Sisters with transistors (Il titolo nella versione italiana non cambia) è un film documentario che sembra avere ben poco di film e quasi tutto del documentario, compresi gli aspetti di quelli mal riusciti, come essere troppo o troppo poco nozionistici invece che avvincenti per i non esperti del tema o come essere un argomento di nicchia che ritiene di meritare l'interesse della massa.
Erano esempi di cattive riuscite cinematografiche non necessariamente legate a questa opera nello specifico, ma sicuramente volevano introdurre il fatto che, per quanto apparentemente la critica sia stata abbastanza univoca nel proprio giudizio positivo, seguiranno righe fuori dal coro, piuttosto deluse dal risultato finale di questo documentario e da quanto poco trasmetta allo spettatore.
Il tema è quello di quanto poco spazio abbia avuto la figura femminile nella libertà di produrre arte nelle decadi passate, in particolare si concentra su testimonianze di donne, al tempo giovani ragazze intraprendenti, che hanno fatto la storia della musica elettronica. Storia che però è rimasta sconosciuta ai più e non sembra aver reso il meritato tributo a tali protagoniste. Storia che non si può che concordare sia stata interessante, dal campionamento di suoni comuni della vita di tutti i giorni, fino alla trasformazione delle note vocali in suoni, realizzando in pratica il primo prototipo del moderno ed usatissimo autotune.
In sostanza era un argomento che stuzzicava l'interesse e l'immaginario, che si prometteva di trattare argomenti moderni e rilevanti per la costruzione di una società migliore, ma che fallisce sia sugli aspetti stilistici che su quelli morali, suonando spesso fazioso, attraverso dichiarazioni di menti che più che libere e leggere, suonano come risentite.
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