Ovosodo (Toscano per Uovo sodo), è un quartiere di Livorno, nella zona del centro, che prende il nome dal fatto che i colori sociali per il palio che si disputa in città, siano il bianco ed il giallo, quelli appunto di uovo sodo.
Il film è un'opera che ha ormai quasi un quarto di secolo, uscito nel 1997 sotto la regia di Paolo Virzi, anch'egli Livornese e che tratta le vicende di un giovane adolescente, dalle prime esperienze di socializzazione con i primi calci ad un pallone in cortile, fino a quelle piu complesse della vita da adulto e delle dinamiche familiari. Dinamiche che vive prima distrattamente come ogni bambino e poi precocemente in prima persona visto il susseguirsi di eventi segnanti, in positivo ed in negativo, che accadono nella sua giovane vita.
Il tutto viene descritto da una voce narrante, la stessa del protagonista, che racconta e commenta i fatti salienti della propria vita, come vorremmo fare tutti, col senno di poi, potendo spiegare al mondo il perché delle nostre scelte e dei nostri gesti.
Le suddette vicissitudini familiari che contraddistinguono l'esistenza del protagonista sin da piccolo, come la perdita della madre, l'incarcerazione del padre, l'arrivo di una matrigna a prenderne il posto prepotentemente, avvengono all'interno di un contesto cittadino dove si deve crescere velocemente se non si vuole essere sottomessi. (Le scene non sono girate esattamente ad Ovosodo, ma in un quartiere di periferia).
Naturalmente, essendo una commedia, viene tutto condito di umorismo, quello tipico labronico, misto all'autoironia di un giovane che analizza la propria vita in maniera oggettiva e non teme di definirsi sfigato od incapace in quello che crede oggettivamente di non saper fare. Si sente impreparato alla vita, all'amore, al lavoro e spesso sceglie la strada piu semplice, talvolta addirittura semplicemente quella che gli capita davanti.
Ma il risultato non è comunque niente male e si rende conto che tante piccole soddisfazioni e forse addirittura la felicità, la si può trovare anche intorno casa. Pur rimanendo con la sensazione, anche fisica, di avere come un uovo sodo dentro, che "non va ne su, ne in giu", per tutto quello che è rimasto di inespresso nella propria vita.
La "Livornesità" è sicuramente espressa egregiamente e non poteva essere altrimenti, vista la cittadinanza di Virzi, gli stessi attori sono risultati credibili, soprattutto la Pandolfi, nei panni della fidanzata del protagonista, pur non essendo nemmeno toscana. Il film ha ricevuto alcuni premi, tra i quali forse eccessivo il David di Donatello a Nicoletta Braschi, nei panni di una professoressa che si lascia andare a legami particolarmente forti con i propri studenti.
In sostanza è un film che vale la pena vedere e magari rivedere a distanza di anni, che tratta bene le tematiche che narra e che lascia con la consapevolezza che la strada che stiamo seguendo, anche se non è quella che ci siamo scelti, va accettata, e solo cosi ci restituirà in cambio la soddisfazione di averla vissuta, anche se quella sensazione ci lascerà un leggero retrogusto, di "ovosodo".