"Il traditore" è un docu-film/biopic recente che ripercorre le vicende della vita del mafioso affiliato a "Cosa Nostra", Tommaso Buscetta.
Egli non raggiunse mai il grado di capo mandamento (nome tecnico all'interno dell'organizzazione per quello che all'esterno viene comunemente chiamato "boss"), ma ebbe comunque una rilevanza ed una influenza notevoli, sia all'interno delle mafia siciliana, che per quanto riguarda la storia italiana dal dopoguerra ad oggi.
Il film parte cronologicamente dal 1980, quando la Sicilia, ed in particolare Palermo era divenuto il centro nevralgico mondiale dell'eroina, mostrando come nonostante di soldi la criminalità organizzata di zona ne stesse facendo più di quanti ne avrebbe mai potuti immaginare, le varie famiglie mafiose legate ai luoghi di Palermo e Corleone, fossero invece in attrito tra loro, cosa che portò ad una faida interna che costò la vita a decine di criminali ed anche a molti non affiliati.
All'interno della narrazione principale si inseriscono vari flashback del passato, sia recenti per mostrare i momenti precedenti passati da Buscetta in carcere, sia riguardanti la sua gioventù, e le prime azioni da compiere una volta entrato in Cosa Nostra.
Ma l'aspetto chiave e più conosciuto della vita di Tommaso Buscetta è certamente il suo "pentimento", egli una volta arrestato in Brasile, fu posto davanti all'opzione di raccontare come si svolgessero gli affari all'interno dell'organizzazione, cosa che nonostante una certa riluttanza iniziale, fece, ed ebbe in cambio vitto, alloggio, protezione, ed anonimato, per se e per la propria famiglia, da parte dello stato italiano.
A livello sociale questa scelta fu appellata in modi linguisticamente piuttosto vari, per chi faceva parte o sosteneva l'organizzazione divenne un "infame", per i media e l'opinione pubblica un "pentito", per il governo e la magistratura un "collaboratore di giustizia".
La pellicola fu selezionata per la sezione "Miglior film straniero" per gli Oscar del 2020, ma non ottenne la statuetta, francamente viene da concordare con la scelta.
Rimane un film abbastanza ben fatto, lineare e che intrattiene ed appassiona, romanzato al punto giusto, che fa luce su una pagina molto scura e tutt'ora presente delle dinamiche socio-economiche parallele (e non) allo stato italiano, legate a persone singole, appartenenti a singole famiglie che si autoproclamavano autorità in determinate zone geografiche e/o in determinati settori.
Niente di fuori luogo o di eccessivo da segnalare per il quale sconsigliare la pellicola a qualcuno, tutti gli aspetti del film raggiungono la sufficenza abbondante, compresa la recitazione, che però è una media tra la buona performance di Pierfrancesco Favino (anche se decisamente non la sua migliore interpretazione in carriera) ed altri membri del cast, e la sconcertante prova recitativa di altri, che sono apparsi proprio non all'altezza, anche al netto in alcuni casi del non riuscire a passare per gente del luogo, proprio a livello di accento, cosa che comunque sarebbe criticabile anche allo stesso Favino, che a tratti suonava forse più pugliese che siciliano.
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