lunedì 14 febbraio 2022

Goon (2011) #Recensione

Piaciuto alla critica, fallimentare al botteghino, apprezzato negli anni successivi sui servizi di streaming video. 

Goon è un film del 2011, con consistenti inflessioni canadesi, anche dialettali (nella versione originale). Parla infatti di un campionato canadese di Hockey non di primo livello, e la sua sceneggiatura, basata su di un libro che raccoglieva a sua volta aneddoti veri riguardanti tale sport, è stata scritta da Jay Baruchel, di Ottawa, che prende anche parte al film come attore. 

 

La storia è quella di un giocatore, Doug, e del suo conflittuale rapporto con l'hockey, dove è abile, soprattutto nella parte delle risse in campo, ma che una volta steso malamente da un avversario, attraversa una crisi esistenziale, tanto da dover cambiare lavoro e rischiare di minare la propria relazione sentimentale. 

Il film è catalogato come commedia, commedia sportiva in alcuni casi per la precisione, ma è una informazione che sembra dirottare un po' fuori dai contenuti effettivi del film. La parte di commedia è spesso sovrastata da immagini al limite del macabro, alcune quasi splatter, da un linguaggio scurrile e martellante che saturerebbe le orecchie anche di un adolescente. L'attesa ironia, vista anche la presenza di Sean William Scott (American Pie) e lo stesso Jay Baruchel (presente in molteplici commedie divertenti americane di successo) è presente soltanto in rarissimi sprazzi e spesso scade proprio nel cattivo gusto e nell'accanimento terapeutico nel voler salvare una scena ormai deturpata da troppi altri fattori. La parte sportiva è un'altro grande punto interrogativo per lo spettatore, perchè poche veramente sono le scene di movimento sulla pista da hockey, mentre innumerevoli e spessissimo gratuite sono le risse in campo, che si protraggono per minuti interi. 
Un dettaglio decisamente poco chiaro è la figura del cattivo di turno, che non ne ha nè le sembianze, nè l'atteggiamento, e che naviga per inerzia per tutto il film sul filo del diventare un possibile alleato del protagonista, ma ciò non accade mai. 
Ad aggiungere la beffa al danno, è la costante lentezza del film, che tra un pugno e l'altro, si trascina stancamente in inquadrature, dialoghi, e momenti, che poco aggiungono alla trama ed al possibile interesse da parte dello spettatore. 
 
In generale un film che sorprende per quanto sia stato di fatto apprezzato, e che di salvabile ha la figura di Sean William Scott, che se pur non brilli in questa pellicola, rimane sempre una faccia caratteristica, fotogenica, e carismatica, che nonostante si sia fatta largo nel mondo del cinema quasi esclisivamente con commedie divertenti, non sembra del tutto impreparato a ricoprire ruoli più drammatici.

Ne è stato realizzato addirittura un sequel, dal nome (rimasto in alterato dall'originale) Goon : Last of the enforcers, e lo stesso sceneggiatore ha espresso interesse a scriverne un terzo capitolo.


venerdì 11 febbraio 2022

Ricky Gervais, sarà stata l'ultima volta ai Golden Globes?! #CineFacts

 Ricky Gervais è un attore, comico, regista e molto altro, britannico. Ma forse il "titolo" a cui tiene più di tutti è quello di sceneggiatore (campo nel quale ha creato la serie televisiva The Office nella sua versione originale d'oltremanica) categoria che sceglie spesso di difendere, con autoironia, nei suoi discorsi pubblici facendo trasparire, ed è difficile dargli torto, che venga spesso sottovalutata se non snobbata. 

Uno dei momenti in cui ha esposto questo pensiero è stato agli annuali Golden Globes, premio americano che dopo gli Oscar e gli Emmy risulta essere il maggior riconoscimento per chi lavora "dentro" uno schermo.

La domanda del titolo è reale, avendoli già presentati per ben cinque volte (2010, 2011, 2012, 2016, 2020) ed avendo dichiarato quasi sempre, principalmente all'interno delle sue battute, come non li avrebbe più ripresentati, dopo ogni volta. Questa però sembrerebbe essere stata quella decisiva. 

Nel frattempo monta sempre più insistente tra i fan, non solo suoi ma di tutto il mondo cinematografico, il sogno di vederlo in prima linea a presentare gli Oscar, per svecchiare e risvegliare un po l'evento, dall'essere una cerimonia ormai percepita da molti come scontata e fiacca. 

Ma che cosa hanno avuto di speciale queste sue "performance" come presentatore ai Golden Globes tanto da scioccare i presenti ed il pubblico a casa, in maniere differenti, e da farlo tornare cosi tante volte su quel palco.

                                     

 Innanzitutto di vere e proprie performance si puo parlare, perche per quanto superficialmente alcuni li abbiano chiamati insulti o simili, erano tutte battute ben studiate, scritte ed adattata alla situazione, ed anche di notevole livello, sia quando sono suonate come critiche, sia quando sono apparse come esagerazioni della realtà.

La caratteristica principale che ha portato ad essere cosi sorprendente e sconvolgente la sua presentazione è stata, costante negli anni, quella di aver portato semplicemente il duro e crudo humour british ed averlo usato in maniera diretta nei confronti delle personalità più conosciute ed influenti nel mondo del cinema americano e non solo. 

 Li ha chiamati, nelle varie edizioni, "Pervertiti" (in riferimento ai molteplici scandali sessuali che hanno costellato Hollywood negli ultimi anni), gli ha ricordato che "a nessuno importa tanto di quel premio quanto a loro, di fare quindi discorsi di ringraziamento brevi", ha puntualizzato più volte quanto la cerimonia sia incredibilmente lunga e sostanzialmente superflua nella sua formula, e molto altro.

Tutto suona critico ed irrispettoso ad una lettura, ma nella realtà.. i suoi monologhi iniziali sono stati azzeccatissimi e divertentissimi ogni anno, e le sue presentazioni degli ospiti durante la serata, non hanno mai mancato di cogliere l'aspetto più sopravvalutato o apparentemente intoccabile di ognuno di loro. 

Molti, tantissimi, colpi sono stati dati sotto la cintura, ma quasi nessuno a voler far realmente male, e certamente per un mondo imbalsamato nella propria perfezione come quello Hollywoodiano, sentir qualcuno non allienato al politically correct, addirittura in una serata del genere, è stata una ventata, anzi una tormenta, di aria fresca. Il risultato, e la ragione per cui è stato più volte richiamato a presentare nuovamente, è che in una notte dedicata alle stelle del cinema di tutto il cielo planetario, la più brillante è stata proprio la sua.

martedì 8 febbraio 2022

Mister Morgan - 2013 #Recensione

Qualcosa di consistente è andato storto..

Mister Morgan (Titolo originale : Mr. Morgan's last love) è una commedia drammatico-romantica girata nel 2011 ed uscita nel 2013. Narra la ultime vicende di vita di un benestante professore americano di Princeton in pensione, trasferitosi a Parigi per passare li gli ultimi anni di vita della moglie, ormai malata terminale di cancro. Una volta perduta lei, inizia a condurre una vita molto abitudinaria, sedentaria ed asociale. Nella sua ruotine settimanale pochi eventi e poche persone, fino a che tutto cambia, e la malinconia e l'inerzia, vengono spezzate dall'incontro con una giovane ballerina.

Il film analizza cercando di andare in profondità, molti temi, anche parecchio complessi. Come i rapporti familiari, quelli di coppia, la perdita di persone care, le eredità sia materiali che genetiche, le relazioni a distanza, e molto altro.. purtroppo però, fallisce, ed è difficile per lo spettatore trovarne una causa ben chiara da sacrificare all'altare della delusione generica una volta terminata la pellicola.

 
La partenza era una di quelle in cui si dovrebbe quantomeno cadere in piedi, il film è infatti tratto da un romanzo "La douceur assassine", e quindi un qualcosa di già venduto e già apprezzato, ma in poche scene i dialoghi creano davvero una decente suspence, e in pochissimi casi risultano realmente originali. 
Difficile dire se siano le ambientazioni, il film è girato tra Parigi ed altri splendidi scenari europei, a cui viene data una certa rilevanza nel film, ma che forse non vengono valorizzati o sfruttati a dovere.
Anche il cast, con Michael Caine come protagonista, avrebbe dovuto essere abbastanza inattaccabile, ed invece appare proprio slegato, senza amalgama, e la stessa chimica tra i due protagonisti, che viene descritta come elemento trainante di tutte le reazioni a catena nel film, appare insignificante o del tutto assente. 
 
Volendo trovare l'elemento migliore e quello peggiore del film, si potrebbe dire che la frase ad effetto "C'è una crepa in ogni cosa. Ed è da li che entra la luce", di una delle canzoni di Leonard Cohen, era sicuramente adatta alla sceneggiature, ed è forse il momento piu illuminato del film.

L'aspetto peggiore, e qui è una questione tutta nostrana, è stato il doppiaggio. Non in quanto tale, ma prevalentemente la scelta a monte di volerlo fare. E' infatti un film di interazioni tra anglofoni e francofoni, tra bilingue e praticanti alle prime armi, e c'è quindi un continuo susseguirsi di cambiamenti di idioma, di accenti piu o meno forzati, oltre ovviamente alla miriade di sfumature linguistiche, tra doppi sensi e modi di dire, che vengono come quasi sempre accade, perduti nella traduzione. La critica ad ogni modo non è generica all'idea del doppiare, ma specifica per una pellicola che sicuramente ha perso tanto, probabilmente troppo, da una scelta del genere, e questo è stato verosimilmente l'ago della bilancia più papabile ..della delusione suscitata dal film.

 

 


venerdì 4 febbraio 2022

Che strano chiamarsi Federico (2013)

Una delle recensioni più difficili perchè quando si parla di mostri sacri le opinioni vengono maggiormente vivisezionate, come se si scrivesse una critica ad un qualcosa realizzato da Kubrick, tuttavia non sono tutte rose e fiori in questo film. 

Ettore Scola racconta Federico Fellini, nell'ultimo dei film che dirigerà, scomparirà infatti soltanto 3 anni dopo. Il racconto è come lo definì lui stesso in una intervista "un album di fotografie", di fatto una sorta di docufilm, piuttosto originale, dopo si ripercorre la vita del "maestro", come veniva appellato, attraverso i fatti salienti che la contraddistinsero, usando sia reperti audio e video dell'epoca, che ricostruzioni con attori ed una voce fuori campo ad amalgamare il tutto. 

Per non aggiungere complicatezza ad una figura, quella felliniana, già piena di sfaccettature, ed ad una ricostruzione cinematografica già sufficientemente articolata, si potrebbe fare un semplice elenco di quello è sembrato positivo e negativo al suo interno.

Sicuramente come detto è un riassunto fatto in modo particolare, unendo molte delle altre arti, oltre a quella cinematografica, come la pittura ed il teatro. La stessa scena iniziale, senza fare spoiler, sembra appartenere più ad un teatro di strada che al cinema, strada tema molto caro a Fellini, confermato e dipinto in molte altre scene da Scola, compreso un incontro con un madonnaro. 

Viene anche dato, giustamente, risalto, al "Teatro 5", un po' la casa di Fellini, dove, all'interno di Cinecittà, ha girato gran parte delle scene delle sue pellicole e che è stato poi a lui dedicato dopo la sua scomparsa.

Positiva anche la scelta della transizione dal "bianco e nero" al "a colori", durante la narrazione. Perchè di fatto cosi accadde, al tempo si diffuse questa nuova tecnologia, ed è cosi che giustamente Scola ha valorizzato questo aspetto. Scelta semplice ed efficace, o forse semplicemente obbligata.

 
Nei pregi sicuramente e forse più di tutto, come detto l'aspetto di originalità, non è un classico docufilm ed il modo in cui vengono rivissuti i fatti, anche sotto forma di colori, inquadrature e tempistiche, lo rendono decisamente particolare. 

Di contro però.. 

Tutto questo distacco dai canoni classici di una narrazione lineare, rendono questo "album fotografico" un po' slegato. Proprio come accade appunto ad un album, dove per andare avanti non si gira una manovella che avvolge una pellicola, ma si va a scatti, saltando da una pagina all'altra.

La stessa satira, chiave della vita del "bugiardo cronico" Fellini, elemento comune di inizio carriera e leitmotiv di essa, sia per Scola che Fellini, nelle scene al Marco Aurelio, giornale per il quale entrambi, in momenti diversi, scrissero, non colpisce particolarmente.

Stupisce anche la grande assenza di Giulietta Masina, compagna di una vita e mezza mela di Federico Fellini, che nel film appare soltanto in pochi documenti video dell'epoca, senza avere il vero ruolo di primo piano sia nella vita personale che cinematografica felliniana, che lo stesso Fellini le assegnò.

In sostanza è una ricostruzione in molti momenti poco avvincente, a tratti persino noiosa, con però diversi picchi molto interessanti e filosofici. La ricostruzione e visione personale di un mostro sacro del cinema riguardo ad un suo pari, ed è forse un post troppo nozionistico, ma come detto, è difficile esprire concetti personali da amatore quando si parla di un "maestro" del cinema.

martedì 1 febbraio 2022

La carica dei 101 post - #TraguardiBlog

Qualche riga celebrativa alla luce del fatto che 101 post sono già andati in archivio, come sta a rappresentare il piccolo dalmata in rappresentanza di tutta la sua ciurma. 

Un ringraziamento generalizzato, a tutti coloro che seguono il blog, anche saltuariamente, a tutti quelli che sono capitati qua per caso, ed a tutti quelli che potrebbero farlo.

Ricordando che chiunque avesse suggerimenti di qualsiasi tipo o volesse contribuire in qualsiasi forma, puo scrivere all'indirizzo e-mail Paolosantini@email.com

E vista tutta questa produzione di post, potrebbe essere dunque questa l'occasione adatta per spiegare che cosa significhi il termine tecnico cinematografico "post-produzione", che non ha molto a che fare con quello che oggi grazie ai social potrebbe sembrare voler dire.

La spiegazione letterale è piuttosto semplice, "post" dal Latino "dopo" e "produzione" ossia dopo che il film è stato girato ma deve essere ultimato e rivisto, formano insieme un termine utilizzato dagli addetti ai lavori, ma non spefico del mondo del cinema, che definisce l'ultimo stadio della realizzazione di un film, prima che venga distribuito al pubblico.


sabato 29 gennaio 2022

I ragazzi di Via Panisperna - 1988 #Recensione

I ragazzi di Via Panisperna è un docufilm sulla vita appunto di un gruppo di ragazzi, poco più che ventenni, con la grande passione per le materie scientifiche, chi per la matematica e chi per la fisica, ritrovatisi tutti, non per caso, ad insegnare o ad essere allievi all'istituto di fisica dell'università di Roma, al civico 90 di Via Panisperna. 

Il film è della fine degli anni 80, ma i fatti narrati risalgono agli anni 30, momento in cui, principalmente per volere del direttore dell'istituo, Mario Corbino, vengono radunate poche, pochissime, menti brillanti, per essere i primi allievi di una nuova cattedra nel mondo della fisica, quella di fisica nucleare, presieduta dal già stimato Enrico Fermi. 

 
La trama ripercorre i fatti salienti delle vite personali, ma soprattutto quelli lavorativi, dei vari protagonisti, ed è difficile raccontare gli accadimenti senza fare spoiler di quelle che saranno, e sono state di fatto, le loro scoperte accademiche. Tuttavia si puo dire quanto sia stata chiave, tanto quanto quella di Fermi probabilmente, la figura di Ettore Majorana, siciliano figlio di benestanti trasferitisi a Roma, che nel suo essere combattuto interiormente da malesseri esistenziali e dubbi morali sulle eventuali applicazioni pratiche delle loro scoperte, riesce a dimostrare di spiccare per intuito, persino tra persone che rappresentano la creme dell'intelletto scientifico della nazione. 
 
 
 
 
Molto del film come detto, ruota attorno ad esperimenti in laboratorio ed a scoperte o presunte tali, tuttavia questo aspetto, ne tantomeno l'argomento in se e per se, devono far credere ad una pellicola difficile da seguire concettualmente, o pesante. 
Per quanto abbia una sua innegabile lunghezza, 2 ore per la versione uscita nelle sale, e 3 per quella trasmessa in tv successivamente (in due puntate), ha la caratteristica di essere ben fatto, di scorrere bene, di non avere picchi di suspence e poi momenti morti, è infatti molto lineare, costante, sia nel ritmo, che nei dialoghi,sia nei tagli che nei colori. 
 
I protagonisti sono tutti credibili nel ruoli che ricoprono, sia fisicamente che la loro recitazione. Le stesse atmosfere e sonorità del film non stancano o appaiono fuori luogo. Nel cast sono presenti anche Virna Lisi, e due giovanissime Laura Morante e Sabina Guzzanti (con una piccola parte ad inizio film).

In sostanza è una visione interessante, che non dovrebbe far rimpiangere il tempo dedicatogli, e che permette quantomeno, di informarsi in maniera abbastanza fedele riguardo ad un argomento e delle scoperte che hanno cambiato per sempre la vita di tutta l'umanità.





mercoledì 26 gennaio 2022

Quando Simon Pegg basta - Run fatboy run (2007) GBR #Recensione

 "Run fatboy run" è una commedia britannica del 2007, con protagonista il sovracitato Simon Pegg, che in questo caso, da solo, come si suol dire, vale il prezzo del biglietto.

Per intenderci, non un biglietto troppo caro, si tratta pur sempre di una commedia comico-sentimentale senza troppe pretese, che comunque è riuscita a triplicare al botteghino il proprio non troppo esiguo budget di 10 milioni di dollari.
La storia è quella, vista e rivista, di un infantile ed inconcludente giovane padre, che perde l'amore della propria vita proprio per questa sua sindrome di Peter Pan. Il resto del film è semplicemente una continua ricerca di riconquistarlo.
Tuttavia, se pur alcune scene siano prevedibili, banali o fin truppo surreali, la trama tiene sufficentemente attaccati allo schermo da voler vedere come vada a finire, e ve ne sono moltissimi di elementi, piuttosto originali, divertenti e sicuramente coerenti con la trama, i personaggi e gli intenti della commedia, che la rendono piacevole.

 
Il film è infatti molto ben amalgamato, sia negli aspetti appena citati che in quelli registici, come i colori, le inquadrature, le ambientazioni, non vi sono scenari o situazioni che facciano scattare la derisione per internderci, come può accadere per esempio in alcuni film dove un effetto speciale è davvero tragicomico e non si capisce come possa essere stato lasciato in post produzione.
Al timone della cinepresa, come forse non molti sanno, un già navigato David Schwimmer, che già ai tempi della sua partecipazione decennale come "Ross" in Friends, aveva dato prova di avere passione e capacità nel campo della regia, tanto da dirigere diversi episodi della serie stessa durante le ultime stagioni. 
 
Torniamo a Simon Pegg, luce di questa commedia. La sua presenza, le sue espressioni, la sua recitazione, sono azzeccatissime per tutto il film. Niente da candidare agli Oscar, ma comunque una performance generale adattissima a quell'atmosfera che si voleva creare.
 
 
Altrettanto elogiabile il resto del cast, con una menzione particolare al cattivo di turno, Hank Azaria, conosciuto nel mondo aglosassone più per la sua attività da doppiatore, in particolare per far parte da anni del cast di doppiaggio originale dei Simpsons, che nei panni dell'egoista pomposo uomo d'affari in carriera, ottiene bene il risultato di rimanere abbastanza sgradevole da far tifare per il protagonista.

Per finire, la comicità, la vera vincente di questa pellicola, lo humour british in tutta la sua interezza e semplicità, niente di urlato o erotico, niente di drammatico o fuori luogo, ma d'altronde, come fedele compagno di avventure di vita del protagonista, era stato arruolato niente di meno che Dylan Moran, eccezionale comico Irlandese di professione.




"Ecce bombo" #FrasiFamose