mercoledì 16 novembre 2022

Blade Runner (1982) #Recensione

 Blade Runner è una delle pellicole più storiche della cinematografia occidentale, di genere principalmente fantascentifico, con Harrison Ford come protagonista e Ridely Scott dietro la cinepresa. 

La storia è quella di un agente di polizia ormai ritiratosi dal lavoro sul campo, della divisione speciale denominata "Blade Runners", ossia i cacciatori di replicanti che si siano allontanati senza averne ricevuto il comando, e che una volta trovati, verranno "pensionati". 
E' un lavoro molto rischioso per la propria incolumità, ma all'agente Deckard (Ford) non viene lasciata scelta e dovrà nuovamente andare alla caccia di alcuni insubordinatori.
 
Il film è come detto diventato un must della cinematografia, e non lo si può definire nè invecchiato, nonostante i suoi quarantanni, nè invecchiato male, ossia che abbia magari nelle sue scene o nei suoi dialoghi argomenti trattati in modo non più accettabile dalla società moderna. 

Gli aspetti ben fatti del film sono sotto gli occhi di tutti, la parte fantascientifica è innegabilmente sorprendente, per la cura, la creatività, l'uniformità, lo stesso si può dire delle performance recitative di quasi tutto il cast, a partire da Rutger Hauer e Sean Young, ottimamente scelti, perfettamente nella parte, e glaciali nei loro sguardi e nelle loro espressioni. 

 
Altrettanto non si puo dire per Harrison Ford, che per quanto meriti tutti i complimenti del caso per quanto fosse calzante nella figura di Indiana Jones, in molte altre sue pellicole, tra cui questa, lascia invece con l'amaro in bocca, con il pensiero che magari altri avrebbero fatto meglio al suo posto.
Lo stesso si può dire dei dialoghi, che contengono varie frasi diventate storiche e di uso comune anche nella vita di tutti i giorni, ed innumerevoli espressioni interessanti ed originali, ma allo stesso tempo, specialmente per quanto riguarda nuovamente Ford, lo fanno apparire troppo spesso come un Clint Eastwood al bancone del saloon.

In sostanza un film che ancora oggi si può guardare con piacere, che non ha particolari restrizioni di pubblico a cui non possa interessare, e che ha nel suo essere un capitolo a se della fantascienza mondiale forse il suo punto di forza, o almeno cosi è stato fino all'uscita del suo sequel, arrivato 35 anni dopo.

domenica 13 novembre 2022

"I'm walking here! I'm walking here!" ("Sto camminando qui! sto camminando qui!") #Spiegazione

 La frase "Hey, I'm walking here!, I'm walking here!" (Tradotta letteralmente e doppiata in italianao : "Sto camminando qui! sto camminando qui!"), è una frase del film "Un uomo da marciapiede" del 1969 (in originale : "Midnight Cowboy") con protagonista Dustin Hoffman, nella parte di Enrico "Rico" Rizzo.

La peculiarità di tale frase, ed anche ciò che la fece diventare famosa, è che non fosse nel copione e sia una di quelle improvvisazioni che piacciono tamente al regista che sul momento viene deciso di inserirla nella pellicola.

 
La storia è semplicemente che il film aveva poche risorse economiche e quindi non vi era modo di chiudere una intera strada di New York City per poi riempirla di comparse per girare la scena, accadde quindi che durante la scena di una camminata sul marciapiede in mezzo alla gente, Dustin Hoffamn stesse parlando/recitando e cercando di prendere il tempo al successivo semaforo per poter passare con il verde e continuare la scena/conversazione fluidamente, tuttavia un tassista decise di non rispettare esattamente quel semaforo e per poco non colpisce lo stesso Hoffaman, il quale se pur inveendogli contro, non proferì parola sul fatto che avesse rovinato una scena di un film, ma pensò lucidamente di rimanere nella parte urlando proprio "Hey, sto camminando qui!, sto camminando qui!".

Il resto è storia, anche se la cosa ha suscitato nel tempo leggere controversie per il fatto che alcune persone presenti sul set abbiano riferito che il taxi fosse guidato da una comparsa. La cosa sembra essere stata confermata, ma lasciando veritiera anche la versione dell'improvvisazione, sembra infatti che la scena piacque al regista cosi come era venuta naturale, ma che volle rigirarla nuovamente, pianificandola con degli attori.


 

martedì 8 novembre 2022

La corazzata Potemkin non è "una cagata pazzesca" #Recensione

 "La corazzata Potemkin", realizzato nel 1925, è un film che viene ampiamente considerato come rilevante per la storia del cinema, grazie ad aspetti tecnici ed a scelte registiche ritenute molto interessanti.

La trama ruota attorno ad una corazzata, la Potemkin, ed ad un ammutinamento al suo interno, da parte della ciurma, che doveva far seguito a vicende di sovversione già avvenute a terra da parte del popolo russo in precedenza. 

L'opera è divisa in capitoli, dalla brave durata, circa un quarto d'ora l'uno, ma sono comunque connessi tra loro e fanno vivere allo spettatore uno spaccato della situazione sociale e politica di quel tempo nell'allora Unione Sovietica. 

Certamente non ha il passo di un film moderno, ne tanto meno ovviamente una particolarmente piacevole qualità audio/video, ma lascia comunque intendere che all'epoca possa essere stata una pellicola in linea con gli standard di intrattenimento, con l'aggiunta di alcuni aspetti come inquadrature e montaggi, che la fecero distinguere e la resero particolarmente interessante.

            


Il fatto che si stia parlando di un film muto (esclusa la colonna sonora musicale) ed in bianco e nero, non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di specificarlo, dato che al tempo questo era il massimo che si potesse ottenere. 

La colonna sonora però tuttavia forse non è cosi ispirata come altri aspetti del film, risulta sicuramente appropriatamente drammatica per alcune scene che lo richiedono, ma nell'insieme appare poco variegata ed a tratti anche davvero poco determinante.

In sostanza è un film per tutti, perchè non ha contenuti che ne vietino la visione a nessuna categoria, ma
che forse essendo considerato un must sarà più ricercato da una ristretta cerchia di cinefili che dal grande pubblico, i quali potranno magari valutarne nel dettaglio gli aspetti tecnici tanto apprezzati dalla critica.

Quello che è certo è che non è una "cagata" come lo definiva Fantozzi nel secondo capitolo della sua saga, ed altrattanto certamente, visto che questo potrebbe essere un aspetto nell'immaginario collettivo da sfatare, non è di lunga durata, ma è anzi piuttosto breve, solo 70 minuti. 

Una nota curiosa riguardo all'opera è il fatto che fu montata in tempi brevissimi, e le tempistiche a disposizione per la post produzione furono cosi limitate, che lo stesso regista non riuscì ad assistere alla prima proiezione dell'opera. Si trovava infatti nella cabina di proiezione, ad ultimare il montaggio, che infatti fu completato durante la prima proiezione ufficiale.

venerdì 4 novembre 2022

Che cosa si intende per "Botteghino"?

Dovendo prendere la parola alla lettera, intenderemmo una piccola bottega, essendo "botteghino" appunto il diminutivo di bottega.

Oppure dando peso alla sua etimologia, proviene dal Latino "apotheca", che significava "deposito", potremmo prendere quella accezione.

La parola "Botteghino" tuttavia in tempi moderni ha assunto significati ben diversi ed anche piuttosto ampi.

Il suo uso è diventato quasi imprescindibile nel mondo cinematografico, un po' per il suo ruolo di "Biglietteria", termine con il quale è abbastanza interscambiabile se se ne intende esclusivamente la sua esistenza fisica, cioè quella materiale come cassa per la raccolta dei soldi e la distribuzione dei biglietti all'interno/ingresso di un cinema.

 
Ma ha assunto nel tempo anche un'altro significato, più ampio ed ancor più rilevante per il mondo del cinema, ossia quello di essere il termometro del valore, o almeno del successo economico, di un film. E' infatti nata ed è di comune uso l'espressione "successo al botteghino", come indicatore di una buon riuscita, o viceversa di un fallimento, di una pellicola. La si può usare sia per opere che per persone fisiche legate ad esse. 

Nota doverosa è citare anche come si chiami il botteghino in Inglese, ossia "Box office" tanto è diffuso anche nel resto del mondo non anglosassone, da poter risultare utile a qualcuno, che non fosse a conoscenza della traduzione.



martedì 1 novembre 2022

La ragazza con la pistola (1968) #Recensione

"La ragazza con la pistola" è una commedia di fine anni sessanta, con Monica Vitti al centro delle scene e della trama, ricordata principalmente per essere stata il suo primo vero film da protagonista.

La storia è quella di una sicilia fondata sui valori dell'onore e della tradizione, dove una coppia che abbia avuto una notte d'amore, debba necessariamente procedere verso il matrimonio. Il lui della coppia però, tale Vincenzo Maccaluso (il nome verrà ripetuto incessantemente per tutto il film), interpretato da Carlo Giuffrè, decide di fuggire per non essere costretto a sposarsi, e questo al tempo veniva considerato una grande offesa all'onore del partner, in questo caso la lei della coppia, Assunta Patanè, interpretata da Monica Vitti, che si mette sulle sue tracce per vendicare il fatto, desiderosa di ucciderlo, portandosi sempre dietro appunto, una pistola. 

Il film inizia bene, molto bene, ritmato, ironico ed autoironico, e per quanto vengano usati tutti gli stereotipi del caso, anche abbastanza originale. Tuttavia poi, arrivati i titoli iniziali dopo la lunga introduzione, si perde.

Le scene si spostano nel Regno Unito, per una scelta non del tutto chiara e comprensibile, ma probabilmente principalmente per far risaltare un certo divario culturale riguardante le libertà personali dell'epoca, specialmente quelle delle dinamiche di coppia, mostrando poi durante il film, come le coppie socialmente accettate non fossero più soltanto quella uomo-donna.

 


Uno dei problemi principali del film è come il passo si assopisca sempre più, ogni quarto d'ora è più lento a scorrere del precedente, fino ad arrivare ad un lentissimo succedersi di eventi, uno strascicarsi da una scena all'altra con una qualche ipotetica suspence, con dialoghi e sguardi sempre più languidi e petulanti, con un finale che vorrebbe far intuire un lieto fine, ma che è vuoto di atmosfera e coinvolgimento quanto il porto dove è stato girato.

Impossibile non menzionare il fatto stupefacente e sconcertante di come per metà dell'opera tutti i protagonisti si professino autoctoni, quindi per la maggior parte britannici, ma da circa la metà in poi diventino tutti fluenti in italiano e con dizioni perfette. Lo stesso accento siciliano della Vitti si perde quasi completamente, apparendo più influenzato dal proprio interlocutore di turno che dalle reali origini del personaggio. Una pratica, quella di introdurre un personaggio con un accento forte e poi farglielo perdere in favore di una maggiore comprensibilità e leggerezza per lo spettatore, ancora oggi in vigore, ma per quanto sia comprensibile per un docufilm della Rai dedicato ad un pubblico della terza età, non sembra proprio una scelta stilistica accettabile in questo caso. 

 

Presenti sia l'immancabile emancipazione femminile della protagonista, leitmotiv di tutta una serie di film della Vitti, che l'altrettanto imprescindibile scena in cui viene fatta cantare, nonostante non ve ne siano ragioni pratiche per meriti effettivi. (al contrario di uno stupefacente Proietti, suo coprotagonista in "La Tosca"). Tuttavia non è possibile crocifiggere Monicelli per questi due elementi ricorrenti, essendo stato questo il film che li ha lanciati per essere poi copiati di fatto in quelli successivi.

In sostanza una pellicola che parte come commedia divertente, che espone le assurdità e le contraddizioni di alcuni aspetti della cultura italiana del tempo, ma che diventa sempre più una melensa commedia sentimentale, con facili moralismi e tutta una serie di espedienti e battute ripetitivi e decisamente non in grado di giustificarne la candidatura agli Oscar dell'anno successivo come "Miglior film straniero".

venerdì 28 ottobre 2022

"Zift" (Spiegazione titolo)

 Zift è un film Bulgaro che ha ottenuto un ottimo successo in patria, il titolo merita una spiegazione perchè è di difficile compresione per chi non conoscesse la lingua e conseguentemente la parola. 

E' infatti un termine prestato dalla lingua araba, usato per indicare piuttosto letteralmente l'asfalto, il bitume. Nel film il protagonista ne conserva una certa quantità appallottolata, che porta sembre con se e che a volte in momenti di bisogno e tensione, tende a masticare. Tale attività sembra fosse in uso anche tra le gang della città di Sofia.

Tuttavia, durante la visione, viene spiegato come abbia anche un'altro significato, più colloquiale, come slang, e sia quello di "merda", in alcune scene infatti, specialmente quella iniziale, si fa riferimento a questa accezione.

Inoltre, e questa è una pura curiosità/coincidenza (ma certamente anche voluta), il protagonista nel film ha un soprannome, con il quale viene appellatto da tutti, che è quello di un animale, la falena (Moth in inglese), che nella versione italiana, è stato tradotto con l'animale Tarma, la curiosità è proprio che in inglese, l'asfalto, si chiami in maniera enormemente simile, "Tarmac".

mercoledì 26 ottobre 2022

"Zift" (2008) #Recensione

 Zift è un film est europeo, più precisamente Bulgaro, piuttosto recente, diretto da Javor Gardev, noto per i suoi lavori teatrali di valore, è anche la sua unica opera cinematografica. Come protagonista è stato scelto, Zachary Baharov, non molto famoso all'epoca, ma poi diventato una celebrità nazionale negli anni successivi grazie soprattutto ad una serie televisiva sul crimine.

Ambientato negli anni 40, ed in bianco e nero, espone una trama piuttosto articolata, basata sui fatti salienti della vita del protagonista, con tanto di tradimenti ricevuti, incarcerazioni, torture, e vari colpi di scena. Ai tutti si intrecciano parallelamente aspetti sociali dell'epoca, e storie curiose popolari narrate in prima persona o raccontate dai protagonisti.

Gli aspetti positivi o almeno salvabili del film non sono molti : scorre bene, non è eccessivamente lungo, ed alcune trovate, soprattutto riguardanti i dialoghi, sono interessanti.

Per quanto riguarda invece gli aspetti per i quali non si può fargliene una colpa, influisce certamente in negativo la traduzione, dovendo infatti leggere i sottotitoli, è facile immaginare che una parte dello humor che il film si propone di avere, sia andata perduta.

Di negativo, un po' tutto il resto. Il leit motiv del grotesque non riesce proprio a colpire, e forse è quello che ha risentito maggiormente del punto sopra espresso. La recitazione di un po' tutto il cast non risalta mai particolarmente. I colpi di scena sono poco stupefacenti e la trama sembra perdersi spesso tra reale e surreale. Le storie raccontate all'interno del film in stile "Magnolia" avrebbero potuto, e probabilmente voluto, essere la parte piu accattivante, ma anche esse si perdono un po' in pomposità, ed appaiono spesso troppo staccate dalla narrazione.

In sostanza un film che voleva essere particolare, ma che ha finito per non esserlo abbastanza, che è difficile da consigliare anche ad un pubblico di nicchia appassionato del genere, e che sembra essere davvero più adatto ad un palco di teatro che ad uno schermo cinematografico.

"Ecce bombo" #FrasiFamose