lunedì 16 maggio 2022

Quale film ha avuto il cast più "stellare"? #CineFacts

Sembra una domanda a cui si possa rispondere in maniera abbastanza oggettiva, ma non è cosi.
Innanzitutto dipende in base a quale parametro la si voglia analizzare, per esempio, se fosse quello dei compensi totali elargiti a tutto il cast, ci troveremmo di fronte al fatto che lo stesso attore, all'apice della carriera percepisca spesso cifre impensabili, per egli stesso, in film precedenti. Sarebbe dunque un parametro fuorviante.
Come lo sarebbe analizzarlo in base ai premi ricevuti dai suoi protagonisti, magari anche in tutta la propria carriera.
Potrebbe essere usato semplicemente il parametro della fama, ma anch'esso, come il compenso, varia molto nel tempo e quindi un attore alle sue prime apparizioni, potrebbe diventare una star di primordine e far cambiare il peso speficio del cast a posteriori.
Tuttavia, se pur non vi sia modo di dare una risposta alla domanda in maniera oggettiva, proviamo comunque a citare i cast di due film, che potrebbero essere considerati candidabili per questa speciale classifica se mai fosse istituita ufficialmente.

(Per tutti gli attori citati di seguito, in questi film, si parla di parti rilevanti, non di cameo o di pochi minuti di schermo)

Il primo è stranamente forse non conosciuto quanto ci si aspetterebbe visto il cast e vista la qualità della pellicola.
Si tratta del film Sleepers, del 1996, adattamento cinematografico del romanzo autobiografico di Lorenzo Calcaterra, di genere drammatico, nel quale recitatorono contemporaneamente addirittura :

- Robert De Niro
- Dustin Hoffman
- Kevin Becon
- Brad Pitt
- Vittorio Gassman
- e Minnie Daier, forse non troppo conosciuta all'epoca, ma che l'hanno dopo sarà presente anche nel pluripremiato agli oscar, Will Hunting.
 
Il secondo è codice d'onore, anch'esso film drammatico uscito nel 1992.
Nel quale sono presenti con ruoli di rilievo : 
 
- Jack Nicholson 
- Kevin Bacon
- Tom Cruise
- Demi Moore
- Kiefer Sutherland
- Kevin Pollak 
 
Tutti in parti rilevanti, con in aggiunta la presenza in alcune scene di Noah Wyle, prima che diventasse l'inconfondibile dottor green di E.R., ed un altrettanto giovane Cuba Gooding Jr.

Naturalmente questi erano soltanto due esempi come ce ne sarebbero molti altri, certamente anche un film diviso in storie che si intrecciano come Pulp Fiction sarebbe un altrettanto valido candidato.

martedì 10 maggio 2022

"Morto Stalin, se ne fa un altro" (2017) #Recensione

 "Morto Stalin, se ne fa un altro" (titolo originale : The death of Stalin), è un film satirico, diretto da Armando Iannucci, che, per quanto il nome possa tratte in inganno, è un registra Scozzese.

Il film è l'adattamento cinematografico del romanzo francese "La mort de Staline", e tratta tutti gli eventi concatenati che si susseguono dopo la morte del dittatore Iosif Stalin, in un turbinio di arrivismo politico, accuse reciproche da parte dei membri del partito comunista rimasti a comandare il paese, e qualche atto di impulsività e follia da parte di alcuni personaggi. 

La morte avviene, come realmente accaduto e riportato nei libri di storia, per emorragia celebrale, il resto dei fatti e delle azioni, fanno più parte di una commedia comica.

 
La pellicola ha riscosso un notevole apprezzamento da parte di critica e pubblico a livello mondiale, riscuotendo anche un discreto successo al botteghino, tuttavia, non è stata vista con occhio critico ed oggettivo da parte della Federazione Russa, che ne ha bandito addirittura la distribuzione sul proprio territorio, additandolo come noioso ed offensivo. 

Il film ha sicuramente un umorismo sagace, dissacrante nei confronti di tutti gli aspetti più conosciuti ed idolatrati della morale e mentalità del periodo stalinista. 

Il cast è di tutto rispetto, da Steve Buscemi a Jeffrey Tambor, tra i quali spicca la performance di Simon Russell Beale, nei panni del terribile ministro degli affari interni e capo della polizia segreta Lavrentij Berija, candidato e vincitore infatti in Gran Bretagna del premio come miglior attore non protagonista al festival dei film indipendenti. 

L'ultima mezzora ha forse un leggero cambio di tono, si vedono un po' più di sangue e di spari, qualche cadavere, le conversazioni si fanno più serie, in sostanza la linea ironica sembra scendere in percentuale per fare spazio ad una maggiore morale intrinseca sugli avvenimenti. 

In sostanza un film piuttosto interessante come concetto, con alcune scene assolutamente brillanti, non troppo lungo nè troppo macabro, quindi consigliabile un po' a tutti. 

E come un episodio dei Simpson,
da piccoli sembra solo comico e paradossale, ma crescendo si comprende quanto fosse satirico e realmente possibile.

domenica 8 maggio 2022

"Sento il bisogno, il bisogno di velocità" Top Gun (1986) #Curiosità


 L'AF.I. (American Film Institute) ha inserito al 94esimo tra le migliori citazioni dei film di tutti i tempi tale frase. 

Si tratta delle parole pronunciate dal tenente Pete Mitchell soprannominato "Maverick" (personaggio interpretato da un giovane Tom Cruise), al suo amico e collega, Nick Bradshaw detto "Goose" (interpretato da Anthony Edwards). 

Appena scesi da un volo, essendo rispettivamente pilota e navitagatore di aerei da caccia della aeronautica americana, i due si danno il cinque mentre Maverick pronuncia quella frase. 

Il film fu un successo dalla dimensioni inaspettate, e tutto quello che apparve in quelle quasi due ore di immagini diventò ambitissimo e ricercatissimo. Si moltiplicarono le richieste per entrare a far parte dell'aeronautica militare da parte di giovani infatuati dalle gesta mostrate nel film, gli occhiali Ray Ban di Tom Cruise andarono a ruba, ma forse più di tutto, persino più del film stesso, vendette la colonna sonora, che andò oltre i confini di un interesse per una pellicola di azione.

Tutto questo per dire che forse i dialoghi non furono l'elemento che più colpì e rimase di tale opera, tanto che la frase, almeno nella versione italiana, non diventò cosi di uso comune tra i giovani dell'epoca come accade invece spesso per frasi cinematografiche d'impatto. 

Diverso forse fu il suo destino nel mondo anglosassone, dove certamente l'espressione ha continuato ad aver risalto mediatico quando pochi anni dopo è uscito il noto videogioco "Need for speed".

Quello che è certo è che Tom Cruise avesse davvero un bisogno di velocità, visto che in molti dei suoi film, la saga di Mission Impossible su tutti, sembra richiedere il vero e proprio brivido del rischio, è infatti lui stesso, come è ormai ben noto, a girare le scene più pericolose nei suoi film invece di usare una controfigura.

venerdì 6 maggio 2022

Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (Spiegazione titolo)

 Il titolo di questo film viene spesso colloquialmente abbreviato nelle conversazioni tra appassionati di cinema in "I ragazzi dello zoo di Berlino", e non sarebbe la prima parte quella da togliere.

Di pochi anni successiva all'omonimo libro, la pellicola tratta le vicende di alcuni ragazzi berlinesi che per difficolta familiari, o personali, o per semplice noia, iniziano a fare uso di droghe pesanti, fino ad arrivare, piuttosto velocemente, specificamente all'eroina. 

 
Molte delle loro esperienze sono legate alla discoteca "Sound", ma la maggior parte delle scelte di vita e dei binari sbagliati in cui finiscono questi giovanissimi (alcuni di loro hanno appena 14 anni), hanno a che fare con la stazione ferroviaria che frequentano. 

E qui nasce il vero problema con la traduzione del titolo in Italiano. Esso è infatti non solo una traduzione ma anche un adattamento, che fà però perdere tutta la connotazione logistica della stazione, ed aggiunge quella generica dal fatto che tutte queste vicende si svolgano a Berlino.

Il titolo originale, in Tedesco, è legato infatti a tale stazione "Christiane F. - Wir kinder vom Bahnhof Zoo" (Letteralmente : "..i ragazzi della stazione Zoo", mentre la versione in inglese, è un semplice "Christiane F", togliendo anch'essa inspiegabilmente quel riferimento.

La cosa potrebbe sembrare non cosi deviante, se non fosse che non c'è nessuno zoo nel film, in nessuna scena, nessun animale esotico in gabbia, a meno che lo zoo non sia il piccolo volatile nella gabbietta che viene "salvato" dalla protagonista, o a meno che per animali non si intendano tutti i protagonisti, trasformati dalla droga e ridotti a vivere inseguendo quasi esclusivamente i bisogni primari.

Sembra ad ogni modo un adattamento poco necessario, che toglie un elemento essenziale, e rende invece fuorviante il titolo.

mercoledì 4 maggio 2022

La pazza gioia (2016) - #Recensione


La pazza gioia è un film del 2016, diretto da Paolo Virzi, girato interamente in Toscana, nella sua terra, ma molto itinerante. Sono presenti infatti scene sia alla stazione di Montecatini, che in Versilia, sia a Marina di Pietrasanta che sul lungomare di Viareggio, fino alla zona del Livornese, verso Calafuria, già presente nello scorcio iniziale. 

La trama è piuttosto interessante, e l'idea abbastanza originale : in una casa di cura per persone affette a vario titolo da problemi psichici, si ritrovano in particolare due donne, di età differenti, background opposti, ma passato simile. Ad entrambe la vita aveva riservato gioie e dolori, forse più i secondi, ed alle quali problematiche, ci avevano aggiunto anche tanto del loro. 

Non è chiara la linea, medica vera e propria, di dove finiscano le loro pazzie vere e proprie e dove inizino ad essere comportamenti abbastanza naturali come conseguenze di quello che hanno vissuto, fatto sta che si instaura tra loro un'amicizia vera, piena di riscoperte, che le fa sentire vive come non gli accadeva da tempo, e che le porta, in parte, ad aggiustare alcuni loro comportamenti, acquisendo consapevolezza al posto della rabbia, ed accettazione al posto della negazione. 

Il film, come le sue due protagoniste, è piuttosto frenetico, il che si traduce in un buon ritmo, con diversi colpi di scena di un livello adatto ad una commedia drammatica.

Il cast risulta molto variegato, tanto da includere figure che nella vita a tempo pieno sono altro, come i musicisti Simone Lenzi, che se la cava discretamente sembrando piuttosto a suo agio in questa pellicola, o come Bobo Rondelli per finire al comico Graziano Salvadori, che al contrario non sembra particolarmente calzante nelle scene a cui prende parte.

In sostanza è un tentativo piuttosto originale di voler parlare di argomenti piuttosto scomodi, come la salute mentale, nella società quasi sempre in secondo piano rispetto a quella fisica, e di quanto molte delle problematiche e delle tragedie sarebbero evitabili se vi si facesse maggiore attenzione.


sabato 30 aprile 2022

Vanilla sky, spiegazione titolo.

 Come accaduto in vari post recenti, ossia il fatto di spiegare titoli che magari verrebbero dati per scontati o non verrebbero compresi affatto, anche in questo caso si puo' aggiungere qualcosa alla ovvietà che stia a significare un semplice cielo color vaniglia.

Innanzitutto la spiegazione ufficiale, che viene data quasi interamente anche durante la visione della pellicola stessa. L'espressione vanilla sky viene usata durante la descrizione del dipinto "La Senna ad Aargenteuil" del pittore ottocentesco francese Monet, da parte del protagonista, ed il quadro era un originale conservato perchè appartenuto alla madre.

Si potrebbero aggiungere alcune cosa a contorno, la prima è come "Vanilla sky" non si possa considerare a pieno titolo il titolo "originale", dato che il film è un remake di una pellicola spagnola uscita appena 4 anni prima dal titolo "Abre los ojos" (Apri gli occhi).

 La seconda è una piccola curiosità tutta nostrana, ovvero che il titolo abbia ispirato a tal punto dei musicisti pop-punk italiani, tanto da diventare il nome del proprio gruppo e non magari una semplice canzone tributo od un riferimento in un testo. (Il gruppo ha raggiunto un discreto successo in patria ed all'estero nel proprio genere).

La terza è come la parola "vanilla" in inglese non sia soltanto un gusto ed in questo caso un colore associato al suo tipico colore, ma significhi anche "scontato, ripetitivo", ed in questa accezione è più usato negli Stati Uniti di quanto si potrebbe supporre. Questo rende difficile credere che non ci sia un voluto riferimento alla monotonia del dopo la vita, che si tratti dei vari paradiso o inferno, o come in questo caso, secoli di sogni lucidi da criogenizzato.

Adriano Olivetti - La forza di un sogno (2013) #Recensione


 Adriano olivetti la forza di un sogno è un docufilm firmato RAI del 2013, che raffigura davvero poco e poco degnamente la figura di Olivetti e la grandezza delle sue scelte, imprenditoriali ed umane.

La trama è semplicemente un riassunto della vita della famiglia Olivetti, come era giusto che fosse, dalla nascita della prima fabbrica di famiglia, grazie al padre di Adriano, Camillo, fino quasi ai giorni nostri e di come si siano sviluppate le iniziative intraprese da Adriano, anche dopo la propria morte. 

 

Il film tratta un po' tutti i temi essenziali della vita di quello che è stato di fatto uno dei più grandi imprenditori italiani, certamente visionario, ma non solo nel campo aziendale, anche in quello umano, dove ha cercato di dare per tutta la propria esistenza, la maggior dignità possibile al lavoro di operario, ed agli operai stessi, grazie anche alla creazione di vere e proprie aree all'interno delle fabbriche, dedicate al benessere psicofisico del lavoratori.
Non fu però appunto soltanto un eccellente imprenditore nel campo delle macchine da scrivere (ereditando e portando avanti la storica ditta di famiglia), ed una guida a tratti anche
spirituale per le comunità da lui create, fu anche (grazie all'aiuto del suo staff) un visionario, in grado di prevedere, anticipare, e completare, un progetto che è possibile definire come uno dei primi e piuttosto primitivi, personal computer.

Purtroppo però, tutto quello appena detto, viene raffigurato in questa miniserie della Rai (è andata in onda in due puntate), in maniera terribile. I traguardi imprenditoriali e di innovazione di Adriano Olivetti risultano quasi in secondo piano rispetto alla miriade di storie d'amore, relazioni extraconiugali, etc, trattati nel film. Una costellazione di intrecci amorosi quasi del tutto irrilevanti ai fini della storia, che allungano a 3 ore un docufilm che altrimenti sarebbe stato (ingiustamente) di 40 minuti. Vengono trattate anche storie d'amore tra dipendenti della sua fabbrica, in un eccesso stucchevole di romanzatura, con tanto di coincidenze surreali usate come colpi di scena.

La recitazione di quasi tutti i membri del cast risulta atrettanto tremenda, i monologhi del suo fedele addetto alle vendite sono l'apoteosi di quello che oggi verrebbe definito "cringe", ma la palma del peggiore spetta certamente a Luca Zingaretti, assolutamente inespressivo, assolutamente avulso dall'atmosfera che le scene avrebbero dovuto dare, ed assolutamente non credibile nella parte, con tanto di protesi ai capelli snervante per quanto ovvia. Si salva una giovane Elena Radonicich, nella parte della giovane compagna di Adriano, Grazia.

Tutti gli altri aspetti tecnici sono altrettanto scadenti, con tanto di telecamera che in alcune scene addirittura traballa, e per quelli più sensoriali, il film risulta per niente coinvolgente ed in parte sconclusionato, nonostante dei semplici fatti reali concatenati e conclamati quelli da raccontare.

Comprensibile che non dovesse e potesse essere un capolavoro, e che certamente avesse un budget modesto, ma nella stessa categoria vi sono altre opere simili della stessa RAI, come i docufilm su Enrico Piaggio e su Gino Bartali, che invece avevano impressionato per essere stati molto ben fatti, ma probabilmente il peso specifico dei protagonisti, Alessio Boni e Pierfrancesco Favino, hanno inciso determinantemente rispetto a quello di Zingaretti.

In sostanza un'opera assolutamente inconsigliabile, nè a chi possa essere intrigato dal personaggio di Olivetti, perchè non gli rende giustizia, nè da chi possa voler semplicemente essere intrattenuto un paio di sere sul divano, perchè ci sono commedie romantiche molto migliori. 

"Ecce bombo" #FrasiFamose