"Taxi Driver" è un film che sta per compiere 50 anni di età, ma che ha mantenuto in certi suoi aspetti la potenza delle proprie immagini, tanto da essere diventato nel tempo un film di culto.
La storia è quella di un lavoratore della classe media, un tassista newyorkese, reduce di guerra, che vede tutto lo scibile della vita umana, comprese le sue bassezze, rimanendone stupito in negativo, e sentendo dentro di se di voler fare qualcosa. Trova la propria via in una missione che sul momento ritiene prioritaria, ma finirà per doversi ridirezionare verso un'altra, avendo fallito la prima "strada".
Sulla carta il successo del film era preventivabile, dato il quantitativo di pesi massimi del settore che vennero coinvolti, tra i quali Robert De Niro, una giovanissima Jodie Foster, ed Harvey Keitel alla recitazione, ed addirittura Martin Scorsese, con tanto di cameo personale, alla regia.
Tuttavia la strada verso il successo dell'opera non fu del tutto dritta.
L'appena citato cameo fu semplicemente il frutto dell'assenza dell'attore a cui la parte era stata assegnata, facendo scendere il regista il prima linea per necessità.
La scena di De Niro e dalla conversazione con se stesso allo specchio non fu scritta, ma frutto dalla mente dello stesso attore che la improvvisò sul momento.
Il finale, particolarmente forte sia come temi che come immagini, richiese alcuni accorgimenti da parte della produzione perché venisse accettato come passabile nei cinema.
Anche per la stessa Foster, all'epoca adolescente, dovettero essere presi diversi accorgimenti per tenerla lontana dalla crudezza di alcune scene in cui il suo personaggio doveva essere presente.
Alla fine però niente bloccò la produzione o la distribuzione, e paradossalmente la scena più iconica di tutta il film, e forse di tutta la carriera di De Niro, e proprio il dialogo improvvisato davanti allo specchio.
Scena che però non appare cosi memorabile ed impattante come uno potrebbe aspettarsi avendola sentita nominare per decenni, trovandosela di fronte durante la visione.
Stesso vale per la recitazione di De Niro, che pur si era adoperato a guidare dei veri taxi per la città nei mesi precedenti, che non appare proprio memorabile, ne tanto meno all'altezza della sua fama raggiunta negli anni.
Benissimo la Foster, che poi invece negli anni ha mantenuto quelle stesse espressioni e quello stesso carisma che possiamo apprezzare in questa pellicola per la prima volta nella storia.
In sostanza un film che tratta temi sociali e psicologici importantissimi e profondi, come l'alienazione dei patrioti che avevano combattuto per l'America, specificamente in Vietnam, e come la depressione, che porta talvolta a distaccarsi dalla realtà, ed a far perdere valore alla vita umana, il tutto condito anche da piaghe delle varie società create dall'uomo ormai da secoli, come le droghe e la prostituzione.
Tutta questa forma e contenuti, lo rendono un film che appunto può essere probabilmente solo di culto, storico per l'audacia e l'originalità di alcuni aspetti, ma difficilmente apprezzabile da tutti.
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