raggiunto uno spettro di tutto ciò che si possa sperimantare nella vita, estremamente ampio.

Nel cinema è passato da attore "figlio" d'arte (il noto regista Francis Ford Coppola è suo zio), che decise fin da subito di non volere utilizzare od ottenere nessun privilegio, tanto da cambiare il proprio cognome nel più conosciuto ad oggi nome d'arte Cage. 
Giungendo allo status di attore riconosciuto, fino alla consacrazione dell'oscar nel 1996 per la sua interpretazione in Via da Las Vegas (in originale : Leaving Las Vegas).
Diventando poi uno degli attori più apprezzati dal pubblico, più ricercati dalle produzioni, e di conseguenza più pagati di tutto il globo, tanto da renderlo una vera icona cinematografica nel decennio 1997-2007. Moltissime pellicole di successo ebbero infatti lui come protagonista : Via da Las Vegas, Con Air, Face/Off, Fuori in 60 secondi, The family man, Il genio della truffa, Lord of war, tanto per citarne alcune uscite nei suddetti anni. 
Arrivando poi a perdere tutta la propria notorietà fino ad essere non più cercato dalle grandi produzioni e doversi rimboccare le maniche volente e nolente nelle produzioni minori, una recente lunga lista di B-movies che lo hanno visto tra le fila degli attori. 
 
 
L'altro aspetto, oltre a quello cinematografico, decisamente non passato inosservato, è stato quello del gossip, che lo ha riguardato molto spesso, date principalmente le sue scelte di vita.
Cinque matrimoni, che sono notevoli anche in un mondo come quello delle star di Hollywood, due figli avuti da due donne diverse, finito in bancarotta dopo aver sperperato più di 100 milioni di dollari, a cui sono poi seguiti anche guai con il fisco.
Una serie di traguardi che forse nemmeno lui si era prefissato ad inizio carriera.
A tutto questo si aggiungono le molte proprietà immobiliari da svariati milioni di dollari l'una, nelle quali non riusciva ad essere ovviamente quasi mai presente e auto di lusso come una Lamborghini Miura, ma qui siamo nel territorio abbastanza classico di chi si può permettere di comprare sostanzialmente quello che vuole. 
Dove veramente ha dimostrato di essere una personalità decisamente particolare, è stato nell'acquisto di animali domestici poco comuni, come coccodrilli, squali, ed anche un polpo domestico, e per l'essersi fatto costruire un mausoleo a forma di piramide.

Un breve riassunto della vita ed opere di un personaggio certamente tanto carismatico sul set quanto impulsivo nella vita, che ha saputo crearsi e reinventarsi e ripartire numerose volte e che ha sempre diviso il pubblico tra amanti e detrattori, ma che non ha mai lasciato lo spettatore indifferente, nè il paparazzo senza scoop.

martedì 19 aprile 2022

Tammy e il T-rex (1994) #Recensione

 Tammy e il T-rex è un film americano della prima metà degli anni 90, un tentativo di intrattenere il pubblico con una commedia trash non impegnata che sembrava voler ricordare alla gente di non prendersi troppo sul serio.

La trama è quella di uno scienziato pazzo, che insieme ai suoi assistenti, riesce ad inserire il cervello di un umano in un dinosauro t-rex, di cui però poi perde il controllo ed inizia la caccia per riuscire a catturarlo di nuovo. Nel film vi sono vari amori, quello fisico tra lo scienziato e la sua focosa assistente, e quello più classico ma incomprensibile tra la bella di turno ed il bullo, tra i quali però si inserisce la figura di Michael (un giovane Paul Walker) ed è presto chiaro che quello tra Tammy e Michael è vero amore, che continuerà anche dopo aver scoperto che il cervello donato al T-rex, era proprio quello di Michael. 

Il film vorrebbe essere trash ed ironico, ma fallisce in entrambi gli aspetti. La parte trash non è assolutamente sufficiente, proprio in termini quantitativi, pellicole come Hot Shot o più o meno tutta la carriera di Leslie Nielsen lo sono, questo è una serie di scene surreali, delle quali molte splatter, inserite all'interno di un film che per la maggior parte è fatto di situazioni e conversazioni del tutto plausibili od addirittura normali. Stesso vale per l'aspetto comico, alcune battute qua e là, ma troppo rade per poter essere definito un film divertente. 

Dove invece sorprendentemente non è particolarmente criticabile è nell'aspetto cinematografico vero e proprio, di fatti, di fatto, il film scorre piuttosto bene, linearmente, senza momenti di noia o lentezza, ne momenti di confuzione di trama o di concetti. Anche il povero Paul Walker, a cui nel film tocca la stessa fine a cui è andato incontro nella realtà pochi anni dopo, non sfigura per quel poco che doveva dimostrare, nella parte recitativa. 

Un film di 1h e 30m difficile se non difficilissimo da consigliare, un cinefilo generico quasi sicuramente non apprezzerebbe il consiglio, ed un appassionato dei generi trattati nel film ha ben altro a disposizione da poter guardare.


Il caminetto in Quarto Potere - #CineFacts

L'elemento del caminetto nel film di Orson Welles "Quarto potere", è un elemento rilevante, che non può essere trattato del tutto per non fare un colossale spoiler, tuttavia se ne può analizzare un suo aspetto.

                                      

"Walk-in" è un anglicismo, che sta a rappresentare quando qualcosa è talmente grande da poterci camminare dentro, per esempio alcuni armadi che sono in pratica delle stanze dedicate.

In quale modo questo dettaglio, per noi europei, abituati ad avere e costruire più a misura d'uomo, si associa al mondo della cinematografia.
Beh, perche nel film Quarto potere, c'è un elemento di dimensioni assolutamente riguardevoli, tanto da poterci volendo camminare dentro, anche se sarebbe in questo caso estremamente sconsigliato per la più ovvia delle ragioni. Ed è il caminetto.
In epoche passate anche i nostri caminetti erano di dimensioni notevoli, perchè era l'unica fonte di riscaldamento della casa e spesso le famiglie, molto numerose al tempo, vi si ritrovavano radunate davanti a godersi il tepore.
Tuttavia, quello mostrato in alcune scene nel film, rimane mastodontico. 

E questo dettaglio è rilevante perche Quarto Potere fu un film di rottura, a livello cinematografico, sotto molti aspetti. Tanti dei quali riconosciutegli soltanto a distanza di decenni. Uno dei quali fu proprio la gestione e valorizzazione degli spazi all'interno dell'inquadratura. Ed è per questo che un elemento in secondo piano, come un semplice (in questo caso non troppo semplice) caminetto, risalti ed appaia nitido, agli occhi dello spettatore.